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11 marzo 2017

La Tartaruga Rossa

Andiamo al Cinema

C'è una nave in mezzo al mare.
Quella nave naufraga, si disperde, si inabissa in mezzo al mare.
Uno solo, forse, chissà, il sopravvissuto.
Si risveglia, quest'uomo, su un'isola deserta, incontaminata. La gira in lungo e in largo, cerca cibo, cerca aiuto, cerca rifugio.
Trova acqua da bere, trova pesci da pescare, trova canne di bambù con cui fare un riparo, ma non trova aiuto.
Anzi, capisce di dover contare solo sulle sue forze.
Inizia così a progettare la sua fuga, a darsi da fare, sotto il sole, per costruire la sua zattera di salvataggio, e spingersi oltre le barriere di un mare blu bellissimo.
Ci prova.
E finisce sott'acqua.
Ci riprova, e di nuovo, la sua costruzione s'infrange.
C'è una tartaruga, rossa, grandissima, che lo blocca, che lo ostacola.
E lo segue, al suo terzo tentativo, in quella spiaggia.



Lì, quell'uomo assennato, quell'uomo che finora è riuscito a sopravvivere grazie alla natura, si arrabbia, e compie il gesto peggiore di tutti.
Qualche rimorso, qualche senso di colpa.
Finché quella tartaruga non si trasforma, non diventa una donna bellissima che di lui ha paura, e che lui si sente in dovere di proteggere.
Da quella fiducia che si crea poco a poco, da quell'amore, nasce un figlio, che vive pure lui in quell'isola incontaminata, che cresce tra pericoli che non sente, tra legami che si fanno indissolubili: quelli tra i genitori, ormai anziani, quello con la natura stessa, sua amica e confidente.
Gli anni, continuano a passare, il tempo, scorre, e si avvicinano pericoli che non si conoscono, fatti di quella natura, che si ama, di quei corpi ormai provati, che invitano a crescere, a scoprire.


È un film piccolo, La Tartaruga Rossa, è un film di animazione di quelli che trovano sempre posto da queste parti: fatti di poesia, di silenzi, di disegni bellissimi.
Non ci sono dialoghi, infatti, nemmeno una parola, qualche gorgoglio, qualche verso, nient'altro.
C'è il mare però, nella sua sconfinata bellezza, c'è una tartaruga, che incanta, e c'è una storia, tanto lineare quanto piena di emozioni, a cui fanno da contrappunto piccoli granchi, piccole spalle comiche e osservatori.
Piccolo, il film, ha conquistato il Premio Speciale Un Certain Regard a Cannes, prima, ed è riuscito ad arrivare nella cinquina finale degli Oscar, poi, con quel suo essere francese fino a midollo, ma allo stesso tempo carico di quei messaggi dello Studio Ghibli, che lo produce.
Difficile dire di più senza rivelare troppo, difficile parlare oltre di un film piccolo -e che dura solo 80 minuti- ma allo stesso tempo così grande.


Regia Michaël Dudok de Wit
Sceneggiatura Michaël Dudok de Wit, Pascale Ferran
Musiche Laurent Perez
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6 commenti:

  1. Da una parte mi incuriosisce molto, mentre dall'altra non avrei dovuto leggere la tua recensione per poi scoprire che è un film senza dialoghi...... tipo di film che solitamente non mi vanno troppo giù.

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    1. Qui ad aiutare è una durata stringata, ma credimi, dopo un po' non ci si fa neanche caso al silenzio e alla sola musica che risuona, presi come si è dalla bellezza dei disegni e della storia.

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  2. I film animati senza dialoghi qui sono di casa.
    Dalle mie parti invece meno...
    E mi sa proprio che questo non fa molto per me.

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    1. No, direi di no, dopo la tua bocciatura a Il bambino che scoprì il mondo non voglio sapere la tua reazione a questo film che è forse anche più naif e lineare...

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  3. Mi incuriosisce, intanto me lo segno, sperando di tornare a dare contro a Cannibal come si deve e conviene. :)

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    1. È decisamente più pane (e salame) per i tuoi denti, potrebbe fare davvero breccia da te!

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