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3 marzo 2017

Vi Presento Toni Erdmann

Andiamo al Cinema

Era il favorito alla notte degli Oscar come miglior film straniero.
Poi è arrivato il Muslim Ban, di conseguenza, il regista Asghar Farhadi ha dichiarato che no, nemmeno con un permesso speciale avrebbe partecipato alla cerimonia, e così -più politicamente che per altro, forse- Il Cliente ha beffato la Germania.
Il mio cuore, che batteva per A man called Ove, non ne è rimasto sorpreso, in una categoria dove il "difficile" vince sempre, dove si scaricano i complessi autoriali dell'Academy, erano già stati esclusi nomi come Larraìn e Dolan.
Ci si trova, così, davanti a un film fiume, dalla durata di 162 minuti, in un'atmosfera grottesca e di non facile digestione.


Winfried è un insegnante piuttosto stropicciato, che vive solo, divorziato, assieme al suo cane anziano. La madre, pure, bene non sta, la figlia, torna a casa per un weekend e mostra le crepe in un'apparenza perfetta: lavoro altisonante, carriera coi fiocchi, impegni a non finire.
Quel padre, però, non è convinto, e un po' per lenire i dolori della perdita di un cane, un po' per vedere come quella figlia realmente sta, prende un aereo, e vola a Bucarest, dove la figlia lavora per una società che fonde e installa nuove società.
E si ritrova davanti una persona che non conosce: lei, uno squalo, una fredda manager che non conosce niente e nessuno della città che sta cambiando, lui, un sempliciotto dedito a scherzi poco divertenti, molto imbarazzanti.
Si muovono in una Bucarest che sta esplodendo economicamente come una gran montatura, con SPA, night club e centri commerciali dove i romeni non hanno di che spendere e compiacciono solo chi in queste terre malconce cerca il profitto.
In questo mondo dell'apparenza, la convivenza padre-figlia, sarà disastrosa.
Finché non arriva Toni Erdmann, dai denti sbilenchi, dalla parlantina affabile, che cercherà di smuovere qualcosa -un cuore? dei sentimenti?- in quella figlia.


Detto così, Toni Erdmann sembrerebbe un gran film, una di quelle commedia umane, dei sentimenti, che tanto piacciono.
In realtà, nei 162 minuti, si avanza stancamente e ripetutamente tra una situazione grottesca e un'altra, provando gran poca simpatia per quella figlia gelida e vuota (ma ammirazione per la bravura di Sandra Hüller che la interpreta), e per quel padre i cui scherzi proprio non fanno ridere.
Ma succede che tra un macarons condito, una festa nudista e una Whitney Houston cantata a squarciagola, qualcosa si insinua: quel sentimento, sì, quella malinconia, insomma, quel "qualcosa" verso un padre che non conosce la figlia, ma cerca di aiutarla, come può, verso quella figlia che poco a poco toglie la corazza, si mostra umana, in tutto e per tutto.
Succede, quindi, che Toni Erdmann lasci sfiniti, sì, ma in qualche modo appagati: non del tutto, perchè la pesantezza, c'è, il non-sense pure, l'umorismo, lo stile, non sono né immediati né per tutti.
Ma quel qualcosa c'è, e brilla e vive alla fine, dopo la visione, in uno sguardo che si perde nel vuoto, in una dentiera che passa di bocca in bocca, come un memento.


Regia Maren Ade
Sceneggiatura Maren Ade
Cast Peter Simonischek, Sandra Hüller
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10 commenti:

  1. non vedo l'ora di vedere questo film...
    sinceramente ne avevo letto un gran bene anche prima degli Oscar, ma sancirlo come miglior film straniero vuol dire...

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    1. In realtà a vincere l'Oscar è stato Il Cliente alla fine, Toni Erdmann era dato per favorito ma non ce l'ha fatta. Non è un film facile, per la lunghezza e lo stile, provar non nuoce però, visto quel finale amaro che giustifica il tutto.

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  2. Onestamente, non so se lo vedrò. Come sai, sono facilissimamente annoiabile e dura troppo. Poi, se come dici, quelle due ore e passa non volano.
    Magari a rate. E rigorosamente doppiato, che la compagnia del tedesco non la reggo!

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    1. Tedesco ce n'è poco, mescolato all'inglese e al romeno, un giorno mi spiegheranno perchè qui andava bene per gli Oscar e in Victoria no, stanno davvero lì con il cronometro alla mano?
      Comunque, sì, una visione leggera non è, soprattutto per la durata che spossa non poco di questi tempi, ma alla fine potrebbe stupire anche te, tra l'abbraccio della locandina e la dentiera ;)

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  3. A questo punto sono piuttosto spaventato da questo film.
    Ho bisogno di qualcosa di leggero in questo momento e una mazzata da quasi 3 ore di questo tipo potrei patirla parecchio... :)

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    1. Qualcosa mi dice che tu lo patiresti anche troppo, tra un padre davvero imbarazzante e per nulla divertente e quella figlia fin troppo fredda, ci vuole pazienza, per arrivare a un finale che un po' ti entra dentro, e ci vuole il momento giusto che no, dopo la maratona Oscar non è adesso :)

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  4. Senza politica, ovvero senza gli anatemi di Trump e il "muslim ban", avrebbe vinto l'Oscar. Per molti è già un cult, spero di vederlo presto...

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    1. Capisco perchè anche se per quel che mi riguarda, come per Moonlight, è un film che mi ha detto più dopo la visione che non durante, e soprattutto più nel finale che non durante i 150 minuti prima... probabilmente proprio sommando tutte quelle scene grottesche che lo compongono ed entrando nella testa dei personaggi, di certo, non è immediato.

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  5. Più ne leggo - bene o male che sia - e più penso che dalle mie parti potrebbe finire come Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, o come diavolo si chiamava. ;)

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    1. Sì, diciamo che la tipologia è la stessa, visto l'accumulo di scene, ma qui almeno c'è una storia che fa da filo conduttore e che alla fine, prende e frega. Bisogna avere pazienza, però.

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