Non perchè mancasse l'ispirazione -che come si vede è arrivata, a suo modo- ma perchè il tempo è tiranno, il trasloco imminente, e io mi sono trasformata in un'imbianchina tuttofare.
Vorrei scrivere della difficile scelta dei colori giusti, dell'infinità di sfumature esistenti, della luce che comunque questi colori li cambia, gli accostamenti che li cambiano, e non sembrano mai gli stessi, mai, a due occhi diversi.
Vorrei chiedermi e chiedere quante mani di pittura servono per riempire un'intera stanza, quanti millesimi di millimetri sono necessari per occuparla tutta di vernice, un po' come quanti colpi sono stati necessari a Doctor Who per uscire da una giornata che si ripete e riapprodare in Heaven Sent nel suo pianeta Natale.
Vorrei parlare della poesia che sta dietro la scelta del colore e del suo essere coperto, della bellezza del modificare pareti, stanze, con un semplice bianco, che non cancella, ma esalta.
Vorrei parlare di quei difetti che diventano pregi, di quelle soluzioni necessarie che fanno scattare l'ingegno: mancano le piastrelle giuste, quelle uguali, per un pezzo di cucina, e li vedi, gli amici, i parenti, me e il giovine, cercare soluzioni esteticamente giuste ma anche economiche e non troppo impegnative, quelle 20 piastrelle da sostituire, restano un problema, di quelli stressanti, ma allo stesso tempo così impegnativo da diventare una sfida da accettare e superare, che da "rattoppo" potrebbe diventare un punto di forza della casa, si spera.
Vorrei parlare di quanto è bello fare, imparare ad usare strumenti e mezzi sconosciuti, impararne il nome, pure, vedere il giovine ricoperto di polvere e sudore ma felice, vedere le mie mani stanche, ricoperte di vernice, ma soddisfatte. Ché pur dipingendo per lavoro -la ceramica- cambiare volto a una stanza è più bello.
Vorrei parlare dei tanti esperti assoldati, della loro passione, dell'elettricista che sa vedere attraverso un muro, di un idraulico che risolve danni con facilità, di un tuttofare che la soluzione la trova sempre, ma soprattutto di un falegname che arrivato alla pensione, ancora è felice, si esalta per una porta, e lo vedi dagli occhi, da come si illuminano al raccontare avventure passate, che essere falegname significa più di un lavoro.
Vorrei parlare di tutto questo, e a mio modo l'ho fatto, ma il tempo stringe, è tiranno, e la pennellessa chiama.
Il blog subirà qualche contraccolpo, ma traslocare continua ad essere una fonte inesauribile di storie e di fatti di cui stupirsi, da raccontare.
Alla fine però hai scritto :D
RispondiEliminaComunque io non ho mai traslocato, solo una volta ma avevo solo 4 anni, ma sicuramente so che ci vuole tanta pazienza prima e soprattutto dopo, quindi è naturale che qualcosa deve essere per un po' messa da parte ;)
Il dopo è ancora un punto interrogativo, ma vedo la luce in fondo al tunnel, in settimana dovrei smettere di tornare nella casa vecchia ricoperta di vernice dalla testa ai piedi ;)
EliminaBello spirito Lisa, per me il trasloco è stato banalmente stressante, ancora adesso quando vedo uno scatolone ho un sussulto! :)
RispondiEliminaE tu sei pure scappata in vacanza, io credo di non potermi muovere nemmeno ad agosto, sigh.
EliminaGli scatoloni, comunque, sono l'ultimo dei problemi, ci sono ancora colori, piastrelle, porte e mobili a cui pensare.
In pratica, un post sul non-scrivere.
RispondiEliminaGeniale! ;)
Peccato essere ormai al secondo-terzo post a riguardo. Per domenica prometto più ispirazione, più tempo, giurin giurello ;)
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