Lo avevo scoperto per caso, David Lodge.
Con un titolo (È crollato il British Museum) che non poteva che catturarmi, lì, nel mezzo del mercatino dell'usato, e una lettura poi che non poteva che conquistarmi.
L'ho ritrovato sempre lì, al mercatino dell'usato, come se Lodge fosse un autore di cui continuare a disfarsi. Perché mai?
L'ho ritrovato, dicevo, sempre immerso in quei mondi universitari, alle prese con ricercatori e professori, in dotti circoli del sapere di cui però si prende amabilmente gioco.
Ed è stata un'altra conquista.
Ad essere onesti ci mette un po' ad ingranare, questo Professore va al congresso, e proprio perchè il primo congresso a cui i professori partecipano, non è di certo entusiasmante. Un flop a livello organizzativo, un modo per Lodge di riprendere le fila di destini già conosciuti in un altro romanzo (Scambi, che io però non ho letto, e non per questo mi sono sentita tagliata fuori) e presentare altri protagonisti. Ma lasciata la triste Università di Rummidge, ci si mette in marcia, il romanzo ingrana e fa fare il giro del mondo.
Letteralmente.
Sono capitoli a paragrafi dedicati volta per volta al traduttore giapponese, al linguista australiano, al misterioso professore tedesco, alla romanziera femminista americana, al suo altisonante ex marito, al romanziere fallito inglese, a quello sempre inglese che cerca una svolta nella sua carriera, al critico spietato, al vecchio Maestro senza più ispirazione.
Tanti destini, che con il passare delle settimane e dei mesi si incroceranno di congresso in congresso, finendo per amarsi, desiderarsi, invidiarsi e odiarsi, con una cattedra offerta dall'ONU a fare da succulento premio a cui ambire, apertamente o segretamente.
A fare da trait d'union, un giovane studioso irlandese, che al suo primo congresso ha conosciuto l'amore, e che ora che l'ha perso lo ricerca in capo al mondo, come un vero e proprio cavaliere errante costretto e disposto ad ogni tipo di avventura per salvare la sua bella, invischiata in giri loschi di prostituzione. O almeno, così sembra ai suoi occhi.
C'è lascivia, in Lodge, c'è passione e c'è soprattutto un mondo che conosce bene del quale si diverte a mostrare difetti e mancanze, con quel narcisismo ed egoismo che caratterizza anche il più piccolo di questi studiosi.
Tutto finirà nel congresso dei congressi, il - di New York, dove il destino di tutti si incrocerà e si deciderà.
Partendo questa volta dalla letteratura cavalleresca, ne fa parodia, garantendo un'ironia piena d'intelligenza e intrighi geografici e anagrafici gestiti sapientemente.
Bè, non le fragorose risate che auspica Umberto Eco dalla quarta di copertina, ma forse, per un professore e letterato come lui, tutto questo è ancora più divertente.
Mi sa che questo libro mi era stato consigliato due o tre ani fa da un caro amico (professore all'estero e sempre in giro per congressi). Non ho ancora avuto modo di leggerlo, ma mi era anche passato di mente, come ho visto la tua recensione si è accesa una lampadina e adesso cercherò di procurarmi il libro :D
RispondiEliminaFelice di avertelo ricordato ;) divertente e leggero, colto e ironico, è davvero una bella lettura!
EliminaA me i titoli di questo autore, così, a scatola chiusa, non è che invoglino troppo alla lettura. Sarà che musei e congressi non mi scatenano un entusiasmo immediato. XD
RispondiEliminaSe è pure sponsorizzato da uno degli uomini più spocchiosi nella storia dell'umanità alias Umberto Eco (con tutto il rispetto, eh) che con questo libro si è fatto grasse risate, mi sa che io girerò proprio al largo.
La sponsorizzazione di Eco è un'arma a doppio taglio, soprattutto perchè le risate continue che promette non le ho trovate. Sorrisi e scorrevolezza sì, ironia e divertimento colto pure... però se non ti fidi di lui, fidati di me, che come bella presa in giro del mondo di Eco, Lodge merita.
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