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7 aprile 2018

La Memoria dell'Acqua

È già Ieri -2015-

Dopo la luce, l'acqua.
Dopo il deserto di Atacama, l'Oceano Pacifico, il confine che più segna e isola il Cile, facendolo diventare il Paese con la costa più estesa al mondo.
Patricio Guzmàn si è preso il suo tempo, ma sempre il suo Paese, il suo passato rimosso e nascosto, torna a raccontare.
Riparte da lì, dal cielo e dalle stelle, da galassie lontane in cui si cerca l'acqua, e quindi la vita, per parlare di vite spezzate nel passato.



Quelle delle popolazioni fuegine, che abitavano le isole cilene a sud del Paese, isolate davvero, abitanti di un mondo a parte dove eran riusciti a rimanere immuni fuori dal tempo, dal progresso.
Un fatto che da sempre mi affascina. Mi chiedo: sono loro che si perdono qualcosa, a non andare avanti, a non evolvere, o siamo noi che ci siamo persi l'equilibrio, e cerchiamo di raggiungerlo con  sempre nuove invenzioni senza successo, senza fine?
Guzmàn questa domanda non se la fa, ma racconta attraverso i pochi sopravvissuti diretti di queste tribù, la loro diversità, la loro unicità. Il loro vivere in simbiosi con l'acqua, da sempre. E racconta soprattutto come tutto questo ha avuto fine, come il progresso altrui ha preso piede e ha messo un bastone fra le ruote della loro pace, tra conquistadores e missionari pronti a cambiarli e sterminarli. I fuegini non avevano bisogno della parola Dio e della parola Polizia nel loro vocabolario, prima. Bastava l'acqua, bastava il mare, bastava la barca.


L'acqua che attraversavano, che navigavano, che faceva da protezione e da prova di indipendenza, l'acqua che ora, anni dopo, nasconde anche altri segreti.
Segreti di Stato, morti senza nome e senza volto, corpi lì gettati e sepolti negli anni della dittatura di Pinochet, a mostrare un'altra pagina di orrore di un'umanità che non sembra capace di accettare il diverso, di concedere almeno una grazia, quella della sepoltura.
Sono i sopravvissuti a raccontarcela, i piloti di quegli aerei della morte, gli storici e pure gli artisti, che cercano di ricordare, di informare, di non far dimenticare.
Più personale, più in prima persona, e anche più studiato, La memoria dell'acqua è un secondo capitolo che è in realtà un approfondimento. Un tentativo -riuscito- di registrare un Paese complicato come il Cile attraverso il suo passato su cui si preferisce chiudere gli occhi, di spiegarlo e di rendere noti quei fatti su cui si preferisce tacere, su cui ancora non si fa luce.
E che a distanza di anni sono così simili, così vicini.
L'acqua, però, la sua memoria ce l'ha, le onde trasportano segreti, quei pezzi di ferrovia che servivano da zavorra ieri, tornano a galla oggi con un forma diversa, mutata e abitata, ma con una vita, un nome forse, o anche solo un bottone, a renderli un simbolo.
Un bottone, appunto, a fare da ulteriore collegamento tra vite spezzate, tra passati rimossi e rimasti sepolti. Un bottone incastonato nel ferro che richiama alla mente quell'uomo che nel 1800 ha viaggiato nel tempo, quel Jemmy Button comprato da esploratori inglesi per un bottone, e che per un anno ha vissuto a Londra, in un futuro che era in realtà un presente, per poi tornare in quella casa nella Terra del Fuoco che non poteva più sentire come tale. Il suo passato, la sua memoria, erano state compromesse.
Così non deve essere oggi, e Guzmàn la sua missione la porta avanti elemento dopo elemento, con passione, con costanza, con poesia.



Regia Patricio Guzmán
Sceneggiatura Patricio Guzmán
Musiche Hughes Maréchal, 
Miguel Miranda, José Miguel Tobar

Voto: ☕☕☕½/5

2 commenti:

  1. Vivere fuori dal tempo?
    Bisognerebbe chiedere a Mr. Ford. XD

    Questo documentario sembra così distante da me, che paradossalmente potrebbe finire per piacermi parecchio...

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    Risposte
    1. Onestamente, mi è piaciuto di più La Luce, qui si cercano collegamenti meno precisi e ci si rifà a quello schema, ma resta emozionante e commovente.

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