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21 aprile 2018

Rashomon

#LaPromessa2018

Sulla carta, era il film che più temevo della mia promessa.
Sarà per gli anni che si porta appresso, sarà il mio rapporto non certo felice con il cinema orientale, ma Kurosawa, un nome, una leggenda, lo temevo.
Temevo di trovare pesantezza, di perdermi nei silenzi, nei combattimenti, in una generale noia.
È successo che sia io che il giovine -compagno di visione più abituato di me a certi linguaggi- ci siamo persi in quei silenzi, in quei combattimenti, in una storia impregnata di retorica, di pesantezza, con gli occhi che spesso e volentieri si chiudevano e cedevano alla stanchezza.



Ora, niente da togliere al film in sé, alla sua costruzione, alla sua storia, soprattutto tenendo conto che è stato girato nel lontanissimo 1950 in un Giappone con una sua cultura altrettanto lontanissima da noi.
Niente da togliere alla storia, che mette in mostra le diverse verità possibili, il senso di colpa e di onore a farla da padrone, con personaggi assurdi come il bandito Tajōmaru e le sue continue risate, altri misteriosi come la bella Masako, e soprattutto quei narratori e il loro pubblico (in realtà, un semplice ladro) che fanno da veri e propri cantastorie.
Quel bianco e nero che non rende facilissima la visione (con corpi e abiti che ci si perdono), è poi altamente poetico, scale di grigi e di luce che sono una metafora e sono splendidi da vedere.


Ma, il ma è inevitabile, questo Kurosawa che taglia i suoi dialoghi in frasi retoriche e sentenziose, che costruisce senza mai togliere il filtro della finzione, questo Kurosawa che imita il cinema muto, avvalendosi di una colonna sonora decisamente portante, non fa per me.
L'intenzione è quella di riprovarci, il prossimo anno con un'altra promessa e magari 7 samurai a darmi coraggio, ma per questo 2018, la promessa l'ho mantenuta, nonostante tutto, ma la soddisfazione non è arrivata.


9 commenti:

  1. Non concordo sulla retorica. Anzi, Kurosawa riesce a dare un messaggio finale di speranza senza esserlo minimamente.
    Ma concordo che possa risultare ostico, anche perché il peso che si porta dietro può inficiare il parere, quindi ben vengano anche i pareri contrari!

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    1. La retorica è in certe frasi e sentenze, che non appartengono al tipo di dialoghi a cui sono abituata, che approvo. Tutto molto costruito, tutto molto significativo, ma non è scoccata la scintilla.

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  2. I sette samurai a sorpresa mi era piaciuto parecchio.
    Questo invece continua a essere presente sulla mia Bucket List e, visto che di film potenzialmente pesanti e noiosi ne faccio volentieri a meno, penso che per il momento ci resterà...

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    1. Il prossimo anno toglierò dalla mia lista -ancora da fare- I sette samurai, e spero possa andare meglio. Sono partita con il film e il piede sbagliato.

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  3. Mi sento un po' ignorante perché non ho mai visto un film orientale, non mi attirano affatto ma magari sono solo prevenuto.

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    1. Io ho subito un trauma notevole all'Università, con un corso di cinema orientale che mi ha provato fisicamente e mentalmente. Pian piano ci sto facendo pace, ma resta un tipo di cinema distante dalle mie corde, ti capisco :)

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  4. Io l'avevo guardato alle superiori ed ero rimasta affascinata come non mai. Mi piace pensare che Rashomon sia stato uno dei primi, veri amori cinefili :)

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    1. Fascino ne ha da vendere, ma fa purtroppo parte di quella cinematografia orientale con cui fatico sempre troppo per entrare in sintonia...

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  5. Per me non è ne ostico ne retorico.
    Anzi. Kurosawa resta uno dei dieci migliori registi di sempre.

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