Non è sempre facile fidarsi di Ryan Murphy, l'uomo dalle mille idee e dalle mille serie.
Credo di aver perso il conto, ormai, di quelle che ha creato e di quelle belle, ma belle davvero, che una volta preso il volo ha accantonato e lasciato in balia di rinnovi stentati per qualcosa di nuovo.
Per dire, il signor Murphy ha da poco annunciato di aver avuto il via libera da parte di Netflix per ben 10 progetti.
Ma proprio grazie a Netflix ho recuperato una serie da tutti lodata, che ha strappato applausi di pubblico e di critica, avvicinando ad un mondo non certo facile, non certo conosciuto.
Parlo dei ball che animavano la vita notturna di New York e non solo, di una comunità che si riuniva, festeggiava, si divertiva in modo colorato dimenticando quanto il mondo là fuori fosse ostile e sporco nei loro confronti.
Pose, per mio ignoranza, era solo un modo di ballare il vogue che aveva reso all'avanguardia Madonna, quando ancora era capace di lanciare e cavalcare per prima le mode, invece di arrancare dietro quelle del momento come oggi.
Pose, in quanto a serie, è un mondo colorato, certo, ma anche caldissimo.
Un mondo fatto di famiglie che si creano e si aiutano a vicenda, che si sfidano in sfilate e costumi, in balli in cui il contatto è vietato.
Un mondo che però non può dimenticare quanto è difficile farcela da soli, con lo spettro dell'AIDS sempre più presente, con le famiglie -quelle biologiche- che cacciano e non accettano, con il mondo del lavoro ad offrire poche opportunità. E quello infine di un corpo che si fatica ad accettare.
È così che conosciamo la materna Blanca, che scoperta la sua sieropositività decide di voler lasciare il segno e fondare una propria Casa, la Casa Evangelista, in cui accogliere il talentuoso ballerino Damon, la bellissima Angel per primi. Contro di lei, il resto del mondo, a partire dalla "madre" Elektra, sofisticata e acida. Al suo fianco, invece, lo stilista dal cuore d'oro Pray Tell.
Episodio dopo episodio veniamo istruiti sulle regole dei ball, seguiamo battaglie e lotte a suon di piume e chiffon in cui i toni si alzano, e ci stringiamo attorno ai protagonisti per le brutte notizie che non mancano mai, gli addii che si fanno inevitabili e un Natale in cui tirare fuori i fazzoletti.
La musica si fa altra protagonista, assieme ai colori, la moda, le luci: contorni curatissimi.
Vero è che il racconto pur così particolare non sempre è originale, che certe dinamiche, certe soluzioni, già si sono incontrate e si possono anticipare. Ma c'è un'umanità che prende piede e a dargli voce è una vera comunità transgender fin troppo spesso boicottata da Hollywood a favore di nomi conosciuti e di più facile presa. Così, finiscono per stonare gli unici attori noti e la quota bianca della serie: il feticcio Evan Peters, la coraggiosa Kate Mara e l'odioso James Van Der Beek in quei triangoli amorosi -che buttano nella mischia pure Trump- piuttosto scontati.
Per fortuna, Pose è molto di più, è un inno alla vita e al divertimento, all'inclusione e alle famiglie che si scelgono.
E quella di Blanca Evangelista sono felice di averla finalmente conosciuta.
Avevo visto il primo episodio con la programmazione americana e mi era pure piaciuto moltissimo.
RispondiEliminaPerché non ho proseguito? Boh.
Io l'avevo inizialmente scartato per poca fiducia a Murphy, troppi progetti sempre a rischio cancellazione/seconda stagione inferiore. Con l'approdo su Netflix gli ho dato una chance, e vedrai che ne vale la pena ;)
EliminaNah, non credo faccia per me ;)
RispondiElimina