Quand'ero piccola alla domanda "cosa vuoi fare da grande?" rispondevo la cassiera del supermercato.
Aspettative basse, ma in realtà mi affascinava il gesto del passare i prodotti al laser, di sbirciare nella quotidianità delle persone e poi mi sembrava un lavoro così facile, senza tanti pensieri.
Forse per lo stesso motivo, qualche anno più tardi, volevo fare la postina, sempre sbirciando nella quotidianità e nel privato degli altri, con annesso il girare e conoscere tutte le vie della città.
Ma questa è un'altra storia.
Sta di fatto che sono cresciuta, che a lavorare in una cassa non c'ho pensato più, che le cassiere ora mi mettono un po' di ansia per la velocità con cui passano quello che compro e il mondo del supermercato è diventato un filo meno affascinante.
Ma, guardando Un Valzer tra gli Scaffali, si cambia idea.
Siamo in un grande supermercato, in un discount dal magazzino infinito, in cui nei grandi corridoi ci si muove con il muletto e in cui lavorano quelli che sembrano numeri: invisibili formiche operaie dalla divisa blu che nascondono invece sogni, speranze, passati e presenti difficili.
Chiusi lì da mattina a sera, hanno creato gruppi, comunità, zone e nazioni, tra Oceani in cui stanno i pesci, Siberie che sono aree freezer e reparti specificatamente divisi.
Qui entra Christian, il novellino, che parla poco e lavora molto. Timido, schivo, da subito protetto da Bruno, nasconde una storia che non vuole raccontare e un corpo ricoperto di tatuaggi.
Già dal primo giorno vede Marion e se ne invaghisce.
La loro quotidianità è fatta di caffè offerti, di chiacchiere unilaterali, di scambi di favore, con il Natale ad unire, piccoli avvenimenti che spezzano una routine difficile da sopportare. Basta una patente da mulettista per festeggiare, basta un giorno in cui Marion non c'è a cambiare tutto.
Chiusi in quel supermercato viene da pensare che l'aria possa mancare come manca la luce del sole. Invece Thomas Stuber trasforma tutto nei toni di una fiaba, grazie alla musica che come per magia si sposa a movimenti di macchine in quel magazzino, con i colori, la geometria, a fare la differenza. E il paragone con quell'altro grande amore nato nella crudeltà di un macello -Corpo e Anima-, nasce spontaneo.
Così dispiace un po' quando nella seconda parte da quel supermercato si esce, vagando per strade luminose, in case sconsolate, in bar sporchi. L'equilibrio ne risente, ma giusto un po', perché a tenere fede è quell'amore che vediamo nascere e crescere, quell'amicizia che è sincera, nonostante tutto, con il contorno di colleghi particolari e variegati.
Un Valzer tra gli Scaffali resta però un film non facile, quasi asettico se lo si prende per il verso sbagliato, più freddo del necessario, pure, con quel protagonista silenzioso e dalla faccia un po' così.
Ma per fortuna a questi strani protagonisti e al loro strano ambiente ci si affeziona, e alla fine, con un pizzico di poesia, si arriva davvero a sentire il mare.
Voto: ☕☕☕/5
In pratica sognavi di diventare come Giusy Ferreri. Oppure come Postino Pat. ;)
RispondiEliminaA me i supermercati danno un senso di claustrofobia e oppressione. Chissà se questo film, complice il paragone con il magnifico Corpo e anima, mi farà cambiare idea.
Quel paragone non l'ho messo a caso, è uno specchietto veritiero per attrarre allodole cannibali e d'inchiostro ;)
EliminaMeno poetico, a tratti un po' più lento, ma fra quegli scaffali si sta bene, vedrai ;)
Uh, da recuperare!
RispondiEliminaL'avvertenza è da vedere nella serata giusta: ha i suoi tempi, molto lenti, ma pian piano conquista.
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