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17 agosto 2019

Profondo Rosso

Settimana Horror / #LaPromessa2019

Dallo scorso anno, un posticino Dario Argento lo trova sempre nella mia Settimana Horror.
Lacune da colmare, recuperi che sembrano dovuti, se non altro per tenere fede a una promessa fatta e che un po' latita.
Siamo qui a quel film di paura che sconvolse una generazione, o almeno così mi era stato detto.
Siamo ad un tema musicale più famoso del film stesso, di cui infatti niente sapevo.
Non sapevo iniziasse tutto con una medium che percepiva fra il pubblico i pensieri e le intenzioni di un serial killer, non sapevo che quel serial killer si sarebbe presto vendicato, uccidendola crudelmente e che un pianista -che il tutto aveva visto- si sarebbe messo ad indagare. Cercando di superare ma anche di aiutare un poliziotto e una giornalista.



Il killer sembra però saperla lunga, anticipando mosse, facendo fuori la concorrenza, seminando il panico al suon di una nenia per bambini che farebbe scattare la sua psicopatia.
Nel mezzo, quindi, tanto tanto sangue, di quel rosso profondo, acceso come gli anni che furono imponevano.
Ma, purtroppo, nel mezzo anche tanti dialoghi al limite dell'imbarazzo: barzellette, battute di spirito, situazioni degne di un porno prima che il porno entri in azione. Colpa forse di un doppiaggio che si fa sentire pesantemente, di una sceneggiatura fatta di stacchi, di una temporalità veloce come il vento. E forse anche di un protagonista di cui si fatica a capire le ragioni, a sostenere nella sua ricerca.


Come in Suspiria, il punto su cui tenere gli occhi dovrebbe essere allora la regia, con le scelte stilistiche a fare la differenza. Ma qui non c'è ancora quella cura maniacale per gli interni e il colore. C'è un primo abbozzo, con quadri che incutono timore reverenziale, vecchie ville dagli interni in rovina.
Poi ci sono loro: i Goblin, con una colonna sonora entrata nella storia ma francamente non nel mio cuore. Che qua e là ha sussultato, ma che proprio per quella scelta musicale, non ha sentito la suspance crescere, disturbata dal jazz/rock sperimentale di sottofondo.
Paura, quindi, questo Argento non ne fa.
Brividi nemmeno, ma come per gli altri film di questa settimana ormai finita, mi ritrovo a tirare l'ennesimo sospiro di sollievo: o mi sono fatta più forte io, o le scelte di quest'anno sono state così leggere e così poco appartenenti al genere da avermi almeno evitato notti insonni. Ma sento, nell'aria, un invito a galleggiare che mi farà cambiare idea.



Grado di paura espresso in Leone Cane Fifone:
1 Leone su 5

4 commenti:

  1. Visto adesso fa certamente un effetto strano con quel rosso così finto del sangue. All'epoca la tensione c'era.

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  2. Proprio un problema di montaggio rivela palesemente un trucco: quello della donna alla finestra sgozzata dai vetri; bastava togliere solo qualche fotogramma e la resa sarebbe stata perfetta.

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    1. Esatto, quando mi ritrovo a più riprese a pensare il film montato in modo diverso e più convincente significa che qualcosa non va. Un po' di paura, qua e là, la sa mettere ma il tempo passato fa la sua parte.

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  3. Suspiria ha dalla sua uno studio tecnico più convincente. Leggere che anche i critici, inizialmente, non avevano apprezzato questo Argento mi ha fatto bene. Ho davvero faticato a capire il suo essere cult.

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