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12 ottobre 2019

Wildlife

Andiamo al Cinema su Chili

Si torna sempre lì: a quelle famiglie felici che sono tutte uguali, a quelle infelici ognuna a modo suo.
La famiglia di Joe felice non è.
Un padre che non riesce a tenersi un lavoro, a stare fermo, trasferendosi di volta in volta sempre più al nord, sempre più verso il freddo. Lui che vede il suo ruolo minato, messo in discussione, e non disdegna l'attaccarsi alla bottiglia, all'orgoglio.
Una madre che rimpiange la gioventù, il futuro roseo che si immaginava. Lei bellezza da rodeo, ora casalinga nel gelido Montana, sposata con il bello che non l'attira più. L'attirano i soldi, la sicurezza, una posizione. Forse.
E poi c'è Joe, che osserva.
In silenzio si cruccia, sente gli scricchiolii, vorrebbe urlare, vorrebbe sputare la sua verità, ma non ce la fa.
Assiste a quell'incendio facendo l'unica cosa che si può fare: aspettare che si fermi, che arrivi la neve a placarlo.



L'esordio alla regia di Paul Dano non è quello che ci si aspetta.
Non è una commedia zuccherosa e romantica e geniale come c'aveva già abituato in coppia con Zoe Kazan.
I due, assieme anche qui alla produzione e alla scrittura, partono dall'omonimo romanzo di Richard Ford, e parlano di amore, di coppia, di famiglia.
E di crescita.
Quella a cui Joe è chiamato.
E nonostante una Carey Mulligan splendidamente odiosa, nonostante il sofferente Jake Gyllenhaal e l'alchimia tra i due, è il giovane Ed Oxenbould il vero protagonista.
Lui, con quella faccia un po' così, non ha bisogno di parole. Bastano i suoi silenzi, i suoi gesti, i suoi pugni stretti e il suo sorriso accennato.
In quella foto finale in cui ognuno, guardando in macchina, si sforza di rientrare nel suo ruolo.


A livello tecnico, l'esordio alla regia è proprio quello che ci si aspetta da Dano.
Un'attenzione ai particolari, alla fotografia, ai colori e ai costumi (ah, gli abiti della Mulligan!).
Una precisione della ricostruzione degli anni '60 in tutti i suoi dettagli, di quei paesini quasi da cartolina.
Una storia quasi teatrale nel suo svolgersi, atti fatti di incontri e scontri, di assenze e ritorni.
Un occhio che incede sui volti, sui gesti, sugli spazi geometrici.
E ancora una volta, si torna a quel finale: tutti in posa, in attesa di un click che possa renderli nuovamente una famiglia.
Felice o infelice che sia.

Voto: ☕☕☕☕/5


7 commenti:

  1. Per me, purtroppo, molto deludente. Solita storia familiare, con una protagonista tanto brava quanto insopportabile. Da Paul mi aspettavo più cuore.

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    1. In fondo, mi aspettavo qualcosa di diverso anch'io. Ma nel suo essere piccola, quasi da camera, questa storia e questi attori mi han preso in contropiede, piacendomi anche così.

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  2. Non mi è dispiaciuto, ma purtroppo non mi ha nemmeno convinto quanto te.
    Sarà che, dai nomi coinvolti, mi aspettavo qualcosa del tipo il film del secolo e invece l'ho trovato un racconto di formazione troppo classico e già visto.
    Si può dare di più. :)

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    1. Vero, quattro nomi simili riuniti insieme sono anche la mia descrizione della perfezione. Ma sarà che il quinto nome -quello del ragazzino- è quello che ha più peso, che con questa sorpresa sono rimasta avvinta alla storia.

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  3. Ehm. L'ho visto al solito posto, dove ha pure vinto, ma non mi ha entusiasmato. E anche io, come Michele, ho trovato lei insopportabile.

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    1. Lei è particolarmente insopportabile, ma sarà che è anche così brava e così bella, che alla fine rende meno odiosi i suoi personaggi, almeno ai miei occhi.

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  4. Your piece truly did switch the light on for me as far as this specific subject matter goes. slither io games

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