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29 gennaio 2020

1917

Andiamo al Cinema

6 aprile 1917 gli ordini sono chiari e sono pericolosi: fermare un attacco, non far cadere i propri commilitoni in una trappola, salvare un fratello, dei fratelli; il problema è che per dare questo ordine si rischia la vita, la propria vita, andando in prima linea, superandola, attraversando la terra di nessuno, la terra da poco abbandonata dai nemici tedeschi, finendo in una città occupata e in fiamme, per poi arrivare in un bosco dove quell'attacco dovrebbe partire, facile? no di certo, né a dirsi né a farsi, anche perché si è in due, e si rischia la vita ad ogni passo, tra trincee dove regna lo sconforto e il dolore, campagne private dei loro frutti, comandanti restii ad aiutare.

Stacco


La storia di 1917 è tanto semplice da raccontare quanto difficile da potare in scena, perché Sam Mendes decide di immergerci negli orrori, nelle paure, nell'insensatezza della guerra costruendo questo suo film quanto mai personale (basato com'è sui racconti del nonno) in quello che sembra un unico piano sequenza, un continuo seguire, anticipare, circondare e accompagnare Sco e Blake nella loro missione impossibile, correndo veloci in trincee strette strette, attraversando cadaveri, campi minati, prati in fiore, lasciando senza fiato, facendo propria compagna un'ansia che si fatica a smaltire

Stacco


Respiriamo, prendiamo tempo.

Perché 1917 non è un film fatto in unico piano sequenza, non come quel gioiello di Victoria, non come quell'inizio magistrale di La La Land o di Spectre, con cui Mendes si è fatto le ossa.
Ma è fatto di molti piani sequenza, un po' come Birdman, il più lungo dei quali è comunque di 10 minuti, raccordati tra loro grazie a montaggio quanto mai invisibile, un po' come aveva fatto Sir Hitchcock in Nodo alla Gola, pur non rimanendo qui nello stesso set.

Si respira,

quindi, e si arresta pure il ritmo quando cala la notte, quando Sco sviene nel buio e trova rifugio e speranza con una non-madre francese, se possibile unico episodio nella sua missione che fa un po' storcere il naso.
Per il resto: corre Sco, corre con Blake (Dean-Charles Chapman), corre da solo, si tuffa, spara, si nasconde, cerca di restare a galla, di portare quella maledetta lettera al suo destinatario, cerca di salvare vite e lo vedi George MacKay fondersi con il suo personaggio, sentire il peso dei passi nel fango, di corse contro il tempo e contro il pericolo, lo vedi lo sfinimento nei suoi occhi, il dolore pure, e te lo immagini lì sul set per 6 mesi, con Mendes e la troupe a provare ogni passo, ogni movimento e ogni scena, così stupisce che fra le 10 nomination a cui è candidato 1917 non ci sia la sua, lui che regge assieme a quei comprimari che entrano in scena per pochi minuti, pur dominandoli, visto che si parla di Andrew Scott, Benedict Cumberbatch, Colin Firth e Richard Madden.
E con la stessa colonna sonora portentosa di Thomas Newman a farsi protagonista in più.

Stacco


Agli Oscar si privilegia la tecnica, e vorrei ben vedere, anche se i più proprio contro questi tecnicismi si sono scagliati, vedendo in 1917 un giocattolone ispirato ai videogiochi, un film fatto di forma e non di contenuto, di cuore. Ed in parte è vero, perché l'occhio attento è lì a chiedersi dove sono quegli

stacchi

dove sono i raccordi, come sono riusciti a girare una certa scena, un certo salto, una corsa folle. Come sono riusciti a ricostruire un set lungo chilometri, una città devastata.
Domande che ti porti a casa, a cui cerchi di trovare risposta nei video del backstage (QUI se interessa) ma che non coprono, non mettono in ombra nemmeno un po' il cuore della vicenda: un cuore che vuole mostrare l'insensatezza, l'orrore, di un singolo giorno di guerra, di un singolo ordine da portare a termine, che magari, proprio domani, cambierà. Un cuore che mostra quello che molti giovani e giovanissimi hanno vissuto, perdendo se stessi, i propri fratelli.
Un solo giorno, meno di 24 ore, in cui la vita la si è rischiata ad ogni minuto.
È il 7 aprile 1917 ora, si può tornare a riposarsi, tornare a sentire il sole sul volto, l'erba sotto i piedi, pur avendo vinto, avendo perso, nel mentre.

Voto: ☕☕☕☕/5


13 commenti:

  1. Vedrò stasera. Sperando di non trovarlo tutto tecnica e niente cuore.

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    1. Spero che MacKay faccia il suo lavoro anche con te, quanto cuore ci mette in mezzo a tutta la tecnica di Mendes!

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  2. Non ho letto per evitare spoiler (anche se so chi vince la guerra...) ma comunque la sensazione è quella di un Dunkirk 2.0, buono da una parte dall'altra no, spero di sbagliarmi.

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    1. Qui c'è però un lavoro migliore nella tecnica, almeno per me Dunkirk con i suoi tre piani temporali confondeva solo le acque di una bella pagina di storia, qui invece l'uso del finto piano sequenza è funzionale a quanto si vuole raccontare e alla sensazione che si vuole trasmettere, vedrai ;)

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  3. I brividi che la corsa nella città mi ha regalato Deakins fatico ancora a smaltirli. Per il resto, cerco video del backstage per ogni scena, un lavoro incredibile.

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  4. Descritto così mi viene voglia di vederlo subito! A livello tecnico sembra meritare tantissimo, spero di andare oltre e catturare anche la parte "cuore".

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    1. Grazie! MacKay ti aiuterà, il suo sguardo, i suoi passi riescono pure a far dimenticare quei piano sequenza a tratti.

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  5. I film come questo di solito mi lasciano del tutto indifferente. Penso che lo vedrò quando arriverà sulla paytv. Forse.

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    1. Se non è il tuo genere ci sta, però questo è il film che visto al cinema tra grande schermo e sonoro guadagna parecchi punti in più rispetto alla visione domestica ;)

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  6. Se gli Oscar privilegiano la tecnica, allora 1917 ha già vinto. Tuttavia, specialmente nella seconda parte, a me ha dato proprio l'impressione di un videogame ben fatto, con un protagonista modello "Terminator" che resiste a tutto, praticamente immortale... ci vuole parecchia (ma parecchia) sospensione dell'incredulità. A me sinceramente non ha creato grande empatia, fermo restando che si resta strabiliati dalla fotografia di Deakins e da un montaggio con i fiocchi.

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    1. Credo che come sempre nei nostri casi entri in gioco la soggettività. Io in quello sguardo, in quel pianto, in quella disperazione di MacKay mi ci sono trovata immersa, e proprio grazie alla tecnica usata, che non lo mollava mai. Videogame no, ma una lotta disperata per la sopravvivenza sì, insomma.

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  7. Tecnicamente impressionante, ma forse più come un grande videogame che come un grande film.
    E il mio cuore è rimasto da un'altra parte...

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    1. Sembrava strano fossimo d'accordo su tutti i film da Oscar usciti fino adesso, vengo a leggerti, cuore di pietra!

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