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4 marzo 2020

Eagle vs Shark

È già Ieri -2007-

"Chi è questo Taika Waititi in giuria a Venezia?
Ah, quello di Thor?!
Ah, quello di Hunt for the Wilderpeople?
Capito!"
Così mi chiedevo ad agosto.
Passa qualche mese e Taika è sulla bocca di tutti per un film meraviglioso, forse quello con più cuore (sano, per quello stracciato c'ha pensato Marriage Story) presente agli Oscar: Jojo Rabbit.
Va da sé che decido di andare a recuperare tutto quello che Taika ha fatto, partendo da quei piccoli film indipendenti e girati nella sua Nuova Zelanda.
Eagle vs Shark è il primo, e ha tutta l'impronta del film indie e strano pensato per me.



Siamo dalle parti della romcom anche se i protagonisti sono così a sé (apatici, silenziosi, weirdo) che la frizzantezza cede il passo a una inaspettata lentezza.
E ad un aumento del mio senso di colpa per un certo razzismo che mi accorgo di avere verso i non-belli. Perché propriamente belli, Eagle e Shark non lo sono.
Shark in realtà è Lily.
Orfana e sorella, fatica a schiudersi. È invaghita del cliente fisso del fast food da cui viene presto licenziata: Jarrod.
Jarrod è un campione di videogiochi, il suo animale preferito è l'aquila, o forse il cobra.
Lui non la nota, non la degna di attenzione, Lily. La invita più per conoscere la sua collega ad una festa in maschera (tema: il tuo animale preferito) e proprio lì lei finisce per colpirlo per la sua bravura a Mortal Kombat.
Ma ha un conto in sospeso, Jarrod, con il bullo della scuola, con un fratello che non c'è più, con una famiglia che l'ha sempre identificato come il perdente.


La romcom diventa così un road movie e un "ritorno a casa" movie.
Nel viaggio e nella permanenza nel suo paesino natale, i due fanno in tempo a lasciarsi e riprendersi, a scoprirsi e a conquistarsi.
A sentire cos'è il calore della famiglia, a cercare l'approvazione a tutti i costi.
Sembrerebbe il classico film che da queste parti piace tanto, ma il ritmo non è propriamente il punto di forza di Eagle vs Shark.
Quello che solitamente è brioso, qui scorre lento, quasi troppo, intervallato da sequenze in stop motion che han senso fin là.
Il non succedere niente è voluto, ma sa anche stancare, nella sua ingenuità.
E a dirla tutta pure i suoi protagonisti fanno poco per farsi piacere, tra egoismi e timidezze, goffaggini e testardaggini che non li rendono simpatici.
Ma proprio mentre pensi che proprio per il loro essere strani, non bellissimi, questi protagonisti non ti conquisteranno, che questo primo Waititi non può fare per te, ti ritrovi a sorridere per una sola parola, in un finale inaspettatamente romantico.
E allora, nella sua semplicità, ti arriva.

Voto: ☕☕½/5


5 commenti:

  1. Recuperare tutto quello che Taika ha fatto, buona idea, ma metterla in pratica per adesso forse no, ci pensi tu e mi va bene ;)

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    1. Per fortuna è un regista che ha capito tutto subito: neanche 90 minuti di durata a film, manna dal cielo in questi tempi senza troppo tempo a disposizione!

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  2. Figurati, io ho ancora Boy e What we do in the shadow da scoprire ;)

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  3. Un esordio che appare curioso, ma non "bellissimo".
    Magari di Waititi (spero di averlo scritto giusto) recupero prima altro...

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    1. Purtroppo i personaggi non sono così simpatici/empatici, e la loro storia d'amore è fin troppo strana. Recupera Boy, quello sì!

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