È che mi ronzava per la testa la dedica di Salinger a Alzate l'architrave, Carpentieri!*, e mi chiedevo il senso di starmene qui ad analizzare, sviscerare, riassumere e giudicare quello che leggevo.
Trovavo anche un po' frustrante che la rubrica non ingranasse, che sui social abbandono anche troppi profili dedicati a chi ama leggere, e mi chiedevo la mia ostinazione nel provarci.
Le letture, poi, non aiutavano: fatte di classici che mettono in soggezione, di raccolte di racconti che rendono più frammentario ogni commento.
Poi, però, per buona pace di Salinger ho pensato a come ero arrivata a conoscere l'opera di Swados, autore poco noto, mal pubblicato, che solo in patria ha una fama leggermente superiore.
L'ho incrociato proprio leggendo chi consiglia libri, non in una rubrica o in un profilo, ma in un libro vero e proprio, quella guida letteraria su New York di Cognetti che mi ha fatto svaligiare Libraccio a suon di consigli.
E mi sono detta: se anche solo qualcuno legge quel che pubblico, la mia coscienza è a posto. Se mi diverto ancora, torno ad abbracciare la corsa contro il tempo non per avere qualcosa di cui scrivere lunedì, ma perché "è troppo bello per metterlo giù" allora, questa rubrica può continuare.
E riprendo da New York, dalle anime che vagano per Brooklyn.
Giovani pieni di speranza, tornati dalla guerra cercando di vivere più pienamente possibile, arrabattandosi con lavori precari, cercando di far quadrare i conti e riuscire a formare una famiglia.
Sono 10 piccoli quadri quelli raccolti in Notti nei giardini di Brooklyn. Ma non si sta solo fuori Manhattan, si attraversa anche l'Oceano, arrivando nelle sponde francesi dove una moglie trova finalmente il suo posto rendendosi conto dell'errore madornale che ha fatto sposandosi, in un'analisi femminile accuratissima, e facendo tappa anche ad Avignone, con i rimasugli della rabbia adolescenziale a farsi sentire.
10 racconti, dicevo.
Che Harvey Swados scrive dannatamente bene, dichiaro.
Uno stile secco e in punta di piedi, ritratti che sembrano sempre notturni, anche nel sole e nel caldo della Costa Azzurra.
Il paragone con Carver nasce spontaneo, non solo per i protagonisti dei suoi racconti, non solo perché scrive racconti, ma per il respiro che hanno.
Immersivi. Solidi. Polverosi.
Tra amici che vivono spensierati fino al momento di fare i conti con l'essere adulti, riuscendoci o meno, rimanendo assieme o perdendosi per sempre, tra coppie che romanticamente nascono e altre che si lasciano, tra visite nei quartieri più poveri, dove anche la chiamata ad un dottore costa o dove attorno sono solo macerie, tra marinai invidiosi e aspiranti ballerini che credono di trovare a New York una nuova casa regalando un finale amaro alla raccolta, a restarmi è la storia di uno scrittore, vista da fuori.
Vista da quell'amico della moglie che di quella moglie è sempre stato innamorato, che non capisce la dedizione e i sacrifici nel chiudersi ogni mattina prima dell'alba in un capanno, per scrivere quello che dovrebbe essere il nuovo, grande, romanzo americano.
Passano gli anni, anni di privazioni, di limatura, di figli che nascono e di padri ingombranti che richiedono attenzioni.
Passano gli anni, finché una parola fine sembra arrivare, il successo pure, ma non è certo quello che ci si aspettava. Tutto è diverso, tutti quei sacrifici, quell'economia, quella dedizione hanno portato frutti ma sono amari, o semplicemente non quelli che si credeva.
C'è la fama, ma non la riconoscenza.
È un ritratto doloroso, lucido, che parla fuori e dentro il processo di creazione, delle varianti da affrontare e a cui cedere.
L'uomo nel capanno degli attrezzi è il racconto che mi porterò nel cuore, assieme a quel matrimonio sbagliato che troverà un senso sulle rive assolate della Costa Azzurra di Anno di Grazia.
Ora, se un senso questa rubrica ce l'ha, è quella di consigliare, raccontare, condividere, il bello che c'è, nel leggere.
Rieccoci qui, quindi.
* "Se in tutto il mondo è rimasto ancora un lettore che legga per il gusto di leggere
-o che comunque dopo aver letto se ne vada per i fatti suoi-
gli chiedo o le chiedo con indicibile affetto e gratitudine,
di dividere la dedica di questo libro in quattro parti con moglie e i miei bambini"
J. D. Salinger
Continua a scrivere e a leggere 🙏
RispondiEliminaGrazie Piera :)
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