Pagine

12 ottobre 2021

Squid Game

Mondo Serial

Credo sia il caso di tornare nel mio cerchio amico.
Ciao sono Lisa, e ho un problema.
Sono una bastian contraria.
Sono anche una snob.
Da sempre.
Quando qualcosa piace a tutti, a me no, non riesce a piacere.
Anzi, mi chiedo tutto il tempo com'è che possa essere diventata così di successo, così importante, così chiacchierata.
Non lo faccio di proposito, succede. 
Era successo con La Casa di Carta, da cui ho preso le distanze da subito, troppo pompata, troppo poco credibile e infine troppo fan service.
E ora mi succede con Squid Game.
Piano, però, non accusatemi subito.
Che questa volta la delusione, il naso arricciato, sono meno pronunciati.


Il successo di Squid Game non lo so spiegare nemmeno io.
E non perché è una serie brutta, no, non lo è.
Nemmeno perché tocca temi, li sviluppa, e ce li mostra, in modo non troppo originale.
Il fatto che al primo posto su Netflix a livello mondiale ci sia una serie coreana che non è stata doppiata, sbalordisce anche me.
E per una volta mi vede sorridere, fiera di tante persone che non hanno paura della versione originale, anche quando incomprensibile.


Detto questo e tralasciando di spiegare una trama ormai nota a chiunque, detto che i colori, le forme, le tute e le divisioni, i giochi e le tappe sono pezzi di racconto che non possono che prendere, diventare fonte di meme e di moda che presto vedremo in ogni negozio, in ogni cosplayer, in ogni festa di Halloween…
Detto, insomma, che visivamente Squid Game è tanta robbba, quello che mi lascia perplessa è come questo racconto viene sviluppato.
Come si scremano i vari concorrenti, con episodi davvero lunghi, alcuni pure superflui (il secondo, con un ritorno a casa che poteva essere gestito velocemente), in un ritmo che qualcuno ha definito una droga e che su di me ha avuto un effetto soporifero.


Certo, non ha aiutato il fatto che le mosse fossero prevedibili, che la sopravvivenza iniziale di tutti, ma proprio tutti i protagonisti abbia fatto poi posto a una selezione più che ovvia dei suddetti tanto da non creare né suspense né amarezza sul mio divano. E non lo dico perché mi credo intelligente, ma perché quello che richiedo a una serie è proprio un po' di intelligenza e coraggio nelle scelte di sacrificio e costruzione.
C'è chi, anche giustamente, ci ha letto un trattato sociologico.
Con la società coreana lì rappresentata, tra immigrati e mafiosi, tra luminose speranze che hanno fatto il tonfo e chi cerca da sempre di sopravvivere.
Con personaggi tagliati con l'accetta tra il buono, il farabutto, la svenduta, la martire e il cattivo.
Ma onestamente, quante volte lo si è già visto?
Da Parasite -molto, molto più originale e geniale nel raccontarlo- a Black Mirror passando per Hunger Games -il paragone più ovvio-, la sfida fra gli ultimi, la fame degli ultimi, già la si conosce.
Quanto al sangue qui versato e mostrato, a quei VIP che tutto giudicano, niente di nuovo. 
Dai.
Il Grande Fratello cos'è, ormai?


Se per voi è stata una droga, se un episodio richiamava l'altro e se ci avete pianto lacrime e provato stupore, mi scuso.
Sono cinica, sono snob, sono una bastian contraria.
Però non venite a dirmi che il finale vi è piaciuto, almeno questo.
Che quel colpo di scena poco spiegato, quel fratello svelato, quell'anno passato, vi hanno convinti.
E soprattutto, non ditemi che vi ha soddisfatto il finale aperto.
Ok, immagino quello sia stata pura gioia, visto che significa una nuova stagione, e visti i numeri Netflix sarebbe scema a non accettare.


La mia paura è che si cada ancora una volta nella trappola del fan service, con fantasmi del passato a tornare, con giochi a ripresentarsi, situazioni sempre più esagerate che ammiccano a diventare meme più che sceneggiatura.
Io ho un problema, e lo ammetto.
Facciamo che Netflix non me ne crei un altro e che fra un anno, con la stagione 2 in catalogo, riconosciamo tutti gli errori che potrebbero esserci.
No?
Chiedo troppo?
Come, La Casa di Carta sta ancora fra i più visti e i più attesi?
La dura vita dei bastian contrari non trova pace.

Voto: ☕☕½/5

11 commenti:

  1. Avendo visto solo il primo episodio posso dire ben poco, ma dopo aver visto altri prodotti posso cominciare a pensare che adesso forse la gente vuole cose che gli ricordano altre cose, e così arriva questo, film come Free Guy (che a me ha divertito), emuli di John Wick e Leon, e via così, per cui i produttori e gli sceneggiatori si adeguano al trend.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Diciamo che qui il progetto è stato fermo per 10 anni, e la scusante il creatore ce l'ha. Netflix ci ha visto giusto e tra colori e maschere ha creato il nuovo Casa di Carta.

      Elimina
  2. Intravedo da tutte le parti, con giudizi non unanimi, di certo una serie difficile da non vedere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sei tra i pochi che non l'hanno ancora vista, i numeri impressionanti che sta facendo mi fanno pensare a chi ancora manca...

      Elimina
  3. Iniziato ieri. Vibes della Casa de papel dappertutto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo, sì. Felice di essere meno sola nel mio cerchio.

      Elimina
  4. Il potere del paginone è sempre più potente, nemmeno i sottotitoli sono più un ostacolo ai più. Bene da un lato, preoccupante quando genera mode che dopo qualche giorno già mi hanno stancato.
    Fra un paio di mesi, lo so, be arriverà un altro.

    RispondiElimina
  5. Polpettone tra Mai dire banzai e Quattrocentociquantasei piccoli indiani, robe di plot inguardabili che neanche nella Casa di carta (come si introduce il poliziotto da ridere fino al giorno dopo), o il medico che toglie gli organi trovato tra i concorrenti.. ma cos'è? Dilettanti allo sbaraglio?!?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Del medico mi ero pure dimenticata, mal gestito come è stato. Sì, diciamo che l'idea per quanto non originale è buona, ma lo sviluppo di alcuni personaggi proprio no...

      Elimina
  6. Serie imperfetta, ma il sesto episodio è qualcosa di grandioso.
    Non sarà originalissima, però la particolarità di successi recenti come Squid Game o La casa di carta è riuscire a proporre storie già note in maniera locale, qui coreana là spagnola, e allo stesso tempo riuscire a renderle internazionali. Il tutto surclassando gli americani sul loro stesso campo da gioco. E questo per me è un merito non da poco.
    Poi ci sono i meme, le tute, i giochi, e il fatto che sia seguita pure dai bambini e sia un fenomeno sociale come per una serie TV non si vedeva forse dai tempi di Twin Peaks. E anche questa non è proprio una cosa da poco.
    Quindi, se non si era capito, viva Squid Game! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un giorno mi divertirò a studiare questi fenomeni improvvisi che Netflix crea, puntando su colori, maschere, sangue e ribellione. E sesso, nel caso di Bridgerton.
      Per ora, mi spaventa che nonostante molti difetti riesca a superare serie più notevoli, sono una snob, ormai non ci posso fare niente.

      Elimina