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16 giugno 2023

Rapito

Andiamo al Cinema

1859, Bologna
Un bambino viene rapito per ordine del Papa.
La sua colpa?
Essere stato battezzato da una serva.
A 6 anni, Edgardo Montara si trova strappato dalla sua famiglia e chiuso in un collegio cattolico dove inizia la sua conversione.
La sua colpa?
Essere ebreo.
Non possono che nascere conflitti, tra quella famiglia e la Chiesa, tra gli italiani e Papa Pio IX, e in quel bambino stesso, che non sa più chi è, in cosa credere.
Ne nasce un caso, internazionale, che solleva risentimenti e proteste, derisioni e attacchi contro quel Papa despota.
Ne nasce un film, finalmente.
Un film ventilato da Steven Spielberg prima, che rinuncia nel 2017 dopo alcuni sopralluoghi a Bologna, e che Marco Bellocchio, poi, ripensa e costruisce.


E cosa si può dire a Marco Bellocchio?
Classe 1939, ancora giovane, ancora curioso, ancora capace di stregare e di essere celebrato a Cannes.
Ha raccontato se stesso e la pagina più dolorosa della sua vita appena due anni fa con Marx può aspettare e ora torna su un rapimento.
Dopo quello di Moro, indagato e sezionato in un film e in una serie TV, sempre di fede cieca, di dogmi, di vani tentativi di mediazione, parla.
E di una Chiesa con le sue crepe, dove il potere si insinua, dove le ipocrisie vengono mostrate.
Ma qui c'è un bambino al centro, un bambino che cade e che cede, che rinnega e viene rinnegato.


Cosa si può dire, allora, a una ricostruzione certosina, a un'immersione nella Storia d'Italia e nella sua unificazione, ai viaggi via fiume, a una Roma decadente dentro chiese e stanze sacre?
Cosa si può dire a una famiglia che si divide e che lotta, che si strazia?
Cosa si può dire agli attori, da una Barbara Ronchi nel suo periodo d'oro a Fabrizio Gifuni trasformista a Paolo Pierobon che mette i brividi arrivando a Enea Sala e Leonardo Maltese che restituiscono la lotta interiore, i dubbi e le certezze di un bambino prima e di un prete poi?
E proprio Maltese, al suo secondo film, fa pensare a una ricostruzione simile, a un caso diverso ma non poi tanto, a un film che lo ricorda per cura, precisione e strascichi giudiziari, come Il Signore delle formiche.


Cosa si può dire?
Che tutto è perfetto, tutto segue un copione ben calibrato, che strega e che incalza, che ricostruisce e che denuncia.
Che avanza veloce ma approfondendo, che racchiude fatti storici e fatti popolari.
Un film solido, questo Rapito, una storia giusta, nelle mani giuste.

Voto: ☕☕½/5

5 commenti:

  1. Come fa a ottant'anni e rotti a non sbagliarne uno? Portentoso.

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    1. Lo dico piano, ma il suo Sangue del mio sangue lo ricordo come una gran noia da vedere a Venezia.
      Per fortuna, ha recuperato subito e non ne ha più sbagliati.

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  2. Ho paura che ricalchi incongruenze, ipocrisie e prese di posizione analoghe a quelle de L'ora di religione..

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  3. ... e pensare che non è nemmeno il miglior film di Bellocchio: ma come dico sempre, un Bellocchio "minore" è comunque "maggiore" della stragrande maggioranza di tutto ciò che passa in sala

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    1. Prometto di approfondire Bellocchio, primi film a parte e ultimi visti in sala, ho lacune clamorose.

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