Andiamo al Cinema
Lui è un regista che finito di girare il suo film ha la solita crisi personale. Solo non sa stare, si annoia facilmente, ha sempre bisogno di stimoli.
Lui, suo marito, è un'artista, è posato, è tranquillo. Noioso, viene definito. Chiuso, pure.
Lei è una maestra, donna sicura sicura di sé, che ad una festa sta con lui, il regista, e poi ci sta ancora e ancora. Mettendosi in mezzo ad un matrimonio in crisi, cercando il suo posto, non sapendo bene però dove sta andando.
È un triangolo pericoloso, quello di Passages, perché il vertice è instabile.
Tomas è un uomo che è ancora un ragazzino, è un personaggio egocentrico e poco empatico che non si fa problemi a confessare il suo tradimento, che chiede comprensione, che passa da uno all'altra appena una porta si chiude.
È lui il centro, loro -Agathe e Martin- stanno negli angoli pronti a rimettersi in gioco o a gettare la spugna.
Passages è una storia d'amore di chi ama essere amato, una storia aperta e sensuale che solo a Parigi poteva essere ambientata.
Tra locali polverosi, luci soffuse e appartamenti bohémien, anche se il triangolo è fatto da una francese, un tedesco e un inglese, diretti da un americano, Parigi è la cornice che come triangoli precedenti (i più recenti li hanno raccontati Garrel e Audiard) rende tutto più fascinoso e accettabile.
Poi ci sono Adèle Exarchopoulos, Ben Whishaw e Franz Rogowski (visto in Freaks Out, fra poco a Venezia con Lubo, che si sta costruendo una gran bella carriera) con il loro fascino, con la loro carica indie, che richiamano il pubblico tipico di Mubi, che regala alle sale questo film.
Abbondano le scene di sesso, abbondano i silenzi, i musi duri, gli schiaffi che una faccia da schiaffi si meriterebbe. E purtroppo anche una certa aspettativa, con la delusione che bussa nel pensare di trovare qualcosa di più.
In una storia piccola, che sta per implodere, c'è però l'occhio di un regista che poco lascia al caso.
Schiene, corpi, colori.
Colori forti che si susseguono e si scambiano di personaggio in personaggio, dall'arancio al petrolio, Ira Sachs rende unica ogni inquadratura e speciale un film che pur non raccontando niente di speciale -le insicurezze di un uomo, le vite che distrugge, i pezzi che si rimettono al loro posto- lo sa fare con gli attori giusti, l'occhio giusto.
Voto: ☕☕☕/5
Visto ieri. L'ho trovato terribilmente monocorde e per nulla intrigante come dice il poster. Salvo soltanto Franz, ipnotico.
RispondiEliminaBypasso volentieri
RispondiEliminaUn tipico film da Mubi, quindi dovrebbe essere un tipico film interessante :)
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