Upon Entry

Andiamo al Cinema

- Pronto Polizia.

- Oddio. Cos'è, uno scherzo social?

- No, è la polizia davvero.

- Oh, mi scusi, è che non ho capito com'è diventato virale questo modo di dire sui social che mi manda abbastanza sui nervi se devo dire la verità…

- Non lo dica a noi.

Siamo la polizia, comunque.

- Certo, dica.

- Chiedo, in realtà.

Dov'era ieri sera?

- Oh. Ero a casa, a guardare un film.

- Che film?

- Upon Entry, e pensi, c'erano dei suoi colleghi, sa, che facevano un sacco di domande.

- Che domande?

- Domande da frontiera. Erano la polizia di frontiera, in realtà. Colleghi comunque?

- Non proprio. Loro sono agenti dell'immigrazione.

- Ah, ecco.

- Comunque, chiedevano e mettevano sotto torchio questa coppia, appena atterrata da Barcellona a New York, in scalo per Miami, dove avevano intenzione di iniziare una nuova vita.

- E perché?

- Perché la nuova vita o perché li mettevano sotto torchio?

- Risponda ad entrambe.

- Oh, ok.

Allora, la nuova vita la volevano iniziare per essere più vicini alla famiglia di lui. Uno zio già stava a Miami e lui non era spagnolo, ma venezuelano a dir la verità. Lei, ballerina, aveva vinto la lotteria della green card, si erano sposati per farla ottenere anche a lui, architetto e volevano provarci a Miami.

Li vediamo andare verso l'aeroporto, li vediamo in aereo e poi fermi, alla dogana, per dei controlli scrupolosi.

E posso dire che con uno come Diego non riuscirei a stare?

No perché se rischi di dimenticarti il passaporto, e poi la penna, e poi il foglio di ingresso, e insomma, l'ansia è venuta a me vederli fare continuamente questi errori e queste mancanze…

- …

- Mi scusi lo sfogo, ho l'ansia del viaggiatore se esiste e posso chiamarla così. Il mio compagno può confermare.

- …

E?

- Ah, giusto. Perché li mettevano sotto torchio.

Li mettevano sotto torchio perché non tutto tornava nella loro relazione.

- Cioè?

- Non vorrei dirle troppo in realtà, so che è la polizia, ma se si vede il film (e glielo consiglio) e le spiego troppo le rovino la sorpresa.

Mi limito a dire che dei dubbi, nella loro relazione frettolosa, nel loro modo di approcciarsi, ci sono e crescono e cambiano man mano che gli interrogatori vanno avanti, assieme e separati.

- Capito.

E com'è che è finita a vedere un film così?

- Diciamo che mi intrigava.

Per la trama, per il fatto di essere uno di quei bottle movie tutti -o quasi- in una stanza, con pochissimi attori.

- Solo per questo?

- Sì, e perché il lavoro di Alejandro Rojas e Juan Sebastián Vásquez sembrava personale, la tagline sul poster diceva poi che era intrigante e sorprendente, insomma mi sono voluta fidare.

- Davvero, solo per questo?

- Ok, ok, lo ammetto.

È perché durava poco. Appena 74 minuti, un miracolo per i film che escono oggi che se non sforano le due ore non sono contenti!

- Per fortuna ha voluto fare chiarezza.

- E per fortuna i registi sono voluti rimanere serrati con i loro tempi. Anche se per così poco, a questa coppia ti affezioni, ai loro guai, al modo diverso che hanno di relazionarsi con chi li interroga, al loro destino.

E alla fine, beh, non sai da che parte stare.

Viene quasi da stare dalla parte della polizia, ah no, degli agenti di frontiera, per una volta.

- …

- Oddio, mi scusi. Non volevo essere offensiva, ma sa…

- …

- …

- Bene, vuole aggiungere altro?

- Beh, solo che la tagline aveva ragione, è davvero un film intrigante. Che con poco, con le giuste parole, cambia la situazione, cambia i fatti, e sa sorprendere.

- Bene, la ringrazio. A presto.

- Ehi, ehi, aspetti. Ma mi ha chiamato solo per questo? Per farmi parlare di un film?

- Certo. Mi sembrava un modo creativo e semplice per farle parlare di un film che parla attraverso gli interrogatori.

Ha funzionato?

Trailer

Voto: ☕☕☕½/5