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12 ottobre 2024

Kramer vs Kramer vs Roses

#LaPromessa2023

Da una parte abbiamo una coppia che si lascia. 
Bruscamente. 
Lei se ne va, lascia il figlio a lui che deve ricostruirsi una vita, deve pensare a tutto, essere padre finalmente e gestire il lavoro di conseguenza.

Dall'altra abbiamo una coppia che tanto si è amata e che infine non si ama più. 
Finito il progetto di una casa, di una scalata economica che tanto li ha coinvolti, guardano la realtà dei fatti.
È lei a chiedere il divorzio, lui a soffrire, la casa a essere contesa. In ogni modo.

Da una parte abbiamo Dustin Hoffman e Meryl Streep, due attori giovani, uno all'apice della carriera, l'altra ai suoi esordi nel 1979. Intensi, dietro e davanti le quinte, con lui a chiedere tanto, troppo, da tutta la troupe arrivando a usare metodi poco ortodossi e aggressivi, lei a subire schiaffi e bicchieri lanciati contro le pareti non previsti ma che aumentano effettivamente la tensione sullo schermo quando sono in coppia. Con il signor Hoffman a risultare un uomo capace di migliorare, di essere un padre imperfetto ma presente.

Dall'altra abbiamo Kathleen Turner e Michael Douglas nel pieno della loro forma. 
Belli e stronzi, viene da definirli, che danno vita a una gara di bravura degna della gara di cattiverie che i coniugi Roses portano avanti, in un'escalation di tiri sinistri che non sembra avere fine. O almeno, non uno lieto.
Giocano con i loro corpi, con il loro carisma, ed è uno spettacolo.



Da una parte abbiamo un regista, Robert Benton, che accetta di mettersi da parte, di far entrare proprio Dustin Hoffman nella fase di pre-produzione del film, che coinvolge Meryl Streep per dare alla sua Joanna un punto di vista davvero femminile, che una certa simpatia non è facile da dare a una madre che abbandona il figlio. 
Il copione, riscritto e condiviso, diventa così un'opera collettiva in cui si sentono il coinvolgimento emotivo e le prese di posizioni personali. E la cosa fa sicuramente la differenza.

Dall'altra parta abbiamo un attore che diventa regista per la seconda volta, Danny DeVito che la guerra dei Rose ce la racconta come narratore/amico/avvocato e che impegna i suoi colleghi di set in questa guerra. Teatrale e d'impatto, si ritaglia la parte dello sciupafemmine impenitente e del divorzista pentito, mica male.



Da una parte abbiamo toni drammatici ma in cui non mancano tocchi di leggerezza. 
Abbiamo un rapporto padre/figlio che si costruisce davanti ai nostri occhi, tra alti e bassi, piccoli e grandi incidenti, con una quotidianità che cambia e valori da rimettere in gioco. 
Abbiamo un uomo che dava per scontata la sua famiglia che si ritrova a costruirla, la famiglia, a rivedere il suo ruolo non più di lavoratore, ma di padre in primo luogo con il lavoro che non sembra conciliarsi con le problematiche dei genitori e un figlio che richiede più cure, più attenzioni, ferito com'è. 
Girato in ordine cronologico, il legame che si creare fra Hoffman e il piccolo Justin Henry sembra ancora più vero e speciale.
Ma c'è spazio anche per l'altra voce, quella di una donna incastrata in un ruolo in cui non si riconosce, che ha bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi per ritrovarsi. Con gli avvocati di mezzo a gestire confessioni a cuore aperto tra due ex che non hanno mai saputo come parlarsi.

Dall'altra abbiamo toni da commedia, da novella che assume pieghe grottesche con la violenza fisica, verbale, psicologica che mette i Rose in una guerra senza esclusione di colpi. 
Esagerano, eccedono, Turner e Douglas danno vita a una coppia incapace di comunicare ma solo di farsi del male. 
L'escalation a cui assistiamo ha dell'incredibile, con i comprimari a sparire dallo schermo, i figli non sembrano nemmeno contemplati e la ricchezza, il materialismo, il bisogno di possesso a far perdere la testa. Teatrale nel modo in cui questa storia ci viene raccontata, una lunga storia nella storia, dal finale amarissimo che quasi non ti aspetti, ma che sembra l'unico giusto, per quanto ancora strano, ancora oggi.



Da una parte hai una scena, quella di una colazione, anzi, due colazioni all'inizio e alla fine del film. Così diverse e per questo così speciali. Due momenti che dimostrano la crescita e l'unione che si è creata, l'evoluzione del film e del suo protagonista per cui trattenere le lacrime è impossibile.

Dall'altra hai una scena che non sembra vera per quanto esagerata. 
Hai una casa che diventa una prigione, barricate e nascondigli, tentativi di omicidio e salti nel vuoto e uno stallo aggrappati a un lampadario. Corpi sudati, corpi sfiniti, corpi che ancora non mollano.


Da una parte hai un film importante, un film bellissimo per quanto intenso e che a distanza di 45 anni esatti è ancora più attuale. Anzi, forse lo è più che mai con la questione della genitorialità, dell'importanza dei figli, a essere al centro di molti discorsi sui social ma poco nella politica.
Hai un film che appare perfetto, anche nelle sue imperfezioni che fa pensare alla Marriage Story che mi aveva spezzato il cuore qualche anno fa. 
Emotivamente impegnativo, decisamente indimenticabile anche se so di averlo visto in un'età sbagliata per cui i ricordi si erano affievoliti.

Dall'altra parte hai un film divertente, che ogni coppia sul punto di divorziare dovrebbe vedere come monito, un po' come cerca di fare il divorzista Danny DeVito con il suo silenzioso cliente. 
Hai una commedia che risulta divertente per come certa violenza riesce a renderla grottesca e stupida. In un'opulenza di materialismo e arrivismo che negli anni '90 avrebbe trovato i suoi apici. Magari con i suoi 35 anni, non è invecchiata benissimo visti i temi oggi spinosi, ma che visione spensierata riesce ancora ad essere!



Da una parte hai i Kramer, a cui hai voluto più bene.
Inutile nasconderlo.
Dall'altra hai i Roses, in cui non sai che parti prendere. E va bene così.
In entrambi i casi, hai due ottimi film, che era ora recuperassi!

2 commenti:

  1. Super sfida!
    Non ho visto nessuno dei due e quindi per me il film top sui divorzi resta Marriage Story, ma in caso di un recupero potrebbero farmi divorziare da quest'idea :)

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    Risposte
    1. Mi consola non essere l'unica con lacune così importanti! Visti questi, si capisce l'ispirazione -non solo personale- di Baumbach.

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