Andiamo al Cinema a Noleggio
Ancora a Los Angeles.
Ancora nel mondo non così fatato delle star e di chi le gestisce in quello che dovrebbe essere un tranquillo Garden Party.
Difficile che lo sia, se il matrimonio fra i padroni di casa Rose e Sammy non va a gonfie vele e la comunicazione agitata e stressata avviene solo in modalità terapia di coppia, e difficile gestire gli ultimi preparativi se un auto blocca l'ingresso continuando a suonare il clacson.
La non invitata del titolo è Helen, una vecchina con chiari segni di confusione, convinta di vivere ancora in quella casa, in attesa di un marito che però non c'è più e che non si sa come aiutare.
Sammy di certo non vuole saperne, ha i suoi affari, i suoi incontri, le apparenze da mantenere in una festa che per lui significa tutto.
Rose, invece, se la prende a cuore, ritrovandosi nelle confusioni di una donna che era una grande attrice, ora che ha sacrificato una carriera in caduta libera con l'apparire delle prime rughe per essere moglie insoddisfatta e madre capace.
Complica la serata la presenza di Lucien star di spessore, ex ingombrante di Rose con molto di irrisolto e che Sammy cerca di procacciarsi come cliente per salvare la sua, di carriera.
Insomma, siamo in un altro film che racconta il dietro le quinte di una Hollywood dell'apparire, delle crisi di mezza età e di attimi di momentanea poesia.
Siamo in quello che almeno per ritmo (piuttosto sfrenato in alcuni punti) e per toni (spesso esagerati, soprattutto se c'è di mezzo Walton Goggins nel personaggio dedito a sfoghi di rabbia che ormai gli è consono) sembra un altro episodio di The Studio.
Certo, Seth Rogen e Evan Goldberg lo avrebbero girato meglio, con lunghi piani sequenza, una probabile caduta su un tavolo e cammei più importanti.
Nadia Conners decide di essere più di classe, di abbandonarsi ai ricordi di una vecchina confusa che sembrano una metafora, che sembrano giocare con il tempo e con il sentire di un'attrice che non può più definirsi tale, se non lavora.
Certo, Elizabeth Reaser, attrice spesso di contorno, non sembra avere il carisma necessario per una protagonista definita magnetica e capace di cambiare una festa, o almeno la serata a Rufus Sewell, e lo si capisce non appena entra in scena Pedro Pascal nell'ennesimo ruolo -seppur piccolo- di un'annata che lo vede comparire praticamente ovunque. Ora che è tempo di recite di fine anno, state attenti!, dietro le quinte delle aule magna potrebbe comparire pure lui.
Come al solito, però, è capace di rubare la scena, di farsi l'amante perfetto e l'innamorato dal cuore infranto in un confronto che ricostruisce una storia d'amore e una vita intera e dà senso a questa festa e questa serata.
Poi, però, sparisce.
Probabilmente impegnato in altri tre-quattro set contemporaneamente.
Non torna più in scena e ci abbandona con un finale che sembra tronco, sospeso senza bisogno che lo fosse, forse solo per stare dentro i 90 minuti che ancora piacciono al cinema indie.
Sembra mancare qualcosa a questo dramma da camera -o da giardino-, quella spolverata magica che di solito rende magico un certo tipo di cinema che sembra in via d'estinzione.
Quello chiuso in se stesso e per questo più alto, quello che gioca con la sceneggiatura e con gli attori protagonisti in ruoli piccoli ma incisivi.
Una scrittura non banale, dialoghi serrati e dei personaggi che sanno mettersi a nudo, rappresentano comunque un rantolo che riesce a rinfrancare in mezzo all'azione e alle roboanti produzioni di oggi.
Anche se si deve scavare, per trovarle.
Voto: ☕☕½/5
The Studio sembra aver già fatto scuola, anche se questo film probabilmente, anzi sicuramente, è stato girato prima che uscisse :D
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