Pagine

27 agosto 2018

Il Lunedì Leggo - Tennis, TV, trigonometria e tornado... di David Foster Wallace

La prassi, dai tempi della specialistica, è questa: un DFW all'anno, uno solo, per rimandare un addio inevitabile, per centellinare i suoi scritti e poterne godere un po' più a lungo.
Quest'anno è toccato a un volume di saggi, e io che i saggi non so mai come approcciarli, peggio che con i racconti, temevo di trovarmi di fronte a qualcosa di complicato, soprattutto visto un titolo che richiama il tennis e la trigonometria, campi in cui non sono propriamente ferrata.
Ho cercato di partire avvantaggiata concedendo ad Agassi un sorpasso, ho cercato di mettere da parte timori visto quanto già la raccolta di saggi e articoli Considera l'aragosta mi aveva conquistato.
E così, mi sono fatta accompagnare da David alla scoperta del suo passato di giovane promessa del tennis, che il tennis lo studia in modo matematico e psicologico, aiutato dal vento e dal suo conoscerne la forza, la direzione, i mulinelli, con lui sono andata a spasso ad un Open canadese e in giro ad una classica fiera per contadini americani, e con lui sono finita sul set di un film di David Lynch.



Esperienze, quindi, più che saggi, con l'unico saggio della raccolta -E Unibus Pluram: Gli scrittori americani e la televisione- che arriva fuori tempo massimo, che si fa pesante nel raccontare a chi la TV ormai non la guarda più quello che la TV effettivamente è stata per una generazione, con un saggio però attualissimo se la parola "televisione" la si cambia con "social" (non a caso, già in questo saggio del 1990 si riportano osservazioni di scienziati che vedono nel futuro -il nostro oggi- una "cultura telecomputeristica" in cui abbonderanno le scelte disponibili) e che rapporta il farsi osservatrice e allo stesso tempo osservata da parte della TV, un mezzo efficace per uno scrittore contemporaneo che la sua contemporaneità, la cultura pop, vuole descrivere.


Esperienze, quindi, che è un piacere leggere.
E va bene, ci si perde un po' in quella matematica che DFW enumera ed elenca rapportata al suo gioco tennistico in gioventù, ci si perde un po' in quell'Open canadese alle calcagna della promessa del tennis Michael Joyce poi, purtroppo, tramontata (anche se risorta in veste di allenatore), trovando insperati riferimenti a quell'Agassi che ora si conosce bene, e odiato da Wallace proprio per quello che il tennista sembrava: un montato, un esteta appariscente, solo forma, niente eleganza.
Anche se, come si evince dai titoli, oltre il tennis e la pura osservazione c'è di più, ci sono riflessioni spontanee e profonde sulla vita stessa che sono una gioia da leggere, un po' meno -a quanto pare- da vivere sulla propria pelle.
[Tennis, trigonometria e tornado e L'abilità professionistica del tennista M. Joyce come paradigma di una serie di cose tipo la scelta, la libertà i limiti, la gioia, l'assurdità e la completezza dell'essere umano]

Si ride e si ha compassione per lui, inviato nuovamente da Harper's (come già in quella divertentissima crociera) questa volta in una fiera in cui osservare la provincia americana nel suo massimo splendore, che consiste in cibi ipercalorici, in caldo asfissiante, in animali in bella mostra e giostre pazze in cui, come ben dice, si paga per provare la sensazione di essere vivi.
[Invadenti evasioni]

Ma, ovviamente, sono le pagine e le riflessioni dedicate a Lynch che più conquistano, è la visita ad un set stranamente non blindato, alla ricerca di pubblicità, in cui più si ride, più si apprezza il genio e la capacità di osservatore di Wallace, che critica, giudica, teorizza sulla filmografia di Lynch fino appunto al Strade Perdute in lavorazione.
Geniale nella forma a capitoli in cui è scritto, nei titoli di questi capitoli e nelle divagazioni che ovviamente anche qui prendono piede (comprese quelle sulla vita e i modi di Los Angeles, tra mendicanti e centri commerciali deserti).
[David Lynch non perde la testa]

Esperienze all'apparenza semplici, ma che filtrate dal suo sguardo e dalla sua penna, si fanno viaggio, si fanno doppia esperienza per chi ne legge, finendo catturati da un'ironia che regala risate sonore (e no, non mi capita spesso di ritrovarmi a ridere sonoramente con un libro, figurarsi con una raccolta di saggi) e da una bravura tecnica, stilistica, di sguardo e di sua condensazione che ogni anno sanno rendermi invidiosa, sanno farmi innamorare e aspettare pazientemente.
Perché di salutarlo per sempre non so quando sarò pronta.

2 commenti:

  1. Considerando che io e Lynch non tanto ci prendiamo (meglio, non ci capiamo) e che DFW devo ancora scoprirlo dal nuovo, meglio partire da qualcos'altro andando a rileggere i tuoi post degli anni scorsi per scegliere bene. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti consiglio di scoprirlo prima con i romanzi e poi con i saggi per conoscere bene la sua voce. Qui, in una raccolta variegata, c'è tanto, e nel set di Lynch in cui pure Lynch viene preso in giro e analizzato, c'è tanta, tanta bellezza e genialità.

      Elimina