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9 dicembre 2018

La Domenica Scrivo - Storie (di) Animali

Mai come in questo periodo sono stata così spesso dal veterinario.
Tante piccole disavventure, qualche lutto che ancora fa male.
Ma mentre ero lì, in attesa nella sala d'attesa, mi guardavo attorno, ascoltavo, cercavo nelle storie degli altri un po' di forza, un po' di bellezza.
Andando a ricordare anche altre storie, che raggruppo qui, in una Domenica più sonnacchiosa del solito, pure un po' più buonista. Sarà il Natale che si avvicina, sarà che ce n'è bisogno.



Me lo dico sempre che gli animali sanno dove andare, che sanno che casa cercare, occupare.
Sarà il loro sesto senso, sarà che ho ancora fiducia nel mondo. Ero lì, che aspettavo il mio turno con Baghera nella sua cesta, mentre una micetta minuscola -ma minuscola davvero- se ne stava appollaiata sulla spalla di una signora. Non ne voleva sapere di mangiare, e capitata com'era nel giardino di questa coppia anziana, che se la coccolava, se la stringeva al petto preoccupata, ora era lì per stare meglio.
Lui più burbero del necessario, si è poi sciolto raccontandoci la loro storia, i cani che ospitavano, la cucciolata capitata lì, per caso, o forse no. Il responso era semplice: insistere, solo questo bastava, e avere fiducia. Come quella gattina aveva avuto con loro.

C'era poi un cane, un vecchio cane, arrivato avvolto in una coperta in braccio alla veterinaria stessa.
Aveva 21 anni.
Se ne stava andando.
Una vita lunghissima la sua, ma più lunga ancora quella della sua padrona, che aveva più di 90 anni, che aveva da poco salutato il marito.
Lo immagino come il loro ultimo figlio, come il nipote in più, pur non avendoli in realtà né visti né conosciuti.
Lavoro di fantasia, come sempre faccio, immaginandomi la vita degli altri. In questo caso quella di una coppia semplice, del loro cane, che han vissuto una lenta anzianità assieme.

La mia di esperienza dal veterinario sa anche di tragicomico, per fortuna.
Con Sandie che, bella com'è, smaltita la gravidanza si ritrovava già attorniata da pretendenti, il che vuol dire sveglie all'alba con i miagolii e la paura di avere un'altra cucciolata non propriamente desiderata da gestire.
Prendo appuntamento per la sterilizzazione allora, scelgo l'orario più comodo, quello in cui lei cascasse il mondo torna a pranzare. Va da sé che proprio quel giorno non torna, non si fa vedere fino a sera. Ho poco da chiamare, da usare i mici come esca.
Sembra sapere cosa la aspetta.
Annullo l'appuntamento, ne prendo un altro.
Ed è la stessa storia, anche se l'orario l'ho scelto più giusto, con tutto il tempo per lei di farsi vedere e chiudere in una stanza in attesa del trasportino.
Ma niente, ancora una volta, e solo per quel giorno, sparisce nel nulla.
Annullo e ne prendo un altro, e questa volta non mi faccio fregare, nella stanza la chiudo dalla sera prima, lei non ne soffre, dormicchia e approfitta delle coccole.
Tutto va bene, e anche se ora per protesta, per l'inverno, la pancia ce l'ha piena e cicciotta lo stesso, sono più tranquilla io, è più tranquilla lei.

Non solo veterinario però.
Prima che il mese più nero avesse inizio, poco prima anzi, io e il giovine siamo andati al canile convinti di tornarcene e casa con un cagnolone, di trovare quello giusto non tanto per noi, ma per i nostri gatti.
Le discussioni sono state lunghe: lui vuole un cucciolo, io un cane anziano, lui ne vorrebbe uno almeno un po' giovane, io sceglierei il più sfortunato, il più bisognoso.
Ovvio che arrivare con queste pretese non ha aiutato, ovvio che avere mici piccoli in casa complica le cose e la fiducia. E così dei tanti ospiti solo due potevano andare bene. Fosse per me, avrei portato a casa tutti, ma il giovine è più pragmatico, il volontario del canile più intelligente. E così, anche se c'avevano conquistato, anche se le intenzioni parevano buone, né un bellissimo simil pastore belga né un segugio sono venuti a casa con noi.
Ci siamo presi del tempo per pensarci, ma nel mentre Ciambella anche per colpa di un cane se n'è andato, e ogni discussione è stata rimandata a primavera, con meno tristezza nel cuore, con Pancho già più grande e coraggioso, si spera.
La buona notizia è che il simil pastore una casa l'ha trovata, il segugio pure, anche se se n'è scapato quasi subito e ora lentamente si sta riprendendo dalla fuga, dallo scontro con un auto, con me a fare il tifo per lui.

Finché eravamo lì, indecisi e affascinati a coccolare chiunque, un miracolo è successo.
In quel canile vado almeno una volta l'anno, per mercatini, per piccoli momenti di beneficenza.
Da lì arriva il buon Ugo, e ogni volta mi faccio del male, facendomi mostrare gli ospiti. E da almeno 6 anni a questa parte, il cuore si stringeva di fronte a Snoopy, un cane che non amava essere coccolato, nemmeno toccato, che stava in canile da tutta la sua vita, prima solo una casa ancor più zeppa di cani, con cui azzuffarsi.
A ottobre era ancora lì, Snoopy, l'unico di quella casa a non aver trovato famiglia.
Ma una speranza è arrivata, sua sorella è tornato a trovarlo e ho assistito al primo approccio, al primo incontro. Dopo anni di separazione, dopo anni in cui la vita dei due è stata completamente diversa, potevano tornare insieme, se l'amore -ma diciamo pure la tranquillità- scoccava.
Così sono stata come i volontari con il fiato sospeso, assistendo all'emozione di un momento tanto importante, ho sentito la speranza, la paura, e infine, sulla pagina FB del canile, la buona notizia: sì, Snoopy e la sorella andavano d'accordo, sì, Snoopy aveva trovato casa, ritrovato la sua famiglia.
E, anche se un cane ancora non ce l'ho, anche se il giovine insiste per un cucciolo, io pretendo di salvare qualcuno, queste notizie ci hanno scaldato il cuore.

Voglio concludere con una storia che non so nemmeno se ho il permesso di raccontare. Una storia riportata a più voci, che appartiene al passato. Ma una storia che, nonostante risvolti che hanno del macabro, sa essere bellissima.
C'era una volta un bambino, un bambino di una famiglia numerosa, non propriamente benestante. Erano anni in cui anche avere un animale era un lusso, ma quel bambino amava i gatti, invidiava i compagni di scuola che li avevano, li cercava in giro per poterseli coccolare.
C'era un modo per avvicinarli: dar loro del cibo.
E allora, quel bambino che il cibo non sapeva come trovarlo, ma sapeva procurarselo, usava le galline degli altri. Le rubava, le uccideva, le offriva a quei gatti randagi, a quei gatti che si avventuravano in giro per campi alla ricerca di qualcosa da mangiare. Così conquistava la loro fiducia, così se li coccolava.
E così nasceva la leggenda in paese di una volpe, di un ratto che le galline le prendeva, le svuotava delle loro interiora e le lasciava in giro. Una storia che pure mia nonna ancora mi racconta, preoccupata per le sue galline nella stagione di magra, ignara della verità, del vero responsabile.
Ora quel bambino è diventato grande, è diventato anziano. Si potrebbe dire che è rimasto solo, invece la sua vita, la sua casa, appena ha potuto si è riempita di gatti, senza più spargimenti di sangue, senza più paure questa volta.
Mentre la sua leggenda continua.

3 commenti:

  1. Ciao Lisa,
    l'articolo che hai scritto è davvero toccante. Personalmente chiudo questo 2018 con una minuscola quanto mai profonda perdita. Sai quando ti affezioni nel giro di pochissimo tempo? Ecco, vedere il tuo animaletto soffrire e vedere che poco si può fare, penso che sia una delle cose più brutte del mondo. Vivo col mio fidanzato e a volte ci sembrava di esserci rincretiniti, quando per casa non c'era più e noi "lo vedevamo con la coda dell'occhio".
    Insomma, sono tutte storie che se le racconti a chi non ha mai avuto un peloso vicino a sé non ti crederà mai o ti giudicherà "troppo esagerata", ma è come dici tu: "gli animali sanno dove andare, che sanno che casa cercare, occupare."
    Grazie per questo bell'articolo letto in questa grigia domenica di dicembre!
    Un abbraccio cara, a presto!

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    1. Capisco benissimo e ti ringrazio, sapere che questo post un po' buonista è servito mi fa stare bene. E sì, capita ancora di vedere/immaginare quei gatti che non ci sono più dietro l'angolo. Ogni volta un tuffo al cuore.

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  2. Per il momento abbiamo stretto il patto di prima un cucciolo -così da far abituare i gatti- poi dopo qualche mese il cane dal canile. Felici entrambi, scossoni meno traumatici per tutti.

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