Pagine

20 agosto 2019

Euphoria

Mondo Serial

Le serie teen non sono più quelle di una volta.
Non possono più esserlo, non dopo Euphoria.
Prendete Tredici, che già sembrava un passo avanti nel mostrare i drammi, gli amori tragici, le forti amicizie degli anni del liceo americano. E accelerate su tutto. Sulla storia, sui personaggi, sui colori, i trucchi, le interpretazioni e la regia, soprattutto.
Prendete Sex Education, retrò ed edulcorata, e filtratela con colori fluo e con ombre, accelerando anche lì, a quelle lezioni e declinazioni del sesso.
Prendete tutto il resto, tutti i Dawson, i Ryan, l'élite di Manhattan e le piccole bugiarde, e dimenticatele.
Qui si è ad un altro livello, si è su un altro pianeta.



Anche se a ben guardare, le storie sono quelle.
Di amori contrastati e quella regola dell'amico che ha sempre ragione, di genitori opprimenti, di un lui violento e una lei di facili costumi, di una nuova consapevolezza del proprio corpo, del sesso come scoperta e come potere, di una gravidanza inattesa e un ballo scolastico a unire destini. In mezzo tante, tante droghe, alcool, feste e personalità nascoste.
La serie teen per la generazione fluida di oggi non perde tempo a parlare di accettazione della propria identità e di bullismo vario, accelera anche su questo, senza stare a perdere tempo in coming out o dichiarazioni. Ma entra nel vivo con una storia di violenza, di ricatti, di doppi giochi e perversioni che sa come far odiare il solito bello della scuola (Nate), sa come avere facile presa.
Ma, sopratutto, c'è lei.
C'è Rue.


Diciassette appena uscita dal rehab dopo un'overdose quasi fatale, che tutto ci racconta, senza filtri. Elenca i suoi medicinali preferiti, racconta della sua depressione, di quello che gli amici fanno.
E cerca di sopravvivere.
Dimenticando gli insegnamenti e le regole di una madre e dei dottori prima, e solo per amore cercare di restare pulita poi.
Non è facile.
Non per una come Rue. Che soffre, da sempre. Che si annoia, che sbuffa, ma che diventa più responsabile, più innamorata.
Rue, o meglio, Zendaya diventa così l'idola, l'icona, di una serie e probabilmente anche di una generazione. Stropicciata e bellissima, protettiva e fragile.
Il resto del cast è perfetto: la lanciatissima Sydney Sweeney, l'esordiente Hunter Schafer, il camaleontico Jacob Elordi, o ancora Barbie Ferreira. Tutti chiamati a superare i propri limiti. Tutti impressionanti.


Ne parla Xavier Dolan (QUI), e arriva dritto ad un punto.
Ne scrive meglio, ne capisce meglio. Parla di traumi, di tutti questi traumi che questi adolescenti si ritrovano a dover affrontare. E dei diversi modi (tra rabbia, droga, violenza e metamorfosi) con cui decidono di affrontarli. E dice di più. Dice come certe opere (diverse, forti, a cui ci si relaziona anche se non si è più adolescenti) lasciano addosso una carica creativa, una scintilla di bellezza da condividere.
E tutta questa bellezza non ci sarebbe se a creare (pur partendo da una serie israeliana), produrre, scrivere e in parte dirigere non ci fosse Sam Levinson.
Che dà colore, musica, trucco a questi personaggi strani, unici.
Un look a 360 gradi, una regia che in queste luci e in questa musica meravigliosa sguazza, sorprendendo ancora e ancora con liste, graphic novel osé (per la gioia delle directioners), lezioni improvvisate, citazioni pop (da The Wire a Romeo+Juliet) e infine un numero musicale che fa scattare gli applausi.
L'unico neo in una serie che si beve in una sola sorsata è forse proprio in quel finale, al di là dell'intensità innegabile di All For Us, in cui probabilmente per lasciare sostanza alla già confermata stagione 2, tanto resta in sospeso e qualcosa si allunga.
La scelta varrà sicuramente la candela, perché davvero una serie teen così -seria, adulta, iconica- non la si vedeva da tempo.

Voto: ☕☕☕☕½/5


4 commenti:

  1. A oggi, la mia preferita di quest'anno.
    Veramente potente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mettimi un voce fuori campo e avrai la mia immediata attenzione, sii così unica e potente e sì, il podio è già suo.

      Elimina
  2. Già come serie teen, va bene, almeno per quanto mi riguarda. Qua però si va oltre il genere teen e si entra nel territorio del cult totale.
    Non sapevo che tra i follower ci fosse pure Xavier Dolan, e ancora una volta c'ha preso.
    Vedremo agli Emmy il prossimo anno se avranno il coraggio (cosa possibilissima) di ignorare la performance di Zendaya... Magari riusciranno a trovare il modo per candidare ancora Game of Thrones. :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah, gli Emmy sono almeno riusciti a ricordarsi di Sharp Objects anche se la concorrenza è agguerrita. Zendaya si rifarà ai Golden Globe? Lo spero. Se li merita tutti i premi.

      Elimina