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19 agosto 2019

Il Lunedì Leggo - Buonanotte, Signor Lenin di T. Terzani | Sovietistan di E. Fatland

Ad un viaggio si deve arrivare preparati.
Ad un viaggio devono corrispondere letture a tema, per accompagnarti in quei luoghi, per spiegarteli e farteli conoscere sotto una luce diversa, occhi diversi.
Lo penso da sempre, lo metto in pratica da un po'.
Per un viaggio diverso, strano e complicato come quello attraverso gli Stan, avevo bisogno di guide esperte oltre a quella coppia di amici che il viaggio aveva pensato e organizzato.
Avevo soprattutto bisogno di saperne di più su quelle ex Repubbliche Sovietiche che non sapevo ancora dove collocare su una cartina geografica.
Mi sono informata, allora, sono andata in libreria e visto che le Lonely Planet non mi piacciono, a una semplice guida turistica mi sono affidata alla narrativa di viaggio.
Reportage, diversi tra loro, ma che raccontano e affrontano quanto compiuto da due giornalisti.
Il primo: Tiziano Terzani.



Quel Terzani diventato narratore simbolo, nome altisonante con cui mai mi ero approcciata e che guardavo con un po' di spocchia, non certo reverenza.
Ho scoperto invece una voce bellissima, un giornalista che alterna confessioni intime, riflessioni, esperienze e pagine di storia incantando.
Il suo viaggio non inizia in quegli Stan, ma parte dal fiume Amur che si trovava ad attraversare nell'agosto del 1991 quando l'U.R.S.S. cessa di esistere. Un colpo di Stato, arginato, prima. Una dimissione poi, e un mondo che cambia completamente sotto i suoi occhi. Nuovi confini da definire, nuovi Stati che nascono e che devono ora fare i conti con questa loro nascita: con un'indipendenza e un comunismo che non c'è più.
Non ci pensa due volte Terzani, e invece di puntare dritto a Mosca dove il resto dei giornalisti si sta dirigendo per raccontare il cambiamento, lui decide di fare il giro largo, di prendere la strada più lunga, di attraversare Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan ma anche Georgia, Tagikistan, Turkmenistan scoprendo quell'Unione che tanto faceva paura all'occidente dagli anni '70 in poi. Scopre così un popolo povero, scopre un'economia al collasso, parla con esperti e semplici abitanti disillusi e con dittatori dalla fede cieca nel loro potere.
Si scontra con una burocrazia con cui si fatica a venire a capo, con facciate e maschere tenute ben alte a nascondere la polvere e quel cadavere che è il comunismo che non è nemmeno così fresco. Lì.
Il suo reportage, il suo viaggio lungo due mesi, è commovente da leggere. È istruttivo soprattutto, più di una guida, più di  una lezione a scuola. Spiega, mostra e racconta con intimità una pagina di storia così recente e di cui niente sapevo. E finisce lì, in quella Mosca desolante, al cospetto di quel Lenin le cui statue si stanno abbattendo una dopo l'altra, augurandogli una buonanotte eterna.


Diverso, come detto, Sovietistan.
Diversi gli anni in cui Erika Flatland -studentessa norvegese- decide di intraprendere il suo viaggio. L'obiettivo è proprio scrivere questo reportage. Lo fa muovendosi fra i 5 stati in 5 mesi (spezzettati però, con la calda estate evitata e per questo un po' meno magico nel suo svolgimento), lo fa nel 2013.
E sorprende -ma fin là- ritrovare i nomi di quei dittatori che già Terzani aveva intervistato. Ancorati al loro trono, al loro potere.
La storia che Erika racconta è la stessa, ma cambia il tono, cambia la capacità di narrazione. Più didascalica, più fredda e oggettiva.
E cambiano anche quelle esperienze private e intime che si condividono.
Il tono e le concatenazioni sembrano così perfette da essere costruite. Le vicissitudini vissute quasi appositamente per finire qui, in questo resoconto in cui tanto si taglia, tanto sembra restare fuori. Anche delle semplici spiegazioni su interviste mancate e fatti storici mai chiariti e rimasti in sospeso (come quello della comunità tedesca in Kirghizistan). I resoconti  migliori sono quelli che riguardano l'universo femminile, con i racconti da brividi del ratto delle spose -nonostante il divieto per legge, ancora uno dei modi più diffusi per contrarre un matrimonio sempre in Kirghizistan.
Ma arrivando dopo Terzani, la voce della Flatland appare debole, la storia che racconta già conosciuta, il suo interagire con i locali, meno di pancia.
Letto tra un aereo e l'altro, tra una notte in hotel, in ostello o in yurta e finito nella lunga traversata in autobus tra Kirghizistan e Kazakistan, l'esperienza di Erika è parsa più intensa della mia, ovviamente, e più ricca. Ma raccontata in modo meno coinvolgente di come avrei preferito da un compagno di viaggio.

2 commenti:

  1. Pure io di Terzani ho sempre sentito parlare, ma non ho mai letto niente. Per il momento continuo a guardarlo con un po' di spocchia, anche se so che me pentirò... :)

    Non avendo in vista un viaggio negli "Stan", comunque, mi sa che per il momento posso fare a meno di queste letture. In futuro, nel caso, potrebbero ritornare utili...

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    1. Direi che sono libri mirati, o un viaggio in programma o un approfondimento su pagine di storia a noi sconosciute. In ogni caso, a sorpresa, letture che si fanno divorare ;)

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