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25 maggio 2020

Il Lunedì Leggo - Le intermittenze della morte di José Saramago

A sorpresa, durante la quarantena, a ritornare al primo posto in classifica dei libri più venduti è stato Cecità di José Saramago.
Un romanzo del 1995, che racconta di un mondo allo sbando, dove un virus inarrestabile ha reso cieca buona parte della popolazione.
Una nuova società, spietata, nasce dai saccheggi, dagli incendi di quella appena finita.
Purtroppo, a suo tempo, al libro ho preferito vedere il film.
Che non è che mi avesse convinto, non è che mi avesse fatto venir voglia di scoprirlo su carta.
Un premio Nobel, poi, fa sempre un po' paura.
Con L'Anno della morte di Ricardo Reis l'impresa non era stata affatto facile.
Impegnativo è l'aggettivo che meglio lo descrive.
Ma se i più sono andati a scoprire cosa poteva esserne del nostro mondo con tutte le regole da dover riscrivere in caso di una pandemia, io sono andata a togliere dalla polvere della biblioteca Le intermittenze della morte, trovato al solito mercatino dell'usato e (se a qualcuno interessa) ora fra le proposte scontate di Feltrinelli.



E mi sono trovata di fronte ad un romanzo bellissimo.
Un romanzo che non ha un protagonista, almeno non fino a pagina 140.
Un romanzo che racconta un mondo opposto rispetto al nostro oggi:
scocca la mezzanotte del 31 dicembre e non muore più nessuno.
Non una vittima, non uno spegnimento.
Niente.
Non in questo paese senza nome, dove chi era pronto ad andarsene, chi subisce un danno che prima lo avrebbe fatto morire se ne sta in un limbo, sospeso.
Ma l'arrivo dell'eternità non è quella bella notizia che tutti si aspettano.
Chi si prenderà cura di questi moribondi?
Come gestiscono gli ospedali, le case del felice occaso, un numero sempre in crescita di degenti?
E le pompe funebri, come sopravvivono in un mondo in cui tutti sopravvivono?
E le assicurazioni, come rientrano dal contraccolpo economico di chi aveva assicurata la vita?
E, infine, la stessa Chiesa Cattolica che sulla morte basa la sua religione?
La politica e la stampa cercano di rispondere, a suon di compromessi sottobanco e titoli sensazionalistici.


Le questioni economiche e politiche vengono risolte tramite raggiri di legge, grazie all'intervento della mafia.
E di una famiglia che porta l'esempio, che libera dalla sospensione un nonno e un figlio semplicemente attraversando il confine.
Ne nascono stratagemmi e nuovi pizzi da pagare, potrebbe pure nascerne una guerra con i Paesi in cui ancora si muore, ma si respira.
Finché la morte con la "m" minuscola decide di tornare, ma cambia le regole.
D'ora in poi avviserà tramite lettera (di colore viola) chi dovrà morire, che avrà così 7 giorni di tempo per prepararsi, per risolvere le questioni in sospeso, salutare i propri cari.
E diventa lei, quasi ormai alla fine, la protagonista di un romanzo che si sofferma finalmente sul particolare, presentandoci un violoncellista la cui lettera continua a tornare al mittente e che si deve, si vuole, conoscere.


Saramago è un premio Nobel non per caso.
Il suo stile è di quelli che incantano, una volta che ci si fa l'abitudine.
Flussi di coscienza con pochissimi punti, tantissime virgole, e pagine intere senza bisogno di sosta, di dialoghi segnati, che lasciano senza parole.
Più della storia così particolare, analizzata e pensata con originalità, in cui trovano posto i pensieri di un cane, i più ovvi dubbi che lo stesso lettore può sollevare, è come questa storia viene raccontata a fare la differenza.
Mi ripeto: Saramago è un premio Nobel non per caso.
E scrive un finale che chiude un cerchio, e diventa fra i più belli che ho incontrato.

2 commenti:

  1. Autore che non ho mai letto purtroppo. Partirei da Cecità, ma il 2020, causa tematica pandemia non mi sembra l'anno buono!

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    1. Nel mio piccolo delle letture a tema ho voluto affrontarle in queste settimane, trovando i romanzi più angoscianti del dovuto. Ma almeno così certi titoli fermi da tanto li ho potuti rispolverare, affrontando certe paure.
      Questo, molto, molto più di Ricardo Reis, strega con facilità.

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