Andiamo al Cinema
Arriva per tutti i registi il momento di fare un'analisi su di sé.
E dopo la pandemia, sembra essere arrivato per molti.
Mi tocca ripetermi, ma dopo Sorrentino, Paul Thomas Anderson, Linklater, Branagh passando pure per l'onirico Iñárritu e ovviamente Spielberg, ora è il turno di Gabriele Salvatores di mostrarci il suo rapporto con il cinema, la sua idea di cinema. Senza però andare a scavare nella sua infanzia, decide di parlare direttamente della sua vecchiaia.
Portando avanti un discorso a specchio dove tutto è un simbolo.
Perché c'è un Casanova, ormai anziano, che fugge dalle carceri di Venezia e si fa ospitare dall'amico Olivo, dove capisce che il suo fascino si è oscurato, dove il mondo che lo circonda è truccato, e pure lui per conquistare la bella di turno, deve truffare.
E poi c'è un regista, che questa ultima avventura di Casanova deve finire di montarla per presentare il film proprio a Venezia, alla Mostra, ma si fa prendere dalla noia, dalla disperazione, dalla sensazione di essere troppo vecchio pure lui per afferrare l'ultimo scampolo di felicità che è una ragazza, più giovane, conosciuta durante le riprese.
Chi è, quindi, Salvatores?
È un Casanova che non vuole cedere, che arranca e sopravvive?
È un Leo Bernardi, considerato un Maestro ma che non accetta allievi, che non prende decisioni, che lascia tutto in mano al montatore di fiducia mentre pure la sua casa si ribella alla sua malinconia?
O è entrambi, semplicemente, nel ritorno a un cinema più serio, con attori più impegnati, con una sceneggiatura doppia e corposa che è sì metafora, ma che è un gran bell'esperimento di metacinema come già lo era stato Happy Family?
Dopo commedie più o meno riuscite, dopo adattamenti capaci di emozionare, Salvatores torna a una dimensione più cinematografica e seria, rimettendosi in discussione.
Facendosi più serio anche, ma non serioso. Anzi, prendendo in giro quei difetti che sono di un Bernardi indolenzito e pigro.
Sono così perfetti nelle parti un Fabrizio Bentivoglio appesantito e coraggioso, e il solito Toni Servillo d'alto rango, con una faccia che è una maschera, con un ruolo che gli si cuce addosso.
Poi ci sono le piccole comparse che impreziosiscono, e c'è Sara Serraiocco che con il broncio si impone, e la spalla comica Natalino Balasso a cui basta un cenno per portarci dalla sua parte.
Si passa dal colore, che è vita, che è il film in fase di montaggio, al bianco e nero patinato che è la disperazione di chi non sa che vuole, si sente venerato ma superato.
Si passa dalla banalità di un'ultima avventura per un uomo che non ha più fascino, a disavventure tragicomiche per un regista che non sa dire addio al suo film.
Un vecchio leone che a sorpresa sa ancora ruggire, con un film magari imperfetto, ma personale.
Voto: ☕☕☕/5
Ottima recensione complimenti, film segnato, lo voglio vedere 😊
RispondiEliminaGrazie! Un Salvatores di nuovo in forma ti aspetta.
EliminaEro indeciso se andare a vederlo, questa tua recensione mi ha decisamente incuriosito. Buona Pasqua!
RispondiEliminaNon è riuscito al 100%, ma questi giochi con il cinema stuzzicano e fanno di due film in uno un bel racconto.
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