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14 novembre 2023

Winning Time - Stagione 2

Mondo Serial

Avevamo lasciato i Lakers in ottima forma, avevano vinto il campionato, avevano trovato il loro ritmo e il loro allenatore dopo una serie di infortuni, di sostituzioni, di battibecchi interni e di una gestione non proprio lungimirante da parte di un rookie come Jerry Buss.
E ora?
Ora veniamo catapultati nel 1984, sono passati tre anni, si sta scappando a gambe levate da Boston.
Perché si è però in modo vergognoso?
No, il contrario, perché si è vinto, nella casa dell'avversario, e sono tutti furiosi.
Ma che è successo, nel mentre?


Ci butta subito in mezzo all'azione la serie HBO che ha sfruttato l'effetto Last Dance e ha riportato il basket sul divano di casa di molti.
Non perde tempo, e questa volta deve condensare in appena 7 episodi non una, non due, ma tre stagioni.
Perché c'è poca carne al fuoco?
Certo che no, perché purtroppo la serie è stata cancellata e si è cercato di essere più completi, per quanto possibile.
Troppo costosa, viene da pensare visti i nomi coinvolti, lo stile scelto e la colonna sonora da invidia.
Troppo criticata, soprattutto, da chi si è visto ritrarre in modo piuttosto libero e ha deciso di puntare i piedi contro HBO stessa.
Ma guardiamo al risultato, che anche se corre veloce, anche se salta partite, incontri, finali e allenamenti, punta tutto sui personaggi giusti:


1. Earving "Magic" Johnson, sul suo sorriso sornione, sul suo elevarsi sopra gli altri, essere l'io in un team che inizia a stare stretto. Anche da infortunato, ha più attenzioni, anche se gioca male, guadagna più degli altri e lo spogliatoio non è più lo stesso. La vita privata si prende anche troppo spazio, ma meno di un tempo in fatto di passione verso il mondo femminile, giudicata leggermente esagerata dal diretto interessato.
2. Larry Bird, poi, il suo eterno rivale, uno la benzina dell'altro a fare degli scontri diretti Lakers-Celtic delle partite infuocate fuori e dentro il campo. Unico flashaback, il suo in un episodio che fa anche del cattivo della situazione un personaggio a cui non riuscire a voler così male.
3. Jerry Buss ovviamente, magnate con le mani bucate, con il cuore da sistemare e la famiglia da tenere salda. Quella vera, con figli viziati e risentiti, e quella che si è creato dentro uno spogliatoio, che cerca un padre nella figura di un capitano come Kareem acciaccato dall'età, e un padre dal pugno di ferro poi, che non sembra essere il troppo matematico Paul Westhead, ma che deve diventare il troppo amichevole Pat Riley.


La spensieratezza della prima stagione sembra per forza di cose dover cedere il passo a un'età più adulta, a personaggi e persone che devono mettere giudizio e che devono far brillare il loro talento ora che non è più una novità.
Condensa e corre veloce, allora, questa stagione che sa come scegliere i punti chiave in mezzo a tanti, troppi fatti da raccontare.
Che mette da parte molti personaggi ma non un lato tecnico che resta vincente tra sguardi in macchina, cambio di filtri, pattini che portano dentro l'azione che spesso viene sacrificata ma che nel finale si prende lo spazio che merita.
Veloce ma comunque esaustiva, viene da pensare che da un'unica stagione conclusiva come questa potevano nascerne almeno altre 3, per non parlare del "poi" che resta relegato alle scritte in sovrimpressione e che Cassidy dimostra di conoscere e di rimpiangere, perché eccome se ce n'erano di cose da raccontare!


Si sono pestati troppi piedi, forse.
Ci volevano un po' troppi finanziamenti in un mondo televisivo che inizia a chiudere le tasche.
Ed è un peccato, perché se una storia vincente come quella dei Lakers di Buss doveva essere raccontata, era proprio così.
Temo una docuserie, temo un altro tentativo che non avrà mai la stessa brillantezza, la stessa scelta stilistica che riporta negli anni '80, gli stessi attori perfetti.
Chi la vince la gara di bravura tra John C. Reilly e Adrien Brody, chi tra gli esordienti Quincy Isaiah e Solomon Hughes? Come far pace con quel piacione di Jason Segel, finito nel lato dei cattivi?
Sono pronta a cambiare idea in futuro, per ora rimpiango solo la fine affrettata di una serie che prometteva di raccontare anni vincenti e si conclude con una sconfitta.
Ma atteniamoci alle parole dell'allenatore (per la serie, per le series del 1984): se si è dato tutto, non si è mai dei perdenti.

Voto: ☕☕½/5

1 commento:

  1. Giovine e suocero (ex giocatore) mi stanno istruendo bene, e continueranno a farlo ora che HBO mi ha tolto questo ripasso. Che peccato, si esce vincenti ma con la tristezza nel cuore.
    Vinyl mi aveva preso meno, forse urlavano troppo, mancava un pizzico di follia "magica" in più. Prima o poi, lo so, accontenteranno il tuo desiderio, ma non riusciranno mai a riproporre i Lakers con questo stile.

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