Un piccolo salto in un weekend lungo dove però più che i film, ha vinto il tour gastronomico.
Solo due i titoli che sono riuscita a incastrare tra colazioni, pranzi, brunch e cene.
Avrei voluto vedere di più?
Ovvio, ma a volte ci si deve accontentare.
Li ho beccati nella stessa sala?
Sì, ma la Verti Music Hall è gigante e impressionante.
Avrei preferito aver scelto film diversi, col senno del poi?
Anche se diversissimi fra loro, no.
Small Things Like These
Al cuore non si comanda, e per accaparrarmi i biglietti ho fatto continui refresh.
Il nuovo film con Cillian Murphy protagonista, in competizione e pure film di apertura della Berlinale: non potevo perderlo.
Comprati appena l'aereo è atterrato a Berlino e in attesa di sbarcare, l'ho voluto vedere come un buon segno.
Tratto dal romanzo di Claire Keegan, prodotto dallo stesso Murphy e dall'ora amico Matt Damon (con Ben Affleck) il film ci mostra una pagina di storia irlandese che non si vuole più tenere nascosta.
Quella di conventi in cui venivano spedite giovani da rieducare, rimaste incinta fuori dal matrimonio, i cui figli venivano affidati venduti senza troppa remore.
Siamo in un paese che chiude gli occhi, che di queste cose non parla, ma William, di avere le mani sporche non ne può più.
Il suo passato lo ricollega a un'infamia simile, lui che porta il cognome della madre.
Padre di una famiglia numerosa, all'approssimarsi del Natale e con le consegne di carbone da fare nel convento a renderlo testimone dell'ennesimo arrivo e delle conseguenti angherie, torna a ricordare la sua infanzia dolorosa, quella madre povera, quella signora che lo ha accolto in casa.
È un uomo diverso dagli altri, Billy, non beve, non si ubriaca, non provoca.
Lavora, osserva, piange.
È un uomo di poche parole, come il film.
Che procede in silenzio, lentamente, chiedendo pazienza e di perderci ancora una volta nel volto scavato di Cillian.
Nella sua routine interrotta dai pensieri, dai confronti, dalle scelte da fare.
I pezzi della sua vita si ricostruiscono poco a poco, la sua fragilità ne fa un faro di resistenza e si capisce com'è che dopo Oppenheimer Cillian è andato a scegliersi un ruolo così vicino alle sue radici.
Se Philomena ricostruiva un passato irlandese e cattolico doloroso stemperandolo con l'ironia, il film di Tim Mielants va al punto drammatico della faccenda, con Emily Watson a essere il volto duro della Chiesa.
Intenso e significativo anche nei piccoli gesti, come le piccole cose si sedimenta per farsi più grande.
Cuckoo
Visione completamente diversa che ha visto il giovine rinascere dopo la pesantezza (positiva) del giorno prima.
È un horror strano questo Cuckoo, un horror che non disdegna di farci fare qualche risata, di essere assurdo, di spaventare a più riprese con una sala in ostaggio di jumpscares ben calibrati.
Ma come molti horror, pecca in un finale in cui si allunga il brodo e in cui nessuno sembra morire davvero.
Siamo nelle Alpi tedesche, un resort deve ampliarsi ed è qui che si trasferisce la famiglia di Gretchen, non troppo felicemente.
In giro, di sera, è meglio non andare.
Gli animali si agitano.
Alcune ospiti sembrano avere attacchi di convulsioni e vomito.
La stessa Gretchen viene inseguita e attaccata da una donna dagli occhi rossi.
Che succede?
Bella domanda.
C'è un esperimento in corso, e Dan Stevens con quella faccia enigmatica e il suo flauto a portata di mano ne sa sicuramente qualcosa.
Indaga anche un poliziotto altrettanto dentro ai cliché, che chiede aiuto a Gretchen che da quel resort non riesce a sfuggire, in preda a dejà vu.
E poi?
Poi c'è tanto altro, con il cuculo del titolo ad avere un ruolo centrale e sangue e inseguimenti e salvataggi e Loretta Goggi.
Loretta Goggi?
Sì, in una colonna sonora ipnotica e curatissima, spicca anche Il mio prossimo amore.
Pensa te.
Così folle da riuscire a fare il giro e diventare un instant-cult, avrebbe bisogno solo di una sforbiciatina finale per risultare più compatto.
Ma si vede quanto Hunter Schafer si è divertita a girarlo, quanto il ruolo del matto è congeniale a Dan Stevens, che a questi ruoli ci ha abituato.
Andare in bici con il buio inizierà a farmi paura, ma ne è valsa la pena.
+ Torino 2023
Linda Vuole del Pollo
Due film sembravano pochi a Berlino, ma mi è andata peggio a Torino, a novembre, con solo una visione portata a casa.
Aspettavo che il film uscisse nei cinema per parlarne, ma l'attesa sembra vana.
Pubblico ora, perché questa piccola gemma dell'animazione merita pubblicità.
C'è una sola cosa che vuole Linda: del pollo.
Il piatto che il padre le preparava, l'ultimo che le ha cucinato prima di avere un infarto.
Ma non lo capisce Linda che per la madre il dolore è ancora troppo forte.
Nel pieno di uno sciopero, dopo uno sfogo di rabbia per cui sentirsi in colpa, la madre decide di accontentarla: le cucinerà del pollo, a tutti i costi.
Il che significa girare di supermercato in supermercato, di fattoria in fattoria finendo inseguita dalla polizia con un pollo rubato e soprattutto da uccidere.
L'avventura finisce per coinvolgere un intero quartiere e allargarsi a macchia d'olio, creando squadre tra chi quel pollo lo vuole salvare e chi ormai è intenzionato a cucinarlo.
Con l'amicizia che si rinsalda, l'amore che si ritrova e il rapporto madre-figlia a trovare finalmente un equilibrio.
Anche i vegetariani finiranno per soccombere alle lacrime e a capire il sacrificio necessario, in questa esplosione di colori e canzoni da perdere la testa.
Macchie di colore che si fanno emozioni, tratti delicati e la voce di Pietro Sermonti come ciliegina sulla torta rendono l'unica visione di questo TFF il piatto migliore che potevo desiderare per il mio compleanno.
(n.d.a.: sì, a Torino ero andata per il mio compleanno, una tradizione che potrebbe ripetersi)
Dei tre mi ispira soprattutto quello che probabilmente è il più trash: Cuckoo :)
RispondiEliminaLo è e penso proprio potrebbe entusiasmarti! Visti i nomi nel cast e i distributori sempre alla ricerca di horror, penso arriverà anche da noi.
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