Pagine

16 maggio 2025

Bird

Andiamo al Cinema

Bird non è una storia in cui è bello addentrarsi.
Una storia di bassifondi, di brutti ceffi, di situazioni al limite, di persone che chissà come e chissà per quanto vivacchiano.
Siamo in una periferia inglese dove i palazzi si occupano, dove le stanze si dividono, dove non si lavora ma si spaccia, dove i figli nascono e crescono un po' come si può. 
Bambini senza controllo cresciuti da bambini che non sono mai cresciuti.
Bailey vive con il padre e il suo fratellastro, e non approva né la nuova relazione di quel padre/bambino pronto a sposarsi dopo appena 3 mesi e in tutta fretta -tanto i soldi glieli darà un rospo lisergico da spremere a suon di musiche dolciastre- né quella di una madre che ha abbandonato con altre due sorelle e un fratello, ora tenute sotto scacco da un tipo violento.
L'unica a farsi domande su queste relazioni sbagliate è proprio lei, una ragazzina di appena 13 anni che passa il tempo a guardarsi intorno, a filmare quello che le succede, a voler essere più grande, più osservata, più coinvolta negli affari di palazzo.
Sembra una Georgie più dura e più sicura di sé.


Tra una rissa e una litigata tutt'altro che tranquilla, Bird sembra inizialmente un film chiuso in se stesso, nello sporco e nel fatiscente, nella violenza verbale e fisica che vediamo spuntare dentro ogni stanza piena di graffiti che diventano moniti e presagi.
Ma all'improvviso sbuca Franz Rogowski, appare come un elfo, come uno spirito che sembra finalmente vedere Bailey, sembra farle aprire gli occhi, dandole un senso di protezione ma chiedendo anche quella protezione nella sua ricerca di una famiglia perduta.
Lui che è così strano, così diverso dagli altri uomini della sua vita.
Il film cambia, diventa una favola -comunque nera, comunque sporca- di due animali feriti che cercano la loro strada. Un uccello, capace di volare e osservare, una volpe, capace di farla franca, sempre guardinga ma libera.


C'è probabilmente molto di autobiografico in Bird, per Andrea Arnold, chiamata a crescere in fretta proprio nelle periferie inglesi, figlia di una madre appena sedicenne.
Regista classe 1961 che sa raccontare così bene i dolori dei più giovani, aveva già sorpreso con l'on the road American Honey.
Qui pur rimanendo stanziale in una periferia inglese vicina al mare più grigio, la riempie di volti, di facce, di piccole storie che incrociano lo sguardo di Bailey e che vengono catturate dal suo telefono. 
La riempie di musica, quella elettronica e palpitante composta da Burial, e quella "da papà" che Barry Keoghan canta e dedica al suo rospo, che passa dai Coldplay agli Oasis fino ai Fontaines D.C. 
Ne escono ovviamente scene degne di un videoclip, e non a caso, quello di Bug dei Fontaines D.C. è composto da scene del film stesso.


Se la quasi esordiente Nykiya Adams si impone sulla scena, la cattura con il suo sguardo, sono però Barry Keoghan e Franz Rogowski a stregare. 
Di nuovo.
Con i loro volti strani, i loro sguardi rotti, sono gli esponenti di spicco della scena indie, in barba al Gladiatore che Keoghan ha lasciato pur di partecipare alle riprese (o così si dice).
Un film non facile, con un finale metaforico e strano, ancor più strano di vedere rospi spremuti e tatuaggi fin troppo freschi.
Nel suo perdersi e farci perdere in scorci di quotidiana fatiscenza e di disagio violento, Bird è un coming of age con una sua magia, con una sua integrità.
Di quelle che richiedono pazienza e il volersi sporcare almeno un po'.

Voto: ☕☕/5

1 commento:

  1. All'inizio anch'io l'ho trovato un po' difficoltoso. Poi, complici il cast e la colonna sonora, sa come affascinare :)

    RispondiElimina