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12 dicembre 2025

Die My Love

Andiamo al Cinema

Lui e lei e una nuova casa da riempire.
Una casa grande, da adulti, in campagna, lontana da New York e da tutti.
Un figlio in arrivo e che arriva e si ama, un cane pure, per sopperire a quell'isolamento, a quella campagna che circonda.
Com'è, allora, che in questo presente apparentemente idilliaco, Grace non ci sta?
Non ci sta con la testa, non ci sta con se stessa, con la vita che si è andata a scegliere rimpiangendo quell'amore pieno di passione, di sesso e di attenzione che se n'è andato con la gravidanza.
Se n'è andato in un lavoro che stanca Jackson, se n'è andato in un casa che ha i suoi fantasmi, se n'è andato come il suo mondo, che si scioglie, si perde. E grida e balla e abbaia e si masturba e si ferisce e sanguina e tradisce e spara e si spoglia e tenta di morire, Grace.
Grace che dovrebbe scrivere, che dovrebbe prendersi cura della casa, di se stessa, che se ne sta invece nella confusione e nel caos, da sola, con quel figlio.
Questione di ormoni, dicono.
Si perde sempre un po' di se stesse con il parto, raccontano le altre donne.
Depressione post partum, si chiama oggi. Oggi che se ne parla un po' di più.


Lynne Ramsay ne aveva già parlato in …E ora parliamo di Kevin, un film difficile da dimenticare e da digerire, e per questo non aveva molta voglia di affrontare nuovamente l'argomento. A convincerla ci ha pensato una Jennifer Lawrence agguerrita e un Martin Scorsese alla produzione che per primo aveva consigliato a Lawrence il romanzo di Ariana Harwicz e di esserne la protagonista. C'è voluta un po' di pazienza, ci sono voluti i nomi giusti, ma alla fine Lynne Ramsay, regista che vede spesso i suoi progetti andare in fumo, si è convinta e Die My Love è diventato il suo maggior successo.
Piccolo, certo, passato per Cannes, targato Mubi, va bene, ma successo.
Il merito si vorrebbe dare alla sua regia, chiusa in un claustrofobico 4:3, che mostra i fantasmi, le fantasie, il sangue e la natura che isolano Grace dal mondo, una regia fatta di colori acidi che se ne vanno lasciando il posto alle ombre, e di dettagli, dentro quella natura, dentro gli oggetti di una casa troppo grande, troppo vissuta, dentro un auto che diventa stretta, e stretti sul viso di Jennifer Lawrence, ferito, annoiato, svuotato o voglioso, che sia. Un volto cinematografico come ce ne sono pochi, bisogna ammetterlo, che diventa il protagonista e il fuoco di ogni quadro in cui sentirsi spettatori e rapiti.


La verità, quindi, è che Jennifer Lawrence si mangia il film. E non è sempre un complimento.
Si vede Jennifer Lawrence fare la matta, distruggere bagni e la sua vita, più che Grace perdere il controllo.
Si vede lo sforzo di stare nel personaggio, più del personaggio in sé.
Il suo corpo, diventa un altro protagonista, e girando mentre era incinta del secondo figlio, Die My Love diventa un film personale e coraggioso.
Ma ancora una volta, dando tutta se stessa, corpo compreso, Jennifer Lawrence eccede, e lascia in disparte un Robert Pattinson sottomesso, spaventato e annichilito. Complice quando si tratta di coreografie erotiche o in pista, ma perso come il suo Jackson a umile spettatore di una donna in piena crisi.
Sissy Spacek con quel suo sguardo rotto, con quella sua malinconia, sembra un fantasma della Grace futura ma incapace di aiutarla nel presente, sconnessa com'è anche lei dalla realtà, una realtà di cui sembra l'unica protagonista.


Quella che sembra la più classica storia d'amore diventa una discesa nell'inferno di due personaggi che non sanno come aiutarsi e forse un aiuto nemmeno lo vogliono. 
Non sembra esserci una soluzione, nel loro stare insieme, nel loro scappare insieme, che causa solo morte e feriti, in un incendio ormai incontrollabile in cui si ostinano ad andare avanti.
Più che la depressione, è questa storia d'amore sbagliata che interessa a Lynne Ramsay, di cui vediamo brevi scampoli di gioia e libertà che presto si perdono dentro un pancione.
Che farne, allora, di un amore simile?
Non è certo il matrimonio la soluzione di ogni male, che diventa invece la goccia che fa traboccare il vaso, più di Jackson, che di Grace.
Una storia di amore e di odio, di convenzioni e di eccessi, di ossessioni e di tradimenti che sembra uscita da una canzone country, e quasi lo è, in quel Montana fatto di campagna e macchinoni e casalinghe perfette con i loro rimpianti.
Ma sono gli eccessi che portano via anche lo spettatore, in una storia che continua a scavare senza avere altro da dire, in un finale che si fa metaforico ma anche di troppo.
Love will tear us apart, si canta sui titoli di coda, l'amore ci farà a pezzi, e separa anche da un film che ha del potenziale, sfruttato non al meglio.

Voto: ☕☕½/5

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