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13 dicembre 2025

Wake Up Dead Man

Andiamo al Cinema

Se il primo non mi aveva coinvolto, se il secondo mi aveva visto sbuffare a ripetizione, il terzo, perché affrontarlo?
La Promessa di darmi a film vecchi e a lacune importanti invece di salvabuchi e salvaserate chiaramente non per me, la farò la notte del 31 dicembre, ma dico la verità: ho visto il cast (Josh O'Connor, Glenn Close, Josh Brolin, Mila Kunis, Jeremy Renner, Kerry Washington, Andrew Scott, Cailee Spaeny, Daryl McCormack e Thomas Haden Church) ho visto l'ambientazione, ieri sono stata bloccata sul divano da un raffreddore e ai 144 minuti con Benoit Blanc ho detto: perché no?
E nonostante le aspettative più basse possibili, nonostante la poca voglia di farmi coinvolgere da un giallo da godere senza far muovere troppo i miei ingranaggi arrugginiti, a questo giro Rian Johnson mi ha stupito.


Sarà l'ambientazione, in una chiesta poco frequentata, in una congregazione che si restringe attorno a un Monsignore che dal suo pulpito giudica e inveisce contro tutti, sarà per il tema religioso, che stuzzica l'atea che è in me e che si ritrova ad essere d'accordo proprio con le parole di Benoit, sarà che Benoit stesso si mette da parte, entra in scena dopo più di mezzora di film, e la scena gliela ruba quel faccino da bravo ragazzo di Josh O'Connor, chiamato a difendersi e a indagare per primo sull'omicidio di quel Monsignore così distante dalla sua idea di Chiesa.
Nonostante il cast fatto per lo più di grandi attori inglesi, nonostante l'ambientazione di campagna, siamo in America, fuori New York e non nella ridente Inghilterra dove già serie TV su serie TV sono ambientate in canoniche alle prese con i loro gialli da risolvere.
Essendo in America, c'è spazio per complottisti e per influencer, c'è spazio per misteri misteriosi e licenziosi su figli e fratelli, per la reputazione di una donna e forse delle donne in generale da risollevare e c'è spazio per una polizia che senza problemi fa lavorare in piena libertà Benoit Blanc che mette in disparte se stesso e la sua vita privata per seguire le scoperte di padre Jud, appunto.


Il resto del gruppo composto da un'avvocata con rimpianti, uno scrittore fallito, un medico divorziato, un aspirante youtuber che tutto filma e una perpetua ligia al suo dovere, non ha molto spazio per rubare la scena, anzi. Chiusi nel loro ruolo di spettatori e di credenti che non fanno troppe domande, restano anonimi, molto più rispetto ai sospettati dei capitoli precedenti. Da un lato è meglio così, dall'altro ci si perde un po' di Andrew Scott, che è sempre un peccato soprattutto nelle vesti stropicciate e difensive di uno scrittore complottista.
Per il resto il giallo si muove come il più classico dei gialli, tra sospettati e rivelazioni, colpi di scena che hanno del miracoloso e depistaggi da sventare, con un colpevole additato da tutti da difendere.
A questo giro si gioca più sui cliché, e così la grande rivelazione con tutti i sospettati riuniti cambia e diventa una confessione con gli immancabili flashback rivelatori e che mostrano una verità non troppo difficile da intuire o ricostruire, nemmeno con il raffreddore a rallentare i ragionamenti.


Preso per quello che è, un divertissement su Netflix, fa il suo lavoro. 
Il comparto tecnico sembra più umile e meno alla ricerca dell'invidia dei poveri spettatori, la scrittura più accurata e meno alla ricerca di meme e GIF con cui spopolare sui social, lo stesso Daniel Craig nonostante quel parrucco discutibile si prende più sul serio, in una complessa maturazione che al terzo capitolo non c'era da aspettarsi.
I 144 minuti sono comunque troppi e spesso riempiti per volere di una piattaforma che ci vuole ai suoi piedi, ma so già che per quanto possa fare promesse altisonanti, per quanto possano indispettirmi saghe whodunnit che hanno generato copie di mille riassunti (con Agata Christian già tremo), al futuro quarto capitolo a cui Johnson e Craig stanno lavorando, so già che mi sintonizzerò.

Voto: ☕☕½/5

2 commenti:

  1. Io, invece, trovato irresistibile proprio come gli altri. Incalzante, scritto bene, recitato meglio. Grande intrattenimento.

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  2. A tratti esilarante. Avrei alleggerito lo spiegone finale, però come comedy e come satira funziona alla grande. Questa saga la vedo ormai un po' come uno Slow Horses in versione giallo alla Agata Christian... ehm, alla Agatha Christie al posto della spy story :)

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