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13 novembre 2024

Anora

Andiamo al Cinema

Lui è il figlio di un oligarca russo, che spende e spande quanto può in America dove è libero di fare quel che vuole, dove se ne frega di tutto e di tutti, organizza feste, viaggi a Las Vegas e decide pure di sposare la escort che ha pagato per una settimana per essere la sua ragazza.

Lei è la escort in questione, Anora detta Ani, che si guadagna da vivere ballando e offrendo prive ai clienti di un night club, che vive alla giornata la sua gioventù aspirando al lusso e pensando di aver fatto il colpo della vita.
Una magione, a Brighton Beach, un ragazzo sempre felice, mai arrabbiato che per lei spende e spande, che di sesso sa poco e lo fa velocemente.

No, ovviamente non è una storia d'amore convenzionale quella di Anora.
E non solo per i giovanissimi protagonisti in questione ma anche perché al timone c'è Sean Baker, regista di film molto indipendenti che finalmente ha fatto il botto.


Si pensava che il suo apice fosse quel Florida Project che tanto mi aveva urtato i nervi pur agguantando un paio di nomination agli Oscar, invece con il suo racconto dell'America ai margini, dei nuovi sogni dei giovani americani e nel suo sdoganare di nuovo il mondo dei sex workers, è arrivata una Palma d'oro, una consacrazione unanime e una nuova campagna Oscar da organizzare.
I temi sempre cari, sono quelli.
C'è il sesso visto come lavoro, c'è la donna vista oltre il suo corpo, c'è un'etica ma ci sono anche dei sentimenti coinvolti.
E c'è un film che cambia pelle più volte.
Dall'inizio da commedia romantica si passa poi a un on the road criminale alla ricerca del fuggitivo Vanya, marito infedele più alla parola data che al corpo di Ani, ma soprattutto figlio debole che spaventato fugge in vista della punizione materna.


Colpisce, Sean Baker, in quella che è la produzione più grande finora, lui che è partito da progetti piccolissimi, passando per girare con IPhone e raccontando il mondo del porno da un punto di vista diverso (Starlet ma anche Red Rocket) resta fedele al suo mondo avvalendosi di volti poco noti ma che bucano lo schermo. Mikey Madison che si dà anima e corpo per il ruolo è magnetica così come la sfacciataggine di Mark Eidelstein, anche se la scena la ruba con pochi sguardi Jurij Borisov, già intravisto in Scompartimento n.6 ma che dalla visione veneziana di Capitan Volgonokov non avevo mai dimenticato.
Girato fra locali e localacci, ristoranti e ristorantini in quell'America dove gli emigrati russi fanno i loro affari e in una Las Vegas del lusso che alla luce del sole mostra tutte le sue crepe, Anora prende e non molla più, in un giro vorticoso che sembra molto più lungo delle due settimane appena raccontate e molto più breve dei 140 minuti di durata che passano in un attimo.
Come i film migliori, riesce a cambiare forma e temi, a raccontare una generazione ma anche un'epoca, riesce a prendere una storia vecchia quanto Pretty Woman e portarla alla generazione di oggi che aspira al lusso e ai guadagni facili.
Più di Julia e Richard, Mikey e Mark sono una Cenerentola e un principe azzurro meno puliti ma più sinceri.


Con un montaggio velocissimo e una fotografia da guerriglia, questa favola arresta presto la sua corsa. Come la migliore delle fiabe, i fiumi di alcool e di droga, i balli scatenati e il sesso selvaggio devono fare i conti con la realtà, con il freddo inverno newyorchese e una famiglia oltreoceano che chiede risposte.
Seguiamo bodyguard e padrini che sembrano usciti da una commedia slapstick, che prendono cantonate e botte, che si danno a folli inseguimenti e che infine aprono gli occhi assieme a Ani, provocando una pietà e un moto di sentimento che fa cambiare pelle al film. 
A noi spettatori.
Dopo una lunga notte che non sembra avere fine e che sembra ritornare sui binari romantici, è il momento del confronto finale, amarissimo, e di un finale che, diretto e senza musica, fa male lì dove non te lo aspetti per non farsi dimenticare più.

Voto: ☕☕☕☕/5

1 commento:

  1. Bloccato a casa con la febbre da quasi una settimana, ma non vedo l'ora di poterlo andare a vedere.

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