In attesa di un triello tutto natalizio, trovano spazio oggi piccoli drammi e piccole commedie immolate dai distributori nel periodo delle feste:
L'Ombra del Corvo - The Things with Feathers
Il Buono
Siamo sempre lì, a chiederci come si affronta un lutto.
Come lo si gestisce poi se ci trova del tutto impreparati.
Alla vita, alla solitudine, alla paternità.
Un padre torna a casa e non ci trova più la moglie, o meglio, trova il suo corpo. È lui che deve comunicarlo ai due figli piccoli, lui che ora deve prendersene cura, mantenere una routine, cibarli e viziarli.
Ma come farlo, mentre soffre? Mentre soffre così tanto da non essere più se stesso, come se un corvo, nero, imponente, si fosse impossessato di lui e della sua casa, che regna nel caos, che non sa esprimersi. Un corvo gentile, a suo modo, un corvo che parla anche a quei bambini che non capiscono dov'è andata la loro mamma, cosa è diventato quel padre, chiuso nel suo studio di fumettista a disegnare corvi giganti.
È una storia molto inglese, con i sentimenti che a faticano si esprimono e si raccontano, con metafore riuscite e un dolore palpabile che Benedict Cumberbatch sa ben esprimere. Ci si dimentica, tra un film discutibile e una miniserie così così, che è un gran attore.
Cero, la storia non è delle più originali visto che lo stesso Cumberbatch disquisiva con un mostro in Eric, cercando il figlio scomparso nel nulla, e anche in Sette Minuti Prima della Mezzanotte un mostro attanagliava un figlio incapace di accettare la morte imminente di una madre malata.
Ma qui, con toni più sommesi inglesi, con una produzione volutamente più esile che evita troppi effetti speciali, si colpisce comunque al cuore.
Lo si fa con le urla e con il disordine, con i balli e con rimproveri, con l'inchiostro nero che olora dita, maglie e muri, cercando di venire a patti con un'assenza che non si vuole accettare.
Chiusi nel solito claustrofobico 4:3, chiusi in una casa che diventa espediente visivo di quanto la vita della famiglia sta candendo a pezzi, L'Ombra del Corvo è il secondo adattamento di un romanzo di Max Porter dopo Shy. L'attenzione per la psiche, per i suoi lati più oscuri, è la stessa.
Tra cori gentili e aggressivi, tra demoni da sconfiggere e una creatività ad aiutare, strugge.
Sacrificato nelle sale in un periodo che poco gli è affine, come la più nera delle storie gotiche a lieto fine, lo si è fatto con un titolo molto poetico e molto poco invitante, rispetto all'originale The Things with Feathers, ma vale la pena dargli una chance.
C'era una volta mia madre
Il Bruttarello
L'amico che vive a Parigi l'aveva visto quest'estate e da quest'estate me lo decanta.
Pensavo di potermi fidare, di avere gusti affini, e invece mi ritrovo un film piuttosto classico nel suo sviluppo, decisamente veloce e senza una voce unitaria, e che forse è semplicemente troppo francese per me per apprezzarlo.
La storia sembra quella di Esther, madre coraggio, che dal Marocco si è trasferita a Parigi per dare un futuro migliore ai suoi figli e si ritrova alle prese con la deformazione al piede dell'ultimo nato, Roland. Non si arrende alle diagnosi del primo medico, li prova tutti, tra esperti e ciarlatani perché non vuole arrendersi ad avere un figlio handicappato (siamo negli anni '60, questi i termini usati) né costringerlo a una vita di protesi e tutori. Rischiando di farselo portare via dagli assistenti sociali, rischiando tutto, il suo miracolo ce l'avrà.
La storia diventa quindi quella di Roland, bambino viziato e vezzeggiato e relegato in casa per la maggior parte della sua infanzia, che da bambino miracolato deve ora sottostare ai voleri di una madre chioccia che lo vuole avvocato ma anche persona in vista, che lo vuole in casa anche se sposato, che vuole lavorare con lui anche se sempre si impiccia. Un figlio con talento e con l'ossessione verso Sylvie Vartan, cantante che gli ha tenuto compagnia attraverso la TV, che gli ha insegnato a leggere, con cui ha ballato, che ha intervistato e che alla fine si ritrova a rappresentare legalmente. Forse è questa storia francese, fatta di canzoni e cantanti e programmi e vita comune molto francese, che non mi ha permesso di entrare nel film, o forse è solo per quanto corre veloce il racconto di Roland, che dimentica un pezzo di madre, un pezzo di famiglia, un pezzo di sé nel raccontarla in modo cronologico, certo, ma mai troppo approfondito.
Il buonismo scorre forte nelle vene di questa commedia che non ha attecchito nei cinema nostrani, e capisco perché.
Twinless
Il Cattivo
Il cattivo in questo caso non è il film, che in realtà molto buono pur sottostando al genere dei film indie che sempre inseguo senza particolari guizzi.
Il cattivo è Dennis, ma lo è davvero?
Lui che si presenta come un gemello spaiato, colpito dalla morte del proprio fratello, in un gruppo di supporto che aiuta chi da questo lutto così particolare viene colpito.
Il problema è che Dennis un gemello non ce l'ha, non ha nemmeno un fratello a essere onesti e se si è ritrovato in quel gruppo è un po' per senso di colpa, un po' per fascinazione verso Roman, che un gemello ce l'aveva davvero, che è morto anche a causa di Dennis che Rocky l'aveva frequentato per una notte così magica che non è più riuscito a superarla.
Fra i due si crea un'amicizia, una dipendenza anche, con Roman a vivere il lutto come un modo per cercare di crescere, andarsene dal garage della madre, farsi una vita nella grande città che è Portland, mentre Dennis cerca di capire se ha una chance anche con Roman, che per quanto diverso -e etero.
Avevo già incrociato James Sweeney con la rom-com leggerissima e non del tutto riuscita (ma comunque godibile) Straight Up in cui si interrogava sul suo orientamento sessuale in una relazione perfetta ma senza sesso. Lo ritrovo qui molto più esplicito ma con gli stessi tratti da film indie: ci sono i colori pastello, le musiche pop, le situazioni strane e tanti dialoghi, c'è una scrittura fluida e smaccatamente pop anche nei riferimenti che trova a sorpresa in Dylan O'Brien un attore capace di essere due personaggi in uno entrambi credibili.
Forse la cattiva ero io, con qualche pregiudizio e poche pretese da un film arrivato direttamente in streaming che però riflette sull'amore, sull'elaborazione del lutto, chiamando al confronto e al dialogo.
Piacevole fino alla fine, con le sue trovate, con i suoi dialoghi, anche se più primaverile che invernale.
Voto: ☕☕½/5



"Sette Minuti Prima della Mezzanotte" mi era piaciuto molto, quindi direi che il primo film del Triello me lo hai venduto alla grande ;-) Cheers
RispondiEliminaIo amato moltissimo Twinless.
RispondiElimina