29 giugno 2024

Il Triello: Straight Up - Io e Spotty - About Him & Her

Torna il formato a tre per quelle commedie leggere e romantiche a cui dedicare una serata senza troppi pensieri o pretese:

Straight Up
Il Buono

Lui è un house-sitter che ama l'ordine e non ama il contatto con gli altri. Tutti, ma proprio tutti, lo considerano gay ma lui non si sente dentro questa etichetta.
Lei è un'aspirante attrice, single da poco che a Los Angeles fatica a ambientarsi.
Si conoscono, in biblioteca, iniziano a parlare e a parlare e non smettono più.


C'è chimica, fra loro, c'è un'amicizia sincera ma forse anche qualcosa di più.
Un amore che non ha bisogno di contatto, di romanticismo o di sesso, che basta così.
Sono forse due a-romantici che si sono incontrati e che danno vita a una coppia perfetta che gli amici invidiano e faticano a capire?
Forse.
Perché Rory e Todd non sono Will e Grace, sono più giovani, sono più insicuri e vivono in una Los Angeles pastello e solare.
E qualcosa, mentre gli amici invidiosi si mettono in mezzo e le esigenze cambiano, inizia a scricchiolare.

Straight Up è un piccolo film che si basa tutto sull'alchimia fra i due protagonisti, che però non sempre è in sincrono.
Parlano, parlano tanto, la sceneggiatura è densa, ricca di riferimenti pop (il nome Rory è già un indizio), di stoccate e frecciatine, di momenti imbarazzanti dati da amici imbarazzanti, ma Katie Findlay -che mi ha portato a trovare il film nei lunghi giri che si fa su Wikipedia- e James Sweeney non sono la coppia che ti aspetti e per essere la perfezione descritta, forse un minimo in più di training dovevano farlo.
Non si sa se tifare per loro, se vederlo come un coming of age che è anche un coming out.
Con un finale più romantico del previsto ma in fondo anche il più giusto immaginabile, Sweeney fa pace con la sua etichetta e io con una commedia che vuole essere colorata e solare e niente di più.

Voto: ☕☕½/5


About Him & Her
Il Brutto

Lei è una ragazza che vive sola in una grande casa.
La famiglia non c'è più ma non c'è dato sapere di più.
Lui è un artista che dipinge ma che si mantiene facendo il DJ.
Siamo nel 1989 e i due non si conoscono, non si cercano neppure, ma la loro linea telefonica viene messa in contatto per caso, e iniziano a parlare.


A parlare e parlare, a conoscersi, a scherzare e dopo ore che sono anche giorni, decidono di incontrarsi.
Ma come superare la paura di una delusione, di un'infatuazione immaginata che deve fare i conti con la realtà?
Decidono di non vedersi, nel senso di bendarsi, nascondersi agli occhi dell'altro in una camera d'albergo che diventa un rifugio cieco per entrambi.
Si disegnano, si descrivono, si toccano pure, ma gli occhi restano chiusi. Sempre.

Ora, da un'idea così, romantica quasi fino allo stordimento, mi aspettavo un gran film.
Di quelli piccoli, indie, reso ancor più speciale dal fatto che i due attori protagonisti non si sono visti in volto per tutta la prima parte del film, quella al telefono, e non si sono visti soprattutto sul set del film, bendati fuori scena, tenuti separati e infine fatti conoscere davvero solo alla premiere del film.
Un'idea curiosa che però non ha reso About Him & Her il caso che poteva essere per un semplice motivo: i due sono insopportabili.
Cristina Spruell più di Callan McAuliffe, che nella seconda parte del film diventa un altro personaggio rispetto a quello timido, sofferente e misterioso durante la chiamata infinita. Lui cerca di stare al passo fra risatine acute, modi infantili e quel fare da bionda da cliché che lo porta a indovinare subito il suo colore di capelli, ma soccombe a una sceneggiatura lasciata libera alla loro improvvisazione che affossa la magia iniziale.

Un applauso alla regia, per come ce li ha tenuti nascosti e per come si muove attorno a loro, e poco altro.
Finito a fatica e con un gran mal di testa è l'esempio che le buone idee devono saper essere gestite per creare piccoli film-fenomeno

Voto: ☕½/5

Io e Spotty
La Sorpresa

Lei vive a Bologna e sembra portare avanti cn successo gli studi un esame dopo l'altro.
In realtà, vittima di attacchi di panico e di relazioni non sane con professori sposati, mente in continuazione alla madre e ha bisogno di un lavoro per mantenersi.
Lui è un animatore che adora il suo cane. Non si fa problemi a lasciare il lavoro e le riunioni pur di occuparsene. 
Il fatto è che il cane in questione è lui, Matteo, che si traveste da Spotty, che diventa Spotty, che ama stare a quattro zampe, giocare, lasciarsi andare e che ha bisogno di una dog-sitter.


È Eva a rispondere all'annuncio e a rimanere a bocca aperta davanti a quello che sembra un gioco erotico ed è in realtà un gioco di ruolo con cui Matteo riesce ad uscire dalla sua timidezza, dalla sua diffidenza verso gli altri, sfogando emozioni e sensazioni comportandosi come un cane.
L'iniziale paura passa, anche perché con Spotty Eva non soffre più di attacchi di panico né pensa agli studi che sta abbandonando, pensa solo a Spotty, ai giochi che possono piacergli, a come far uscire dal suo guscio peloso Matteo.
Come in una pet therapy doppia, l'amicizia fra i due cresce e si scontra con il mondo esterno, quello reale, dove una cugina sempre superiore è preoccupata, dove una madre scopre le bugie di mesi e dove una sorella cerca di allargare la famiglia.

Piccola commedia italiana passata in sala nel silenzio e riscoperta grazie a un cineforum di psicologia, Io e Spotty è una commedia che strizza l'occhio all'universo indie americano grazie ai look e alle atmosfere di una città universitaria come Bologna.
Cosimo Gomez conosce i suoi protagonisti (Filippo Scotti prima di Sorrentino sapeva già bucare lo schermo, con o senza costume da cane) e si porta dietro l'esperienza da scenografo facendo anche della musica una protagonista in più, in fughe e concerti e ricerche.
Non offusca però una sceneggiatura strana e comica e più profonda di quel che all'apparenza sembra, in un finale forse scontato, forse romantico, da cui iniziare davvero.

Voto: ☕☕½/5

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