Pagine

28 giugno 2025

The Surfer

Andiamo al Cinema a Noleggio

Solo negli ultimi anni è stato un cercatore di tartufi, un professore sognato da tutti, Dracula, se stesso, un pericoloso serial killer, un padre protettivo.
In mezzo, ruoli in film western e più d'azione che nonostante tutto l'amore che provo per lui, non sembravano valere il mio tempo, ma sono pronta a essere smentita.
Ora, Nicolas Cage è un surfer.
O un aspirante tale, visto che la spiaggia in cui è cresciuto e in cui ha sempre ambito a tornare, tanto da dimenticare la sua famiglia per il lavoro e per la sicurezza economica di acquistare la casa della sua infanzia, dicevo, la spiaggia in cui è cresciuto è diventata zona off-limits per chi a Luna Bay non ci abita.
È presidiata da una ciurma di surfisti spacconi e violenti, che sembrano tanto una gang quanto una setta, con un capo messianico, riti di passaggio, guardie e adepti insospettabili.


Lui, surfer senza nome, se ne sta lì.
In un parcheggio che sovrasta quella spiaggia, ad arrabbiarsi e a perdersi, a crogiolarsi sotto il sole aspettando il momento giusto, la giusta telefonata, avvinghiato a un passato da cui non sembra riuscire a staccarsi, a speranze a cui continua a rimanere attaccato.
Com'è che non se ne va, però?
Non dopo le minacce, non dopo i piccoli soprusi, non dopo la violenza e le angherie di quella gang come della natura stessa che lo portano a perdere la testa come solo Nic Cage sa fare, perdendo dignità, denaro, collegamenti con il mondo e con il suo passato e il suo presente.
Perdendo tutto e trasformandosi in quel vagabondo da cui si tengono le distanze, impossibile da capire o da aiutare.


Lorcan Finnegan gioca di nuovo alla claustrofobia, gioca con l'attore e gioca con le sue carte. 
Con l'economia dalla sua di una sola location in cui muoversi, lascia campo aperto a Nic, alle sue facce, alle sue visioni e alle sue paranoie.
E ovviamente fa centro.
Aiutano nell'intento le musiche leggerissime di contrappunto o la colonna sonora tesa per i momenti di tensione, con il sole accecante e una fotografia che vira all'arancione a rendere scottante e assetato anche lo schermo.
Nell'abisso in cui ci immerge che non sembra avere fine né tantomeno un lieto fine, esagera giusto un filo di troppo in un finale caotico, a tratti poco credibile -ma và?- fino a collegare tutto.


Chi è quel surfer, davvero?
Chi quel vagabondo?
Chi quel padre e che padre può essere un surfer senza nome?
Chiuso nella sua follia e nella sua spiaggia invalicabile, perde e ritrova se stesso.
Un po' kitsch, un po' violento, un po' semplicemente un film con Nicolas Cage che a suo modo è anche un film di Natale con Nicolas Cage.
Un Natale afoso e australiano, ovviamente.

Voto: ☕☕½/5

Nessun commento:

Posta un commento