25 agosto 2024

Longlegs

La Settimana Horror

È diventata una tradizione per ogni viaggio: approfittando delle programmazioni diverse di Paese in Paese, della bellezza di scoprire piccoli o grandi cinema, tra un museo, una scampagnata, un ristorante e l'altro, mi concedo un film.
L'appuntamento di questa estate era nei Paesi Bassi e ho sperato di riuscire a vedere qualcosa nello splendido Teatro Tuschinski, considerato il cinema più bello d'Europa, ma i titoli in programma lasciavano purtroppo a desiderare e quello che mi sono concessa è stata una birra nel bar della hall e un'occhiata agli interni grazie alle maschere permissive. 
Mi sono dovuta accontentare di un multisala piuttosto anonimo a Utrecht, e indecisa fra il Trap di Shyamalan (che purtroppo dalle mie parti è sparito nella versione originale giusto quando sono rientrata), ho optato per l'attesissimo, già osannatissimo, Longlegs previsto in Italia solo ad ottobre.
Campione d'incassi in America, ennesimo "horror dell'anno" di quest'anno pur essendo un thriller poliziesco, in realtà.
E già questa è stata una sorpresa.


Se l'apertura del film è dedicata a un paesaggio innevato degli anni '70 molto, molto sinistro, lo schermo poi si allarga e veniamo immersi in un'atmosfera cupa e grigia, in uffici dell'FBI dove si indaga sul fantomatico Longlegs, serial killer che non sembra lasciare traccia di sé se non un messaggio crittografato sulle scene del crimine che si presentano drammaticamente uguali da due decenni: un padre che è impazzito e ha ucciso la sua intera famiglia prima di suicidarsi.
C'è davvero qualcuno che spinge a tanto? 
Cosa succede e cosa è successo in quelle case?
A riavviare le indagini dopo anni senza alcuna pista da seguire, è Lee Harker, giovane recluta che sembra avere poteri paranormali, chiamiamolo intuito speciale per convenienza.


Gli anni '90 sono definitivamente diventati il passato, e così si mostrano anche i loro lati oscuri, la paura del satanico, era fra questi.
Sembra di fare un salto indietro nel tempo, a quei thriller polizieschi fumosi e bui, con il figlio d'arte Oz Perkins a ispirarsi chiaramente a David Fincher, a Zodiac come a Seven.
Agenti che vivono per il lavoro, soli e solitari, viaggi in auto alla ricerca della verità che compare a luce di una torcia e un serial killer metodico che lascia messaggi in codice.
Sembra anche di essere dentro un episodio di X-Files, con la parte "intuitiva" di Harker a prendere presto il sopravvento, troppo il sopravvento.
Perché anche se la sua capacità intuitiva ha una ragione d'essere, le soluzioni così creative e repentine non permettono di seguire e appassionarsi al caso come si deve.


E Nicolas Cage?
Nicolas Cage fa il solito Nicolas Cage.
Non è silenzioso, non è riflessivo, non è dimesso come ci aveva abituato nelle sue ultime prove di un livello superiore (penso a Pig e a Dream Scenario, ma volendo anche ad Arcadian), torna a essere sopra le righe e nascosto com'è dietro a trucco e parrucco e protesi, fa molta, molta paura.
La famosa scena dell'interrogatorio ha provocato palpitazioni notevoli alla stessa Maika Monroe, e lì, mentre urla, mentre canta, mentre eccede come solo lui sa fare, si deve rimanere seri visto che si tratta di un serial killer, ma una risata può scappare.
Il problema è che si è rivelata troppo presto la sua identità, il suo costume che non passa certo inosservato, togliendo l'alone di mistero che un'ombra e una presenza sapevano dare.


Il gioco era già truccato per la parte intuitiva di Harker, e si rompe in fretta con il colpo di scena finale che non mette i brividi come ci si aspetterebbe.
Tutto da buttare, quindi?
Assolutamente no, perché la tensione è palpabile e arriva fino allo stomaco, l'assenza di colonna sonora per la maggior parte del film fa il suo effetto nel rendere tesi e pronti allo spauracchio, e quando le note di Zilgi o dei T-Rex entrano in scena, è per aumentarla quella sensazione sinistra che accompagna anche nei titoli di coda.
È l'atmosfera a fare la differenza, sono le singole scene, è Nicolas Cage e sono i tic che Maika Monroe dà alla sua detective. Sono le scelte di regia, glaciali, soprattutto.
Ma queste gambe lunghe che non trovano una spiegazione e quando la trovano ha a che fare con credenze a cui aggrapparsi mi ha deluso nel suo giustificarsi.
Questione di aspettative, quindi, unite all'incuranza nell'entrare in sala aspettandosi un horror classico e trovandosi un poliziesco che vira verso il soprannaturale. 
Non proprio la mia tazza di caffè.

Grado di paura espresso in Leone Cane Fifone:
3 Leoni su 5


3 commenti:

  1. Non è il nuovo "Il silenzio degli innocenti," anche se ne ha capito e fatto sua l'atmosfera, questo fa finta di essere un poliziesco ma è un horror in tutto e per tutto, adorato dall'inizio alla fine malgrado la svolta paranormale, Nicolas Cage sugli scudi, in un film sopral e righe, lui è più sopre le righe di tutti risultando impeccabile, gran film, ho il post in rampa di lancio perché il vero crimine e dover aspettare novembre per rivederlo sul grande schermo. Cheers!

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  2. Breve storia triste: non mi è piaciuto. Per niente.
    Se non altro le apparizioni di Nicolas Cage m'hanno fatto ridere. Parecchio :D

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