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2 agosto 2025

Garrel x3: Le Deuxième Acte - Il Grande Carro - La Crociata

Una settimana all'insegna delle produzioni francesi, non poteva chiudersi senza passare per quella mia grande cotta di Louis Garrel.
Attore e regista quanto mai prolifico, lo ritrovo appena posso tra piccoli e grandi film:

Le Deuxième Acte

Era passato per Venezia con due dei film più folli visti alla Mostra (Mandibules e Daaaaaali!), lo avevo incrociato a Berlino con una commedia un filo meno riuscita (Incroyable mais vrai), poi Quentin Dupieux, in passato Mr. Oizo, ha aperto Cannes nel 2024.
Lo ha fatto con un film che si prende gioco dei film, dell'industria e del metodo degli attori in cui realtà e finzione si mescolano in continuazione e in cui non si capisce quand'è che recita il quartetto di fuoriclasse formato da Louis Garrel, Lèa Seydoux, Vincent Lindon e Raphaël Quenard, o quand'è che sono loro stessi, spiati da un lungo carrello che percorre l'intera campagna della Dordogna.
Il più lungo della storia del cinema, secondo alcuni produttori, di certo lungo abbastanza da meritarsi la lunga carrellata (ahah) finale dopo aver trasformato una pista di atterraggio in disuso nel set del set del film.


Perché si sta girando un film anche nella finzione, l'ennesima commedia romantica che non cambierà il mondo, ma gli attori protagonisti devono anche vedersela con il loro ego ingombrante, con posizioni politamente corrette da mantenere rischiando altrimenti la cancellazione e hanno a che fare con un figurante che vede nel ruolo del cameriere che li serve a una tavola calda, quello capace di rimettere in piedi la sua vita allo sfascio. Ma che però non gli riesce: trema, suda, ha messo su chili…
Entrano e escono dai personaggi, questi attori, in quella che è una commedia sul cinema scritta dall'Intelligenza Artificiale, capace di modificare connotati e battute, di abbellire il risultato al montaggio, in una dissacrante discesa verso una realtà sempre più indecifrabile che fa ringraziare anche noi, come fa lui stesso sui titoli di coda, il cervello di Dupieux.
Torna, dopo Yannick, su un tema che lo incalza: lì era il teatro, qui il cinema. 
Lo ringrazio ancora una volta per sapere arrivare al punto in meno di 90 minuti, e di farlo regalando risate sincere, ma mi rendo conto che i suoi film, che giocano con il genere in modo arguto, funzionano meglio ai Festival, dove la visione condivisa regala quelle risate liberatorie che da soli arrivano a metà.

Voto: ☕☕/5

Il Grande Carro

L'intera famiglia Garrel riunita per rappresentare un'intera famiglia di commedianti.
Commedianti speciali, però, perché parte dell'antica tradizione di burattinai che tirano avanti con spettacoli itineranti e per le scuole.
Quando il grande patriarca viene a mancare, però, tutto si sfalda.
Il nuovo elemento chiamato a integrarsi ha voce ma non i tempi giusti, e osserva questi figli cercare la loro strada ora che potrebbero essere chiunque. Davvero.
Come la loro grande casa, hanno radici profonde, ma anche crepe da sistemare, stanze da abbellire, e che un temporale può squarciare.
Come andare avanti?
Cosa essere, ora?


Quello di Philippe Garrel è un film tipicamente francese, piccolo nel suo essere realizzato in famiglia e nel suo muoversi per strade e appartamenti parigini. Francese anche nella rappresentazione di un amore aperto e non ostile, e nel senso di famiglia che trasmette. Libera, ma anche stretta da convenzioni apparenti e senso di rispetto.
Louis, assieme alle sorelle Lena e Esther, sembrano fare i conti con l'eredità e una futura assenza di un padre, che li mette di fronte alla sua scomparsa, dirigendoli. Ed è quasi più interessante il dietro le quinte, del film in sé.
Forse è fin troppo francese per essere apprezzabile e fin troppo Garreliano per lasciare il segno, ma come una storia di una famiglia infelice a modo suo, lo si guarda, lo si apprezza.

Voto: ☕☕½/5

La Crociata

Tale padre, tale figlio.
Tocca a Louis questa volta prendere la sua famiglia, o meglio, la sua compagna Laetitia Casta, e renderla protagonista di una storia piccola ma che punta in grande.
Certo, lo aveva già fatto con L'Uomo Fedele, ma il vizio non lo perde.
Vivono nell'agio Abel e Marianne, vivono di vestiti firmati, vino prezioso, e nemmeno si accorgono che i loro beni iniziano a sparire e essere venduti dal figlio.
Nessuna storia precoce di droga o malaffare, ma un progetto ambizioso e ambientalista per portare l'acqua nel deserto africano.
Scoprono così un piano ingegnoso e forse fin troppo fantasioso con cui un collettivo di ragazzini istruiti da chi è appena un po' più grande di loro cerca di finanziarsi per cambiare il mondo, di mezzo, certo, c'è anche l'amore e la voglia di fare colpo sull'amica che a questi temi è più sensibile.


Dopo un confronto, dopo le urla e lo sbigottimento, Abel e Marianne iniziano a cambiare, a discutere e pensare e confrontarsi, a prendere posizioni diverse osservando una Parigi troppo calda, troppo irrespirabile, troppo inquinata.
Ha ragione la nuova generazione?
Come farci i conti?
Garrel sceglie una favola leggera e disincantata che poggia sulla bellezza di Louis e Laetitia, certo, e del loro appartamento parigino, ma che nella sua breve semplicità riesce pure a portare avanti un messaggio importante.
Tra un'ipocrisia e l'altra, certo.

Voto: ☕☕½/5

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