24 giugno 2015

La Storia della Principessa Splendente

E' già Ieri -2013-

C'erano una volta carta e matita, c'erano colori a pastello, colori a cera, colori a pennarello e quelli più delicati, più sognanti perché più tenui e più delicati: gli acquarelli.
Poi sono arrivati di prepotenza i computer, con tecniche di colorazione digitale, con il passaggio definitivo e quasi in toto dell'animazione alla computer grafica, al 3D, a disegni che sembrano sempre più simili alla realtà.
In questo universo che sembra conformare e omologare le produzioni, c'è chi si discosta, chi sembra voler tornare alle origini per far respirare davvero un'aria più pulita e più innocente, un'aria fatta di favole e leggende, in cui il passato si mescola al presente, in cui la realizzazione moderna sposa uno stile così retrò, così semplicemente artistico.


Questo qualcuno è Isao Takahata, il compagno di mille avventure di Hayo Miyazaki, con lui fondatore dello Studio Ghibli, con lui realizzatore di capolavori indimenticabili.
La sua penna, pardon, pennello, si era però fermato nel 1999, con Hōhokekyo tonari no Yamada-kun. Da allora più niente era uscito di suo pugno, o da lui diretto.
Un silenzio meno sensazionale rispetto a quello in cui si è ora chiuso il Maestro, ma un silenzio che aveva bisogno di essere spezzato.
E l'occasione si è fatta attendere, ma è arrivata, sotto forma di una canzone, di una ninna nanna che fa da leitmotiv a un film dal sapore classico e fiabesco, in cui le tradizioni giapponesi incontrano il mondo del fantastico.
Siamo nel 2005, Isao si mette all'opera: la sua Principessa Splendente dovrebbe uscire secondo i piani aziendali in contemporanea con quel Si alza il vento che fa da testamento per Hayo, un'occasione per far scontrare i due dopo 26 anni dalla coppia Il mio vicino Totoro/Una tomba per le lucciole, per spingerli a fare del loro meglio e che, quasi paradossalmente li vede schierati su campi opposti: Miyazaki che è passato dalla fantasia al realismo della guerra, e la serietà e le difficoltà della guerra che passano a un mondo ricco di natura, di gioie e di speranze.
Queste gioie e queste speranze sono comunque intrise di una malinconia a noi occidentali poco conosciuta, soprattutto davanti a un film di animazione.


Ma procediamo con ordine, procediamo presentando questa Principessa Splendente, questa bambina felice e spensierata che una coppia di contadini e intagliatori di bambù ha trovato per l'appunto all'interno di un bambù. Una bambina che si rivela subito essere speciale, capace di crescere in pochissimo tempo, di diventare da neonata a ragazza in pochi mesi, andando così ad essere coetanea degli altri bambini del villaggio, per giocare e avventurarsi con loro in un bosco che porta sempre nuove scoperte e emozioni.
Ma la sua specialità non sfugge a quei genitori adottivi, a quel padre che vede nel suo arrivo il segno degli dei, e altrettanto vede nella quantità di oro e tessuti pregiati che lo stesso bambù che ha fatto da protezione alla sua Principessa ora gli dona.
Non c'è da discutere, tutte queste ricchezze vanno investite nel futuro di Principessa per fare di lei una principessa a tutti gli effetti, costruendole un degno palazzo reale in città, chiamando un'istitutrice che la educhi e le insegni tutte quelle tradizioni che dovrebbero renderla perfetta e appetibile a nobili corteggiatori.
Peccato che, anche se quei corteggiatori arrivano, quella Principessa da splendente e spensierata diventa triste, malinconica, chiusa com'è in un palazzo, lontana dai suoi amici, dal suo cuore, dalla natura che tanta gioia le regalava. Mentre quel padre gode delle ricchezze, del lusso, delle attenzioni che di rimando includono anche lui.


Non è il denaro, non sono gli agi a fare la felicità, sembra il detto più vecchio del mondo.
Ma appare sotto un'ottica diversa qui, in cui le rigide regole delle cerimonie, delle tradizioni giapponesi impongono di non ridere, di nascondersi, di annullarsi, qui in cui si sottolinea come la vita sia una sola, le occasioni poche, e rinunciare alla felicità, abbandonare le proprie passioni, i propri sorrisi, il proprio splendore, sia così doloroso che è meglio dimenticarlo.
Takahata lascia poca speranza alla sua fiaba, il classico lieto fine non c'è, ma è intriso di una tristezza che accompagna quei sogni strani che facciamo in strane notti, è intriso di significati profondi che lasciano quindi il segno, assieme a quella protagonista così unica e bella.
A lasciare il segno è però soprattutto la tecnica che Takahata usa, quelle immagini, quelle scene non riempite, a volte abbozzate, lasciate con i loro bordi, le loro sfumature bianche, in cui i colori tenui si insinuano fluidi, andando a riempire le linee nere di divisione di tratti precisi e semplici.
La sensazione è quella di sfogliare un grande e maestoso libro passato, di quelli pesantemente rilegati, di quelli con le pagine spesse in cui questi disegni si incastonano.
E la sensazione, è tra le più belle che possano essere provate, da bambini che non vogliono crescere e che non vogliono addormentarsi dopo la loro fiaba, ma continuare ad ascoltare, a leggere, a vedere ancora.


5 commenti:

  1. Un film stupendo... il finale, poi, è memorabile: spezza un pó il cuore, in quel modo delicato, dolce e amaro, e insieme brutale, in cui solo i grandi film d'animazione giapponese riescono a fare!

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  2. Non credo di avere mai pianto tanto guardando un anime, forse solo con Lady Oscar. La principessa splendente è un capolavoro, è assurdo che sia stato così clamorosamente snobbato in favore di belinate (per quanto divertenti) come Big Hero 6 agli Oscar!!

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  3. Mi associo alle ovazioni... Magnifico!

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  4. Devo ancora vederlo, ma Takahata è un grandissimo, e sono sicuro che mi lascerà senza fiato.

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  5. Un film davvero perfetto in tutte le sue sfumature. Tutto meno che un film per bambini, comunque. Studio Ghibli regna, sempre.

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