10 dicembre 2019

Looking for Alaska

Mondo Serial

Si parlava di estati adolescenziali ieri, nel leggere, si parla di estati (ma non solo) adolescenziali oggi, nelle serie TV.
Si parla soprattutto di un libro amato da tutti, di uno scrittore ora amato dal cinema e dalla TV come John Green.
Si parla di giovani, si parla di primi amori, prime volte, di tanti scherzi, di fazioni scolastiche ma si parla anche di lutti, depressioni, cose fin troppo grandi che nei primi mesi di una scuola esclusiva e preparatoria come la Culver Creek non sono certo in programma.
Si inizia, e anche questa volta mi sento dentro un mondo fin troppo adolescenziale e fin troppo estivo per la stagione.



I ruoli sono sempre quelli: un protagonista solitario e intelligente come Miles, una bellissima, misteriosa, problematica Alaska di cui innamorarsi, una spalla comica come il Colonnello che fa da capo alla loro banda, un piccolo genio silenzioso ma preciso quando deve dire qualcosa come Takumi e poi un'altra bella, diversa, (perché troppo accessibile) come Lara.
Sono loro la fazione "povera" dell'esclusiva Culver Creek, quella che è lì con una borsa di studio e con la speranza di entrare nelle università migliori per andarsene da case difficili o semplicemente asfissianti.
Poi ci sono i figli di papà, belli e scemi.
E c'è un'aquila (il professor Starnes) che cerca di tenere ormoni e scherzi sotto controllo.
Le situazioni sono sempre quelle: scherzi che degenerano, l'onore messo sotto scacco e, ovviamente, l'amore tra Miles e Alaska che non può che scoccare: lui alla ricerca di un grande forse e che sa a memoria le ultime parole pronunciate in punto di morte da Presidenti e attori, lei che si porta dietro una biblioteca vivente con cui capire da quale labirinto uscire.


Lo avessi letto o scoperto qualche anno fa, me ne sarei innamorata.
Mi sarei rivista nella problematica Alaska, ma anche nel timido Miles, che sboccia pian piano.
Mi sarei divertita di fronte ai loro scherzi, le loro rappresaglie.
E avrei sofferto, per un finale così amaro.
Oggi -uscita da tempo dall'adolescenza- mi trovo invece solo a piangere di fronte a un lutto che anche quell'aquila fatica a comunicare, ad apprezzare i personaggi più maturi (un professore saggio, una madre coraggiosa).
Mentre quegli scherzi, ma anche quelle indagini fin troppo banali, mi hanno rovinato l'atmosfera.
Ma alla fine a Miles & co. ho voluto bene, ho voluto bene al modo in cui hanno trattato un tema difficile come la morte, al modo in cui Josh Schwartz ha trattato un bestseller.
Le lodi vanno soprattutto alla bellissima Kristine Froseth che già da sola riusciva a rendere un filo più luminosa la visione de La verità sul caso Harry Quebert, mentre sorprende ritrovare il Timothy Simons di Veep in altre vesti, in altri panni così commoventi.
Ci sono poi le canzoni giuste al momento giusto (quelle dei primi 2000), ci sono balli scolastici, confessioni alcoliche, prime volte e riti di iniziazione.
Tutto troppo adolescenziale per me, ma anche tutto così nostalgico da farsi apprezzare.

Voto: ☕½/5


2 commenti:

  1. Sei stata troppo tirata, nonostante sia davvero fuori stagione!
    Però una serie teen così ben scritta io che ne ho seguito molte non la ricordo. Neanche Euphoria, stilosissima, ma senza comprimari memorabili.

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    1. È che io le soffro parecchio le serie teen, e quando ci si fanno problemi per poco e non si vede la verità che sta sotto il naso, mi innervosisco. Però gli ho voluto bene, questo dovrebbe farmi perdonare ;)

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