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La si aspettava al varco Emerald Fennell.
Lei, la donna promettente che aveva agguantato l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale e soprattutto l'In Central Perk Award per il miglior film con Una donna promettente, aveva il fantomatico e difficilissimo secondo film da portarsi a casa.
Si è presa il suo tempo, ha studiato il soggetto, ha messo insieme il cast e cercato la location giusta, ed è tornata con Saltburn.
Lo si potrebbe definire un Il Talento di Mr. Ripley moderno, ambientato nell'Inghilterra del 2006.
La storia è quella: la fascinazione che diventa ossessione, che diventa qualcosa di molto più pericoloso, da parte di uno studente di estrazione proletaria verso un aristocratico che lo prende in simpatia, che gli offre conforto in periodo di lutto e lo invita a passare l'estate nella tenuta di famiglia, Saltburn appunto.
Qui, Oliver inizierà a tessere la sua tela, fatta di conquiste e fascinazioni, di rivali da mettere all'angolo, di genitori snob e incapaci di affrontare la realtà quando si fa sinistra da conquistare e infine, ovviamente, lui: Felix, il bello, altissimo, affascinante Felix di cui non si è innamorati ma che si ama.
Nonostante gli spazi ampi di questa tenuta, le piscine artificiali e naturali, i campi e i labirinti di Saltburn, Fennell ci tiene chiusi nei 4:3 dello schermo.
Così si sente Oliver, claustrofobico nel suo essere fuori posto, fuori fuoco, sempre a un passo dall'essere scoperto, mentre origlia, spia, tiene nascoste le sue bugie.
Barry Keoghan, con la sua bellezza particolare, con la sua intensità, diventa il centro di un film pieno di personaggi affascinanti che non si riesce ad odiare.
Il Felix di Jacob Elordi è troppo bello per odiarlo.
La Elsbeth di Rosamund Pike è troppo fragile per odiarla.
Il James di Richard E. Grant è troppo fuori dalla realtà per odiarlo.
La Venetia di Alison Oliver è troppo disturbata per odiarla.
Resta Oliver, allora, con la sua faccia da schiaffi, con i suoi piani a lungo termine, con le sue ossessioni che sfociano nel sessuale e nel feticismo difficile da giustificare a che Fennell non ci risparmia.
Emerald Fennell torna, e pur mettendoci tutta la sua bravura da regista confezionando un film dal sapore decadente e moderno, scivola proprio nella sceneggiatura che l'aveva portata all'Oscar.
Una storia non così originale, uno sviluppo quasi prevedibile, concessioni all'esagerato di cui si poteva fare a meno non mi hanno reso agevole la visione di Saltburn, che passa da una prima parte sofferente a Oxford, a un machiavellico piano in campagna che si fa ripetitivo nella situazione di feste, colazioni pranzi e altre feste, opulente e da videoclip con le canzoni pop più giuste.
C'è la regia, appunto, a fare la differenza.
Che cerca il punto di vista migliore, l'inquadratura più d'impatto a sottolineare il tema del doppio, le presenze spettrali che sembrano abitare una tenuta antica.
E, ovviamente, ci sono gli attori.
Elordi si è ormai sdoganato dai ruoli di belloccio senz'anima dimostrando ancora una volta di essere molto di più, ma nonostante la presenza di Rosamunde Pike, Richard E. Grant e pure di Carey Mulligan, è Barry Keoghan a stregare, con il suo fare dimesso, con i modi servizievoli e con lo sguardo assassino.
Dà il meglio di sé mettendo tutto se stesso, soprattutto in una scena finale di ballo e nudità che si fa indimenticabile.
Purtroppo non lo è la storia, non lo è il suo sviluppo.
Aggrappiamoci però al lato tecnico sopraffino per mitigare questa delusione di fine anno.
Voto: ☕☕☕/5
Concordo su tutto. Gli avevo fatto spazio tra i migliori film dell'annata, ma non rischia di finirci neanche lontanamente: piacevolissimo e prevedibilissimo.
RispondiEliminaMi rincuori, con le aspettative di mesi è tutto un grande mah. Ci siamo rifatti gli occhi, ma alla fine resta poco.
EliminaMi sembra di capire che comunque è un ottimo film, che di questi tempi non si butta via! :--)
RispondiEliminaUn film ben fatto, un po' meno ben pensato, almeno per la trama... Di questi tempi, e con molto più tempo da passare sul divano, non lo si butta certo via!
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