3 settembre 2015

Venezia 72 - Looking For Grace


Il dubbio viene, è davvero Grace quella che si cerca in questo film, o è piuttosto quello che il suo nome significa, la grazia, che i vari personaggi rincorrono?
Unica regista donna della competizione assieme a Laurie Anderson, Sue Brooks costruisce il suo film ad episodi, dedicando ad ognuno il suo tempo, piccolo o lungo che sia, facendo in modo che ogni protagonista abbia la possibilità di raccontare la sua storia, di farsi conoscere.

Grace, la ragazza che tutti cercano, apre la scena, in fuga (ma lo si capirà poi) con un'amica verso un concerto hard rock, su di autobus che carica anche un giovane ed affascinante ragazzo. L'alchimia scatta immediata, ma c'è qualcosa che Grace nasconde e per cui la sua amica la lascia, sola alle prese con una cotta che finisce per scottarla.
Ci si sposta poi a vedere i genitori, separatamente, a gestire ansie e indagini in un matrimonio dall'aspetto non felice, a vedere un detective privato chiamato ad aiutarli, un vecchietto dai modi genuini e irresistibili, ci si muove ancora su di un camion con il suo conducente, lasciando ogni volta il racconto sospeso, che trova il suo prosieguo, la sua spiegazione solo come un puzzle trova la sua visione nell'insieme finale.
Looking for Grace ha una struttura difficile da inquadrare, quindi, che passa con noncuranza dalla leggerezza al dramma, che nel dramma sembra iniziare e che nel dramma purtroppo finisce.
Il sapore che lascia è di quelli amari, nella sua leggerezza, di un racconto dove l'aspetto tecnico ha il suo peso fatto da una fotografia pulita e in stile indie.
Scricchiola, quindi, questo quadro, che ha i suoi momenti più alti in siparietti comici che strappano risate sincere, in attori capaci su cui spicca la giovanissima Odessa Young. Ma sono scricchiolii che si fanno apprezzare.

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