Che Clooney voglia scollarsi di dosso l’immagine piaciona e
leggera si era capito fin dal suo esordio alla regia con Confessione di una
mente pericolosa. Da lì in poi ci ha abituato ad affrontare temi pesanti e
delicati come il maccartismo di Good Night and Good Luck, e ora ne Le idi di
Marzo l’argomento si fa più spinoso e ancora più attuale trattando la campagna
per le primarie presidenziali d’America.
Il film si compone come una vera e propria guerra senza
esclusione di colpi, dove al posto di scene di cruente battaglie stanno comizi,
strategie, sotterfugi e accordi. I due avversari, il democratico Mike Morris
contro il repubblicano Pullman, non sono però protagonisti di questa battaglia.
I veri e propri interpreti sono i componenti dello staff, strateghi intelligenti
e senza scrupoli che rubano la scena a Clooney (che si ritaglia il ruolo
centrale di Morris ma marginale nella scena) e alle sue edificanti parole sul
futuro della nazione. Il cast stellare svetta, quindi: primo fra tutti l’astro
nascente di Hollywood Ryan Gosling. L’attore interpreta Steven, addetto stampa che
a differenza dei veterani Paul (Philip Seymour Hoffman) e Tom (Paul Giamatti), sembra
avere una marcia in più: giovane, idealista ancora puro pagherà cara la sua
fiducia e la sua moralità. Perché “Puoi scatenare una guerra e
restare ancora in sella, ma non puoi mai scoparti una stagista”. Ed è
questo infatti che succede all’integro Morris nonché a Steven, e tutto crolla.
L’affondo farà male e porterà svolte e colpi di scena, l’incorruttibilità si
farà corrotta.
Le idi di Marzo è un film classico, nella sua trama come
nella sua messa in scena, con una fotografia che esalta i volti e le emozioni
degli attori, con un montaggio lineare e
sempre volto alla semplicità. Il problema è che questo classicismo rasenta
quasi la noia. Il film è pesante, bisogna ammetterlo, sia per come affronta il tema della politica che per
il tema stesso, i dialoghi serrati sono densi, troppo forse, e si rischia
davvero di perdersi nel turbinio di nomi e accordi che si svolgono sotto i
nostri occhi. La storia prende infatti vita e desta interesse solo con l’ingresso
della stagista Molly (la sempre brava Evan Rachel Wood) e del suo flirt con
Steven, vera boccata d’aria d’ironia.
Ma, parlando chiaramente, questa non è una stroncatura. E’
più un avvertimento perché Clooney non ha fatto certamente questo film per puro
intrattenimento, la sua è una profonda analisi del mondo della politica, fatto
di compromessi e strategie al limite della legalità e soprattutto della
moralità. Basta poco per cadere, per compiere quel piccolo e fatale errore che
farà crollare tutto, noi in primis.
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