20 febbraio 2015

Selma - La Strada per la Libertà

Andiamo al Cinema

Ad ogni edizione degli Oscar ci sono ingredienti immancabili: il film outsider che ha conquistato pubblico e critica, la rinascita di un attore, la grande prova di un altro che si è imbruttito/reso aderente alla malattia che deve interpretare, e un film o un attore che vada a rappresentare la comunità afroamericana.
Come se l'America si sentisse sempre in colpa, sempre con la coscienza sporca.
Pensateci bene, e senza nessuna punta di polemica o discorsi razziali: lo scorso anno 12 anni schiavo, quello prima Django Unchained e Lincoln quello prima ancora The Help.
Quest'anno abbiamo Selma.
Candidato a ben 4 Golden Globe, è riuscito a trionfare solo in quello riguardante la miglior canzone (Glory, interpretata da John Legend e Common), per poi veder ridotte le sue nominations alla statuetta più importante a due sole: sempre per la canzone, e quella importantissima per miglior film.
Strano, in ogni caso, che un film in lizza nella categoria più importante sia stato snobbato in tutto il resto, per gli attori o per la regia, per il montaggio o per la fotografia, nemmeno nei cosiddetti premi tecnici è presente.
La sensazione, a scatola chiusa, era per l'appunto quella di un contentino, di dover forzatamente rappresentare anche quest'anno una comunità.


Ma non è così, placate i vostri animi. Non è così.
Selma ha tutto il diritto di concorrere assieme a film dal progetto più entusiasmante (Boyhood) o dalla realizzazione più fresca (Birdman), perchè Selma nella sua classicità fa quello che il cinema mainstream è chiamato a fare: intrattiene, insegna, ricorda e soprattutto non fa dimenticare.
Sono la prima ad ammettere infatti che dei fatti di Selma (siamo nella primavera del 1965, in Alabama) non conoscevo proprio nulla, che la figura di Martin Luther King venerata e idealizzata, era sempre stata toccata di corsa a scuola come fuori, ritenuto lontano seppur ancora attuale con le sue parole, in un'epoca -in cui in realtà i nostri genitori già vivevano e crescevano- diventata un lontanissimo ricordo spesso carico di cliché.
Selma ha la forza di portarci in mezzo a quegli anni di tumulto, dove i diritti fondamentali mancavano a quasi la metà della popolazione americana, compreso quello di voto, concesso sulla carta, ma in realtà ostacolato soprattutto negli stati del sud da burocrati razzisti e retrogradi.
A guidare il movimento che chiede cambiamento, chiede uguaglianza, è un Martin Luther King che ci viene presentato con tutte le sue debolezze e i suoi dubbi, con la stanchezza, anche, che avanza.
Battaglia dopo battaglia, ci sono morti e feriti con cui fare i conti, c'è una famiglia, pure, la cui incolumità è sempre messa a rischio.
Selma è così una delle tante tappe del suo percorso e della sua guerra all'ineguaglianza, dove non mancarono, anzi, i morti e i feriti, ma dove per la prima volta qualcosa si smosse, nelle coscienze della gente, e in quella del Presidente degli Stati Uniti stesso (Lyndon B. Johnson).


La ricostruzione impeccabile di un'epoca (dalla fotografia agli abiti, a quanti rappresentati) si unisce a uno stile classico e forse un po' didascalico del racconto.
A fare da legante sono le trascrizioni registrate dall'FBI sui movimenti, le comunicazioni e i piani del signor King, spiato da J.Edgar Hoover.
Con questa modalità di narrazione, la storia si svolge davanti ai nostri occhi, non risparmiandoci colpi, sangue e manganellate di sorta, mostrandoci non solo l'ignoranza (perchè anche di questo si tratta) della polizia, ma anche di chi la polizia la sostiene e la incita in interventi inumani.
Momenti di buonismo e pietismo gratuito ci sono comunque, inevitabilmente, così come i grandi discorsi con cui sono infarciti anche i dialoghi più informali che nell'ultimo atto del film appesantiscono di non poco la visione.
Ma poco importa, tirando le somme, perchè una storia simile, dei fatti simili, non possono essere dimenticati, così come quelle parole, urlate dal palco da Martin Luther King, devono rimanere scolpite nella coscienza di chi, oggi, il diverso non lo accetta.
Nella sua classicità, quindi, nella sua solidità di prodotto hollywoodiano, Selma colpisce e affonda, merito anche di interpreti altrettanto solidi, di canzoni emozionanti e di una linearità nel racconto che i mille biopic usciti finora dovrebbero invidiare.


16 commenti:

  1. Perfetto. Tra te e Marco che ne parlate piuttosto bene, lo vedrò senza lamentarmi troppo :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Difficile lamentarsi, certo l'impianto è più che classico, ma non cade in retoriche né buonismi ed è un tutto dire visto quanto visto finora.

      Elimina
  2. Un film troppo classico per i miei gusti.
    Un tema come questo era l'occasione perfetta per mostrare un po' più di coraggio...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Probabilmente lo vedremo immancabilmente il prossimo anno, per questo, io mi accontento anche perchè almeno è un ritratto sincero.

      Elimina
  3. Film solido e di stampo classico, che ha convinto pure me.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dall'aspettarsi il peggio, alla promozione. Partivo prevenuta ma sono stata felice di essere smentita.

      Elimina
  4. Mi è piaciuto proprio per la sua classicità, che però non scade mai nel retorico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esattamente, un sapore vecchio o vissuto che mantiene la sua forza, e scivolare in questo caso era molto facile.

      Elimina
  5. Sul fatto che sia classico non c'è dubbio. E' così classico che è uguale ad altri cento film del genere e si fa fatica a distinguerlo, figuriamoci a ricordarlo. Il "classico" film che non spicca, che tra un mese ci siamo dimenticati, e la cui utilità è allargare la pagina di wikipedia sui film che trattano di razzismo. Nomination non meritata secondo me.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per quel che mi riguarda mi ha aperto gli occhi su pagine di storia che non conoscevo, quindi non credo di dimenticarlo facilmente.
      Di film così, ogni tanto, ce n'è bisogno.

      Elimina
  6. Un film davvero bellissimo, senza troppi fronzoli, con delle immagini assai potenti. La vergogna è che la regista non sia stata nominata nella cinquina, avrebbe meritato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quello sì, non so se prendere la nomination a miglior film come miglior regia, attore, fotografia tutto assieme o quel contentino di cui parlavamo... Visto comunque che pure Gone Girl è stato escluso alla grande, non mi stupisco poi tanto.

      Elimina
  7. detto sinceramente questo è un bel film solo perché è bella la storia di Martin Luther King, tolta la carrettata di emozioni che questo comporta secondo me non rimane molto, c'è qualche cosa qua e là (la scena delle bambine all'inizio, la telefonata alla cantante), vengono trattati tanti aspetti e messi in mezzo molti personaggi ma niente viene sviluppato a fondo... secondo me manca un qualcosa attorno al quale far girare il film
    finito di vederlo mi sono sentito un po' come alla fine di un film qualsiasi sull'olocausto
    in confronto in un film come 12 anni schiavo secondo me c'è molto di più, oltre a tutto il discorso sul razzismo alla fine ti lascia anche l'impressione di aver visto un filmone

    RispondiElimina
    Risposte
    1. 12 anni schiavo aveva dalla sua una regia più d'autore, anche se pure quello non mi aveva convinto del tutto proprio perchè da un regista simile mi aspettavo ancora di più.
      Qui si racconta didascalicamente un fatto, e lo si fa in modo degno e classico, alla faccia di tutti quei biopic finora usciti che si son persi in ruffianate, buonismi e retorica.

      Elimina
  8. Mi è molto piaciuto, ma mi associo al pensieri di Marco Goi..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo sappiamo che ogni anno o più, un film simile ci verrà riproposto. Questa volta almeno abbiamo trovato un buon prodotto, solido e istruttivo, non me ne lamento quindi :)

      Elimina