28 febbraio 2024

La Società della Neve

Andiamo al Cinema su Netflix

È probabilmente il secondo trauma collettivo dopo IT.
Alive, film del 1993 che raccontava di come i superstiti del volo dell'Uruguayan Air Force Flight 571, schiantatosi sulla Cordigliera delle Ande, fossero riusciti a sopravvivere a 72 giorni di isolamento senza acqua né cibo non poteva che turbare chi non aveva l'età per processare al meglio il cannibalismo.
Nemmeno la presenza di Ethan Hawke poteva servire, essendo lontani dagli anni delle cotte.
Ma genitori che quella tragedia l'avevano seguita ai telegiornali nella loro gioventù, erano affascinati dallo scoprire cosa davvero era successo.
O meglio, come gli americani avevano deciso di romanzare la storia.
Sono passati 30 anni da quel film e più di 50 da una storia vera che continua a sembrare incredibile, e a raccontare un altro episodio impossibile dopo, beh, The Impossible, ci pensa J.A. Bayona.
Un regista abbonato alle catastrofi e ai drammi e che si applica con ogni mezzo per farceli sentire.


L'impegno, qui, merita un paragrafo a sé.
Tre set in base alle riprese necessarie, in studio, con neve artificiale, con neve vera.
Cinque modelli di fusoliera in base a come le macchine da presa devono muoversi.
Un cast di giovani e sconosciuti attori chiamati a prepararsi fisicamente per diventare quei giocatori di rugby prima, seguendo diete e passando ore al trucco (unico elemento edulcorato rispetto al reale per rendere la visione meno traumatica) per trasformarsi poi in quei superstiti che sì, hanno resistito 72 giorni al freddo, al gelo, alla fame e all'isolamento.
Facendo un patto per sopravvivere, creando una società con leader definiti ma non autoritari, mostrandosi al di sopra della natura egoistica dell'uomo, quella che esperimenti di laboratorio hanno confermato.
Bayona dirige tutto questo, sovrintende e usa meno effetti speciali possibili per immergerci nell'unicità di una storia che gli stessi protagonisti possono ancora raccontare.
Ma la storia, sa essere più grande del film?
Per fortuna no, perché la cura dei dettagli si vede.
E si sente.
Anche il sonoro è stato analizzato, andando in spedizione sulle Ande per capire il silenzio, il riverbero, il pericolo che si percepiva lassù, nel mezzo del nulla.


Il cannibalismo che tanto aveva turbato l'opinione pubblica ma anche la me bambina di fronte ad Alive, diventa parte di questa società chiamata a un vilipendio che solo da esterni sembra impensabile.
Ed è proprio questo uno degli obiettivi di Bayona: raccontare la storia di chi si è salvato, certo, ma anche di chi ha permesso che questi si salvassero, mostrando i pochi attimi di pace, le decisioni sofferte ma condivise, i sacrifici quasi religiosi.
Raccontati da una voce fuori campo che uscirà anche di scena, aiutandoci a orientarci in questo cast di volti poco noti e di nomi che nelle ormai canoniche due ore e passa di Netflix impariamo a riconoscere.
Il dolore, la fame, il freddo ma anche l'unità che si respira in chi non lascia indietro i feriti o i deboli, non rende il film una spettacolarizzazione dei fatti. Né un macabro resoconto.
Si arriva alla fine con la sensazione di quanto miracoloso e impossibile sia stato il salvataggio di 16 passeggeri su 45. In quel paradiso di neve che diventa un inferno.


Ancora una volta, come succede con i grandi film, il film si mette da parte e si cercano informazioni, articoli e riferimenti, si ringrazia Netflix per il documentario sul dietro le quinte e Bayona per aver fatto superare un trauma con una sceneggiatura che ha bene in mente il suo obiettivo, chi e cosa si deve celebrare.
Fermandosi lì, a un passo dal ritorno alla normalità che non sarà più la stessa, che è interessante tanto quanto quello che si è raccontato e che magari un giorno si racconterà.
Voto: ☕☕½/5

9 commenti:

  1. "IT", "Twin Peaks" e "Alive", ma la serie di Lynch a scuola da me fu presa come un grande evento, gli altri due invece hanno permesso a fior fiori di psicologi infantili di pagarsi la casa al mare. Ci voleva Bayona per farmi tornare a bordo di quell'aereo ;-) Cheers!

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    1. Di Twin Peaks mi bastava la sigla per correre a letto con gli incubi, anche se Bob non si dimentica. Mia mamma ha proseguito con X-Files poi e ho ancora un paio di episodi da dover vedere per dirmi guarita.

      O magari ci pensa Bayona a farne dei film? Vista l'ambientazione circense di uno, forse è meglio del Toro...

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  2. Lo sto guardando a pezzi, faccio fatica a finirlo, sono sincera. Come diamine facessi a guardare tranquilla e innocente Alive è un mistero.

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    1. Eravamo troppo piccoli e innocenti, visto a qualche giorno da un aereo da prendere ha monopolizzato di nuovo i miei incubi. Per fortuna, Bayona ce lo racconta in modo così umano.

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  3. Alive era un vero trauma, infatti non credo riuscirò a guardare questo, non ho proprio voglia

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    1. Io non credo riuscirei a rivedere Alive, anche solo per l'effetto americanata dopo questa ricostruzione più sentita e più curata. Facile non è, ma ne esce davvero un bel film. Ci vuole solo la serata giusta, forse.

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  4. Da buon cannibale dovrei tifare per questo, ma, per quanto valido, tra i candidati all'Oscar di Miglior film internazionale è quello che mi ha convinto di meno...

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    1. Non è nemmeno fra i miei favoriti, però si difende bene, molto bene. Mi aspettavo una Danimarca al suo posto in realtà.

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  5. Gran film, peccato non abbia vinto nessun premio, neanche quello per il trucco.

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