24 novembre 2013

La Moglie del Poliziotto

Andiamo al Cinema

L'uscita domani del film vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia non è casuale. Non tanto per onorare me, nel giorno del mio compleanno, con la messa in circolo del personale Leone di Caffè, La moglie del Poliziotto esce il 25 novembre per la Giornata nazionale contro la violenza sulle donne.
Il film, di cui ho già brevemente parlato qui, ha come tema portante proprio la violenza, fisica e psicologica, di un marito alla moglie e, quindi, anche alla figlia.


Nei 175 minuti divisi in 59 capitoli del film, assistiamo così inermi agli scoppi d'ira, ai lividi che si vanno diffondendo, a spiegazioni che lasciano spiazzati e a teneri momenti di famiglia perfetta, tra romantici scambi d'amore e giochi di innamorati. Già, perchè a prima vista il bel poliziotto e la sua giovane moglie sono da invidiare, ma scavando più a fondo, e Philip Gröning lo fa in modo annichilente, quel che ne esce è un quadro fin troppo sentito in questi ultimi anni, di un uomo-padrone e una moglie che subisce, che non può e non riesce a fuggire all'amore che la rende schiava e martire.
Come detto, la visione non è delle più facili, non solo per il tema affrontato che si infila silenziosamente sottopelle e sottopancia, quanto per il come. Al Lido in molti, forse più della metà, sono fuggiti dalla sala dopo pochi capitoli, fatti a volte di pochi secondi di camera fissa e di ambienti vuoti e naturali. Chi ha resistito -stoicamente, bisogna ammetterlo- è pian piano entrato in questo mondo claustrofobico, trattenendo come la moglie il fiato non sapendo cosa aspettarsi, le reazioni, violente o "normali" del marito, e riuscendo a ricomporre poco a poco i pezzi del puzzle presentati senza connessione temporale. Una volta completato, questo puzzle lascia sfiniti ed emotivamente provati, incapaci di digerire fino in fondo la dura realtà che ci viene mostrata con così tanta poesia. A distanza di mesi, queste emozioni non hanno smesso di pulsare, lasciando dietro di sé le remore del caso, facendo ricordare immagini di pura bellezza e scene -come quelle del canto in solitaria e poi di gruppo della famiglia- che sviano con la loro semplicità.


Altre parole vanno spese per gli attori, a partire da quel marito poliziotto che incarna tutta la violenza e la metodicità che un viso giovane e fresco come quello di David Zimmerschied, biondo e "ariano" possono incorniciare, ma anche il senso di colpa, di ridimensionamento dopo ogni abuso. Passando per la figlia (interpretata dalle gemelle Pia e Chiara Kleemann) bambina ideale, dolce e costretta in questa prigione apparente, si arriva alla splendida moglie (Alexandra Finder), donna forte ma succube, che si mostra e si dona dividendosi tra il ruolo di madre perfetta e commovente nella sua bontà, e moglie abituata a stare sull'attenti. Il suo ruolo, il più difficile, è quello che molte donne si trovano tutt'ora a dover interpretare, e che, forse anche grazie a film come questo, un giorno si spera sarà solo finzione.


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