Dopo il boom (in tutti i sensi) della seconda stagione, inutile dire quanto ci si aspettava e quanti dubbi necessitavano di una risposta nella nuova stagione.
Quello che inizialmente ci troviamo davanti, è però un quadro molto diverso da quanto previsto, con Saul e Carrie (e tutta la CIA) sotto accusa per l'attentato subito.
Già, se la CIA stessa non ha saputo difendersi, come darle la fiducia di proteggere il Paese?
Si parte così parecchio in sordina, quasi con il freno a mano non solo tirato, ma il motore apparentemente fermo, con indagini, processi e internamenti che vedono Saul tradire la fiducia della sua discepola, e questa sempre più mina vagante, incapace di accettare le colpe date a Brody. Brody, sì, che compare finalmente solo dopo qualche episodio, in uno stato che lo rende più di là che di qua della linea di demarcazione dei vivi, ma che, come uno scarafaggio (mai metafora fu più azzeccata) esce sempre indenne da ogni situazione, lasciando dietro di sé una scia di morti.
Ma, come già l'episodio conclusivo dello scorso anno c'ha insegnato, nulla è come sembra in Homeland, e così, sempre in sordina, il vero piano, machiavellico come pochi, ci viene svelato in uno splendido finale di episodio, lasciandoci a bocca aperta e delineando in Saul il vero burattinaio del grande teatro politico mondiale.
Ecco quindi che la parte centrale della stagione si fa ricca di azione, di spionaggio e di doppi giochi che richiamano in campo tutte le forze necessarie, Brody compreso, per salvare in zona cesarini (il cambio di guardia, con Saul che deve cedere il passo al detestabile Lockhart, è alle porte ai vertici della CIA) la credibilità e l'efficacia dell'agenzia. Non si sommano quindi i momenti di ansia e di tensione, con colpi di scena ovviamente al seguito che innalzano e fanno dimenticare quell'inizio fin troppo calibrato. Peccato, però, e lo dico con estremo dispiacere, che tutto questo incedere si blocchi sul finale, sugli ultimi episodi che ancora una volta rallentano il passo, portando ad una soluzione estrema e -nonostante tutto- imprevedibile che sarà difficile da accettare, e quel flashfoward aiuta ancora meno.
Questa volta, quindi, Homeland perde lo scettro di grande serie mettendo insieme una terza stagione discontinua, che prende e abbandona i suoi personaggi, come Dana che finalmente cresce e sputa in faccia la verità in modo dolorosamente vero, o come Fara, tecnico essenziale alla buona riuscita della prima parte dell'operazione poi lasciata in disparte, o lo stesso Quinn, il cui ruolo di comprimario non è mai troppo efficace.
In vista di una già confermata quarta stagione, viene quindi da chiedersi cosa potrà mai accadere per risollevare il tutto, visto soprattutto il gran finale che sa da finale di serie, e visto i già annunciati (ma non spoilero) due attori che non hanno confermato la loro presenza per il prossimo anno.
E' troppo presto per fare di Homeland, dopo Dexter e The Big C, l'ennesimo caso di brodo allungato della Showtime? Visto che ai colpi di scena i produttori ci hanno ben abituato, spero proprio di no, anche perchè sarebbe un duro colpo perdere personaggi così fin troppo psicologicamente delineati , ma se si continua a calcare la mano (come con la Carrie minavagante) il rischio è di stancare e ripetersi, e deludere aspettative che giustamente, visti gli esordi, sono ben alte!
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