28 febbraio 2014

12 Anni Schiavo

Andiamo al Cinema

Steve McQueen non è certo nuovo ad argomenti spinosi.
Con il suo esordio nel lungometraggio cinematografico (Hunger) aveva dato vita alle parole e agli atti di protesta degli indipendentisti irlandesi, focalizzandosi sul martire Bobby Sands. Con ancora Fassbender e il suo corpo protagonista (Shame) ha poi parlato in modo poetico e artistico della dipendenza dal sesso, facendone uscire un film discusso ma per nulla discutibile.
Alla sua terza prova, si lascia avvincere da una sceneggiatura più narrativa raccontando la lunga epopea di Solomon Northup, uomo di colore libero che passò 12 anni in schiavitù sotto diversi padroni per essersi affidato alle persone sbagliate, e non avere nessuno a cui apporre la sua fiducia.


Il tema della schiavitù, come quello degli uomini di colore, è ormai sempre più presente nella filmografia americana, che cerca così di demonizzare il suo passato facendo ammenda.
E così fa anche McQueen che mettendo in scena tutte le crudeltà, tutte le barbarie e la mancanza di diritti che milioni di persone hanno dovuto subire per anni, dà voce a storie silenziose, a persone trattate come bestie. Nel farlo dilata i tempi, non solo della narrazione (che si fa fiume, con 134 minuti di racconto) ma anche di queste torture, soffermandosi sulla pelle martoriata, sulle piaghe, sulle punizioni facendo patire allo stesso pubblico quel dolore. Ma il tutto è permeato anche dal naturale occhio artistico del regista, che riesce con pochi movimenti di macchina, con inquadrature incisive (vedasi gli schiavi stipati come in una scatoletta di sardine) a dare respiro e poesia a una storia dove la tragedia si sente ad ogni passo.
La vita di Solomon è infatti costellata dai vari padroni che lo possiedono, dalle loro mogli, dagli altri schiavi con cui fa amicizia, ma a nessuno di loro è facile dare fiducia, una fiducia che potrebbe costargli o salvargli la vita e che arriverà solo dopo 12, lunghissimi, anni.


A dare corpo e voce a Solomon c'è un intenso Chiwetel Ejiofor a cui fanno fianco attori in stato di grazia come la candidata agli Oscar Lupita Nyong'o, che si immergono nella pazzia dei loro personaggi (Fassbender e Paul Dano su tutti) o nel loro alone salvifico (un imbruttito Brad Pitt e un debole Benedict Cumberbatch).
Da aggiungere poi a queste interpretazioni da brividi, c'è anche una colonna sonora che spazia dai canti folk a composizioni di Hans Zimmer che fanno da contrappunto alle scene più emozionanti.
Con tutti questi lati positivi al suo scudo, perchè allora le parole per 12 anni schiavo non sono più entusiastiche?
Difficile dirlo, forse la pesantezza generale che nemmeno la poesia della natura riesce del tutto a sollevare, forse la sensazione di impotenza di fronte ai soprusi e all'ingiustizia che Solomon subisce per tutti quegli anni, rende noi spettatori dei testimoni che non possono intervenire, che possono solo cercare di capire e di imparare.
E quando l'emozione bussa alla porta, con Solomon finalmente libero e di ritorno alla sua famiglia, le parole ne annullano la grandezza, lasciando inermi e quasi spossati.
E questo è un lato negativo?
Forse.
Perché se Tarantino ha fatto centro parlando degli stessi temi con ironia e sangue, qui il tutto prende una piega che va' oltre il drammatico, che va' verso una realtà difficile da comprendere ma a cui manca quella compattezza che renderebbe il tutto più soggettivamente unico.


17 commenti:

  1. Per me, seppur non si possa parlare di Capolavoro, il miglior McQueen di sempre.
    Un giusto equilibrio tra autorialità e mainstream per un fim molto importante.

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    1. L'equilibrio c'è, vero, ma continuo a preferirgli un Hunger molto più artistico e sporco nella sua bellezza.

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  2. Secondo me non è necessaria un'unicità soggettiva. Anzi. Qui c'è un dramma universale, reso poetico e atroce al tempo stesso da un susseguirsi di immagini e suoni, tesi come le corde disperate di un violino. Ne ho parlato anch'io oggi. D'accordissimo sull'efficacia della componente musicale, ti porta in un limbo dal quale è difficile uscire. =)

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    1. Proprio per evitare di essere fraintesa ho messo quel soggettivo. Per quanto si sia di fronte a un gran film, ho sentito che mancava qualcosa e un po' di delusione è inevitabilmente arrivata.

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  3. Partendo dal presupposto che sia un bel film, secondo me manca un pò il timbro di McQueen presente solo nell'eccessiva crudezza e violenza. Nel senso che è un film sul tema razzismo che forse nel tempo potrebbe svanire dalla memoria dello spettatore, mischiandosi a quelli simili, spero di no :) Direi un 7 pieno

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    1. Lo spero anch'io, in ogni caso certe scene difficilmente riuscirò a dimenticarle. McQueen lascia il suo timbro ma forse con una storia simile e un trattamento così dilungato, perde qualcosa per strada.

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  4. Un film strano per McQueen, non un capolavoro ma decisamente bello

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    1. Decisamente un gran film, anche se per me non il migliore dei candidati agli Oscar.

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  5. ok, non è un capolavoro assoluto, però è comunque un film enorme e davanti a un film enorme per quanto mi riguarda è difficile restare delusi :)

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    1. Purtroppo la sensazione che McQueen potesse fare altro e magari meglio si è insinuata portando un po' -ma non tanta- di delusione.

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  6. Film che andrò a vedere volentieri. Credo che però ci vorrà un po di tempo

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  7. non mi è dispiaciuto ma qui McQueen appare molto più normalizzato rispetto ai suoi film precedenti...arriverà il successo ma forse avremo perso un autore....

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    1. Aspettiamo il prossimo film a dirlo, qui un po' di autore c'è ancora, e si vede!

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  8. L'ho trovato un film stereotipato e didascalico, quasi 'scolastico', cosa che non mi sarei mai aspettato da un regista 'scomodo' e (finora) coraggioso come McQueen. Oltretutto con un'enfatizzazione della violenza (mostrata) che finisce più per annoiare che disturbare, un po' come ne 'La passione di Cristo' di Mel Gibson. Sembra quasi che lo schiavismo americano sia stato dovuto più al sadismo dei bianchi che per mere ragioni economico/politiche (come poi è successo). Per me molto deludente.

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    1. Avevo visto le tue due stelle, e per quanto pure a me non sia arrivato del tutto, ci vedo comunque un gran film che mostra la schiavitù in tutta la sua durezza. McQueen riesce in modo disarmante ad offrirla in modo "bello", anche nel sadismo, che ritengo un modo molto efficace per far calare lo spettatore nei panni di Solomon e gli altri.
      Certo, rispetto a un Hunger siamo molto più mainstream, ma il timbro stilistico c'è.

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  9. Che dire, forse un po' più drastico, ma direi che concordo.

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