L'ultimo concorrente della settimana non ha bisogno di presentazioni.
Né il suo cantante né la band.
È Ian Curtis.
Sono i Joy Division.
Per i più, quelli della copertina più bella di sempre:
Per me, quelli di Love will tear us apart e canzoni malinconiche a cui volere bene.
Finché quest'estate non mi son detta: com'è che quell'album iconico, l'unico dello loro carriera, non l'ho mai ascoltato per intero?
Com'è che non mi sono mai messa religiosamente, traccia dopo traccia, a scoprirlo?
Ed è stato un colpo di fulmine, un capirli finalmente, un innamoramene con 40 anni di ritardo.
Un cercare tutto: di capire meglio la figura enigmatica di Ian Curtis, morto troppo presto, morto tragicamente, con quella voce così triste, così cupa.
E sono incappata in Control.
Film del 2007 di Anton Corbijn, che conoscevo solo come fotografo.
Ho aspettato il momento, la serata, la predisposizione giusta, ed è stato un altro colpo di fulmine.
Un altro capire finalmente, innamoramene ancora di più.
Control racconta la storia di Ian Curtis, più che dei Joy Division.
Racconta velocemente un'adolescenza fatta di prime esperienze, troncata in fretta con il matrimonio con Debora Woodruff alla precoce età di 19 anni.
Racconta di un amore che c'era e c'è, ma anche di una crisi sempre più profonda, man mano che il successo arriva, che l'epilessia si aggrava.
Tour sfiancanti, la consapevolezza di non saper quanto resistere, un altro amore che bussa al suo cuore. E una certa profondità a renderlo diverso dal resto della band, che non viene capita.
Sembra un animale da palcoscenico, lì che balla, si muove, che cade e si rialza, ma gli attacchi più frequenti, la paternità in arrivo, la doppia vita e pure un sistema sanitario che non lo aiuta, iniziano a scavare.
La discesa verso il buio è inevitabile, i segnali non vengono colti.
Fino a quella notte, fino a quella fine.
Corbijn ricostruisce tutto alla perfezione.
Dettagli, momenti, concerti ed esibizioni, parlando con una vedova e una figlia che il padre non l'ha mai conosciuto, parlando con colleghi e parenti, da amico pure lui, da devoto qual era e qual è.
L'occhio del fotografo si sente ad ogni scena, e la scelta del bianco e nero non è solo un vezzo, ma fa entrare in quella fine anni '70, in quella storia che sembra senza colori.
Regalando brividi come questi:
Sembrano parlare più le immagini della musica, invece quella dei Joy Division, ma anche di David Bowie, di Iggy Pop e Sex Pistols, entra in scena riempiendola.
Sam Riley fa il resto.
Bello come è difficile sostenere, tormentato e rispettoso.
Una prova la sua da definire impressionante.
Chissà perché poi si è perso per strada con titoli tutt'altro che memorabili.
Control vuole essere una celebrazione e un'indagine, non uno sfruttamento, con il suo procedere lentamente verso un finale analizzato e conosciuto di cui poco a poco si leggono gli indizi.
Fino a ritrovare quegli spazi vuoti, vuoti da far male, fino a leggere una scritta, un'età, che rendono tutto più difficile.
Il giusto tributo otre quello di andare a vedere questo film, è quello di ascoltarli ancora e ancora, i Joy Division di Ian Curtis.
Di riscoprirli o scoprirli.
È quello che si deve ad un poeta e cantante, quello che si deve a canzoni così importanti.
E allora, eccoli i Joy Division
Con She's Lost Control
Dirige Anton Corbijn
Canta Ian Curtis
Voto della giuria demoscopica composta da me: 10/10
Molto bello e il bianco e nero è perfetto per rendere cosa aveva in testa Ian
RispondiEliminaVedere i video a colori dei Joy Division adesso è strano, riesco a immaginarli solo così.
EliminaBellissimi.
Colonna sonora è fantastica: oltre ai pezzi dei Joy Division e New Order, abbiamo Bowie (Drive in Saturday, The Jean Genie, Werszawa), Velvet Underground (What’s goes on), Kraftwerk (Autobahn), Iggy Pop (Sister Midnight).
RispondiEliminaLe chicche della colonna sonora sono un altro valore aggiunto del film, che non si limita a proporre quella dei Joy Division ma immerge perfettamente nella scena musicale dell'epoca.
EliminaIl titolo sembrava perfetto per un profilattico😊
RispondiEliminaInnamorarsi di un disco dei Joy Division d'estate è il rimedio migliore possibile alla musica reggaeton. ;)
RispondiEliminaIo mi ero avvicinato alla loro musica, che prima conoscevo pochino, proprio grazie a questo film. Doloroso e devastante come pochi.
Sam Riley in effetti boh, si è perso per strada. Chissà, magari prima o poi riuscirà a trovare un altro ruolo, se non a questi livelli, se non altro degno di nota.
L'estate non è propriamente una stagione da Joy Division, ma mi chiedo come ho fatto a starne senza fino ad adesso.
EliminaFilm che è una meraviglia, era prevista l'uscita restaurata prima che i cinema chiudessero, l'impatto sarebbe stato ancora più doloroso.