18 luglio 2025

Sinners - I Peccatori

Settimana Horror

È stato l'horror dell'anno, anche se manca ancora poco meno di metà anno per dichiararlo tale?
È stata la sorpresa più sorprendente ai botteghini americani, ma anche per chi dal genere horror chiede storie originali, che si sleghino da franchise e saghe?
Diciamo che Sinners è stato un ottimo segnale.
Un segnale che si è portato appresso non poche polemiche, visto come il cinema sa rispecchiare la società e un film diretto da un regista nero e con una storia molto nera, deve dimostrare più degli altri per farsi prendere come un successo.
Ma un successo, l'ennesimo, Ryan Coogler l'ha firmato e ancora una volta in coppia con Michael B. Jordan qui in un doppio ruolo così fenomenale da farmi dubitare su quale dei due gemelli Moore fosse davvero Jordan ("ma è questo gemello, chiaramente! No, aspetta, adesso ci assomiglia un sacco anche questo!" Vedi a vedere un film senza nessuna pre-conoscenza cosa comporta…), in una dimostrazione pratica della discriminazione visiva, ahimè.
Di razzismo si parla anche in Sinners.


Inevitabile per come è ambientato nel sud degli Stati Uniti, nello Stato del Mississippi, nel 1932 dove non è ovviamente facile farcela se si è neri, se si vuole aprire un business per soli neri. 
Ma per una volta, il problema non sono i bianchi. Non solo i bianchi, meglio metterla così, anche se quelli di bianco incappucciati faranno ovviamente in tempo a fare la loro comparsa.
Il film, come già Dal Tramonto all'Alba parte da soldi che scottano da investire, e finisce in un locale dove la notte porterà pessimi clienti.
Ma prima c'è una lunga parte di contesto, per farci conoscere Smoke e Stack Moore, tornati da Chicago dove erano al soldo della mafia e ora pronti ad aprire un locale esclusivo dove far brillare la voce e la musica del loro cugino più piccolo rimettendo insieme poco a poco la banda: una moglie che è anche cuoca, una coppia di venditori cinesi come rifornitori, un paio di amici come buttafuori e una vecchia fiamma pericolosa che ha il broncio di Hailee Steinfeld.
Un'apertura in pompa magna, una festa per gli occhi e per le orecchie per come la regia si muove fra ballerini e cantanti che cambiano genere, ritmo, e pure tempo e stregano.
Tutto troppo perfetto, con una comunità riunita, allegra, senza pensieri?


Certo che sì, ed è qui che il film cambia, con dei bianchi che chiedono di esibirsi ma soprattutto di entrare in quel locale, un invito che gli viene negato e che porta più di un sospetto.
Ci vuole poco per capire che si parla di vampiri, ma è sempre bello farsi prendere dalla sorpresa e vedere quel locale diventare un rifugio in cui cercare di sopravvivere ma anche dove cercare vendetta, fino a essere un bagno di sangue.
Il fatto che quei bianchi hanno la faccia poco rassicurante di Jack O'Connell e Lola Kirke doveva far suonare qualche campanello d'allarme.
Ammetto che è su questo terzo atto che Coogler mi ha perso. Non  tanto per le sue gesta da regista che mostrano sangue e paletti e bruciature, quanto per una certa sospensione della realtà fra sopravvissuti e uccisi, fra decisioni avventate e una coda finale che entra nell'epico ma che un filo appesantisce i 137 minuti di durata, a cui va aggiunta una scena pre-credits che quella sì, è bella al punto giusto, al punto da far pensare a un cross over con Interview with the Vampire.
Forse è semplicemente che ero già fomentata da leggende e credenze, da quell'afrosurrealismo che al cinema funziona bene, e di una battaglia all'ultimo sangue -meno psicologica del previsto- non ne avevo bisogno.


So di essere in minoranza e so che la visione casalinga ha reso meno appassionata la visione, complice una sonnolenta domenica di pioggia. Mi struggo a non aver visto il film in sala, girato com'è stato pure per IMAX con l'aiuto di un certo Christopher Nolan. Ma tra grande schermo e lingua originale, vince quest'ultima, mi scusi Coogler per primo. 
Aspettando di capire se sarà questo l'horror dell'anno, penso si possa dire con fiducia che è un horror, anzi, un film finalmente originale, che omaggia e cita i nomi giusti, che fomenta più di altri titoli blockbuster per un fondo politico, culturale, che non può che emergere in una ricostruzione storica attenta in cui non si è badato a spese.
E torniamo lì, ai registi e alle storie nere che devono lavorare il doppio rispetto alle altre, e che per fortuna sanno farsi ricordare, sanno entusiasmare, più delle altre. Dentro e fuori le etichette di genere.

Grado di paura espresso in Leone Cane Fifone:
2 Leoni su 5


4 commenti:

  1. L'ho amato alla follia, al momento per me è l'horror dell'anno!

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  2. Uno dei titoli migliori dell'anno, e poi, che colonna sonora ha? Fantastico ;-) Cheers

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  3. Un mappazzone, ma un bellissimo mappazzone. Anche se aspetto Bring her back per pronunciarmi.

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  4. Io direi IL film dell'anno, almeno per quanto riguarda i blockbuster. Non solo horror.

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