Penultima giornata, la Mostra si svuota già e i film che mancano si contano sulle dita di una mano.
Non per questo però le sorprese finiscono, anzi, arriva ancora dall'Italia un film documentario che smuove le coscienze e i cuori, a partire da come è stato finanziato. In concorso, invece, continuano le delusioni, anche da una delle pellicole più attese del festival.
Per finire, un po' di leggerezza e divertimento, che non fanno mai male.
Pasolini
Abel Ferrara, al pari di Mario Martone, ha affrontato una scommessa che già dalla partenza appariva ostica. A differenza del Leopardi del regista italiano, però, ha deciso di non raccontare tutta la vita, tutte le opere di Pier Paolo Pasolini, ma di mostrare il suo ultimo giorno, le sue ultime ore, i suoi ultimi progetti.
Non solo per il mistero ancora legato alla sua morte, tutto questo appare arduo, e, non dispiace neanche troppo dirlo, troppo pretenzioso.
Il risultato è infatti deludente, e non solo per come si decide di raccontare, ma anche per cosa.
Il libro incompiuto, il film rimasto una bozza affidata a Nino Davoli vengono fatti vivere sulla scena, ma in modo pacchiano, quasi, inconsistente, oltre che con una regia piuttosto confusa.
Le lingue cambiano in continuazione, passando dall'italiano all'inglese, dal romanaccio al francese, con il nostro Mastandrea chiamato chissà perchè a recitare in una lingua non sua e di certo non di Pasolini, ma anche Willem Defoe (la cui trasformazione impressiona anche se l'interpretazione non sembra del tutto fisica ma solo calibrata), passa da monosillabi in romanesco alla sua lingua madre senza una ragione precisa, infastidendo non poco la visione.
Ma lasciando da parte le diatribe linguistiche che hanno smosso la sala, a non funzionare è il film in sé, con quel romanzo che in una serie di dissolvenze ci si presenta, con quella sceneggiatura che prende vita quasi solo a mostrare scene di sesso esplicito per scandalizzare un po'.
Il resto è inconsistente, è un Pasolini che gira di notte per Roma, che parla e non solo con giovani ragazzi, che rilascia stanche interviste, ribadendo il suo impegno e attivismo politico. Il vero interesse scatta quasi morboso quando la sua auto si ferma in quella spiaggia, in quella riva che ne accoglie la morte brutale. I colpi e il sangue non ci vengono risparmiati, in tutta la banalità di gesti che mettono a tacere complotti e attentati, riportando la fine di un poeta come la fine un figlio.
Se Martone ha deluso perchè ci si aspettava qualcosa di diverso, qualcosa di più, Ferrara delude perchè fa gran poco, consegnando un finale già scritto, e non di suo pugno, che funziona, sì, ma non aggiunge nulla alla memoria di uno scrittore (prima di tutto), e forse la sporca solo.
Io Sto con la Sposa
2.617 persone hanno finanziato questo documentario.
Molte di loro erano presenti in Sala Grande oggi, rimpiendola così di abiti da sposa, di vestiti bianchi che illuminavano la visione.
L'entusiasmo era palpabile e una volta spente le luci e partito il film, si è capito perchè.
Io sto con la sposa è più di un documentario, è più di un film o di un viaggio. E' una scelta politica per cui i registi rischiano 5 anni di carcere, una scelta che, si vede dall'orgoglio nei loro occhi, sarebbero pronti a ripetere.
Partiti da Milano, passati per Francia, Germania e Danimarca, in auto e a piedi, portando con loro 6 immigrati illegali sfuggiti dalla guerra in Siria, obiettivo da raggiungere: Svezia, che più delle altre nazioni europee si impegna ad accogliere e proteggere i rifugiati.
Per passare le frontiere si sceglie un'espendiente semplice e scenografico: un corteo nuziale, con sposa e sposo in testa, che attraversa il vecchio continente.
Chi fermerebbe mai un viaggio di nozze?, si chiedono.
Lungo la strada si ha il tempo di pensare, di riflettere su una condizione legislativa inumana, che non tutela la libertà e la vita dei cittadini del mondo, si ha il tempo di raccontare soprattuto i viaggi della morte, il prezzo -e non si parla solo di denaro- che si è cosretti a pagare pur di partire, abbandonando spesso cari, e a volte, la vita stessa.
Grazie aGabriele del Grande, Khaled Soliman al Nassiry e Antonio Augugliaro conosciamo così 6 persone che tra rimorsi e rimpianti vanno avanti, cercando un loro posto, un loro diritto ad esserci.
Impossibile rimanere impassibili, impossibile non commuoversi fino alle lacrime davanti a quanto raccontato, anche perchè Io sto con la sposa non è un semplice documentario, come si diceva, ma nel suo registrare un viaggio, delle storie, incanta, grazie a scelte fotografiche incantevoli, in cui l'abito da sposa spicca in tutti i suoi significati, e grazie a musiche originali toccanti, che fanno scoprire la forza travolgente del giovane rapper Manar Mc.
I 2.617 produttori sono così da ringraziare ad uno a uno, e quando le luci si riaccendono, gli applausi, e anche le lacrime, vanno avanti per interminabili minuti.
Cercatelo e vedetelo.
Burying the Ex
Dopo seriosità e impegno, c'è spazio anche per un po' di leggerezza.
E se la leggerezza è firmata Joe Dante, preparativi a risate fragorose, un po' di splatter e tanta demezialità.
Il regista ha presentato fuori concorso il suo ultimo film, che inventa un nuovo genere: lo zom com.
Burying the Ex parte infatti come la più classica delle commedie romantiche, lui (il ritrovato Anton Yelchin di Like Crazy) appassionato di horror e commesso in un negozio di articoli macabri, lei petulante blogger green che stravolge la sua vita e la sua dieta in favore dell'ambiente.
Il rapporto si incrina, lui è pronto a lasciarla, ma proprio nel luogo dell'incontro viene investita, lasciandolo con sensi di colpa che si affievoliscono solo con il ritrovo di una sexy gelataia, come lui patita di b-movie.
Peccato che, la ex (o quasi ex) ritorni dalla tomba, pretendo sesso e attenzioni, asfissiando il ragazzo mentre il suo corpo pian piano marcisce e si decompone.
Come la più classica delle commedie, gli equivoci sono a non finire, così come il divertimento affidato non in toto al fratellastro strampalato e sciupafemmine Travis.
A funzionare sono soprattutto dialoghi effervescenti che delizieranno soprattutto i patiti dell'horror vecchio stile, con citazioni e riferimenti che fanno del film una pausa leggera e irresistibile, con cui staccare pensieri e mente, concedendosi del sano divertimento.
Se la musica rock aumenta il ritmo dell'azione, i maschietti troveranno di che godere anche con Ashley Green e Alexandra Daddario altamente sexy.
Da quel che ho letto anche altrove, il film su Pasolini non mi convince. Sono invece curioso di vedere Io sto con la sposa.
RispondiEliminaIo sto con la sposa è un progetto/esperimento dei più riusciti, un cinema che si fa politico e di denuncia: splendido!
EliminaPasolini arriverà senza problemi in sala, e staremo a vedere, magari doppiato acquista più credibilità
Il film di Pasolini mi intriga assai...
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