6 giugno 2016

Lost - Stagione 4

Non flashback, ma flashfoward.
Dopo l'ultimo episodio della terza stagione che ha mescolato le carte narrative della serie, questo quarto capitolo è una ricomposizione di un puzzle sotto i nostri occhi.
Chi si è salvato, almeno all'apparenza, chi da quell'isola è riuscito a fuggire?
Gli Oceanic6 ci svelano la loro identità poco a poco, tendendoci non pochi tranelli in quel futuro non così lontano in cui li vediamo rapportarsi con una realtà che li vede famosi. Ma per capire come e perchè Jack e Kate e gli altri se ne sono andati, ci sono i conti da fare con un'isola in cui ora sono sopraggiunti degli altri Altri.
Buoni o cattivi, atterrati d'emergenza o a bordo di una nave, i misteri sono fitti.
Ed è così che entrano in scena due personaggi da me amati, uno, decisamente buffo, come il pilota Frank Lapidus, l'altro, il fisico Daniel Faraday, decisamente chiave. È con lui che le cose si complicano, e se i paradossi temporali, i paradossi dell'isola sembravano confusi 8 anni fa, lo sono ancora adesso che con serie come Fringe o Doctor Who, la fisica, la scienza e le sue potenzialità vengono sfruttate.



La crisi degli sceneggiatori è alle porte, e la si sente, in episodi un po' più fiacchi, in intrecci più strani.
L'addio a personaggi memorabili come la Rousseau avviene troppo rapidamente, poco viene sfruttata la figlia Alex, per dire.
Ma, ovviamente, i colpi di scena, i colpi al cuore non mancano.
Onestamente, è la parte fuori dall'isola ad interessare davvero, a reggere davvero, con i problemi che comporta, con un morto la cui identità tiene con il fiato sospeso fino alla fine.
Lì, invece, tra la giungla e le stazioni Dharma, le cose sfuggono di mano, tra mercenari senza scrupoli, e timoni incastonati nel ghiaccio.
A livello di personaggi, se i coreani riescono finalmente -e nuovamente- a smuovermi dal disinteresse, Juliet evolve in positivo grazie al triangolo in cui si inserisce, mentre tra le new entry i punti simpatia vanno a Miles ma non alla futura Zelena Rebecca Mader.
Infine, Desmond, con la sua costante -uno dei miei episodi preferiti- resta tra i migliori, grazie anche al suo accento bloody scottish.


Come sempre, poi, vedere la serie attraverso gli occhi di un giovine che tutto ignora dà tante soddisfazioni: da quel "Ma è Aaron!" urlato proprio come il "Ma è il futuro!" della scorsa stagione, allo sguardo che si illumina una volta che si inizia a parlare di fisica e che la fisica con i suoi esprimenti entra in campo è come vedere Lost due volte.
Grazie poi alla diminuzione degli episodi proprio a causa di quello sciopero che ha in parte compromesso la sceneggiatura, la visione è stata più veloce, e la quinta stagione è già pronta per partire.
La fine, ahinoi, si sta nuovamente avvicinando.

1 commento:

  1. Per me l'unica stagione veramente fiacca di Lost, fatta eccezione per il bellissimo The constant.
    Si è fatto sentire lo sciopero, indubbiamente.

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